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Patanè: «La mafia non “disturba” chi fa parte dell’associazione antiracket»
Il procuratore all’inaugurazione dello sportello di “Libera Impresa”: «Inutili i discorsi moraleggianti sulla resistenza alla criminalità, bisogna dare un aiuto concreto».
di Vittorio Fiorenza
«L’imprenditore che rimane solo è più facilmente vittima dell’estorsione. Se inserito in un’associazione si sente protetto e sostenuto non soltanto sul piano psicologico. Le organizzazioni criminale se sanno che un commerciante è iscritto in un’associazione antiracket, di certo non lo vanno a “disturbare” perché sanno che poi saranno denunciate. È una remora per i malavitosi».
Sono le parole del procuratore Michelangelo Patanè, a margine dell’inaugurazione, a Biancavilla, dello sportello antiracket ed antiusura di “Libera Impresa”, presso Villa delle Favare.
«Essere iscritti all’associazione antiracket –ha detto Patanè– serve anche a prendere contatti con carabinieri e polizia, serve a costituirsi parte civile e tutto ciò contribuisce al controllo del territorio. Il sostegno alla vittima è fondamentale. Inutile appoggiarsi a discorsi moraleggianti sulla resistenza alla criminalità perché bisogna dare un aiuto concreto».
«Peraltro –ha ricordato il procuratore– sono previsti dei benefici, dei sussidi, delle forme di solidarietà per chi è vittima di usura ed estorsione. Elementi che possono convincere alla ribellione».
Impossibile non notare, poi, che l’apertura dello sportello non sia partita dai commercianti e dagli imprenditori locali. «Certo, però qui adesso c’è una sede, ci sarà un contatto telefonico e persone che si mettono a disposizione. Quindi –conclude Patanè– può essere un momento di aggregazione, anche se l’iniziativa non parte dai commercianti locali».
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Ecco la “sala mortuaria” dell’ospedale di Biancavilla: una grave offesa alla dignità
Le condizioni ignobili di un luogo che dovrebbe accogliere con rispetto la persona deceduta e i loro familiari
Muri scrostati e mancanza di pulizia. Uno spazio ristrettissimo. Un ripiano rivestito di marmo (non in acciaio, come dovrebbe essere). Ripiano su cui sono evidenti, come nell’annesso lavandino, residui (organici?) che mostrano una mancanza di sanificazione minima. È qui che vengono appoggiate le salme. Un condizionatore d’aria, in alto sul muro, posto al di sopra di una piccola grata di ferro arrugginito.
È questa la camera mortuaria dell’ospedale “Maria Santissima Addolorata” di Biancavilla. Ma sembra un ripostiglio, ricavato in una stanzetta di fronte al vecchio pronto soccorso del plesso di via Cristoforo Colombo. Una porta in legno, un catenaccio e una targa: “Sala mortuaria”. Biancavilla Oggi vi mostra come si presenta, nel video che qui pubblichiamo.
Il luogo – a due passi dalla direzione sanitaria – è un’offesa al decoro e alla dignità che bisognerebbe riservare ai pazienti deceduti in reparto. Salme collocate qui, in attesa della vestizione funebre, della sistemazione nella bara e della consegna ai familiari. Un’attesa durante la quale gli operatori delle pompe funebri sono costretti a muoversi in pochissimo spazio. I parenti del paziente deceduto possono soltanto stazionare fuori, all’aperto, dove si trovano alcuni vecchi sedili in plastica.
Un’indecenza, tra muffa e ruggine. Una realtà poco conosciuta della struttura ospedaliera di Biancavilla, ma che rappresenta una triste esperienza per i familiari che hanno dovuto affrontare il decesso di un proprio caro in ospedale. Riesce difficile comprendere come nella nuova struttura ospedaliera non sia stata prevista o non ancora realizzata una sala mortuaria degna ad ospitare la persona deceduta e ad accogliere i familiari. Una questione di civiltà e di umanità. È una pretesa eccessiva?
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