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Cronaca

Armi da guerra nascoste in casa: kalashnikov e mitra in un forno

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Un arsenale di armi comuni ed armi da guerra nascosti dentro un forno in pietra e sotto il letto. Gli arrestati sono tre, ma l’attenzione investigativa è concentrata su Vincenzo Cardillo, il 38enne già noto alle forze dell’ordine, che per parentela e precedenti penali aggravati dal metodo mafioso, viene collocato all’interno della mappa del clan locale, radicalmente ridisegnata negli ultimi anni.

Ecco perché il lavoro degli investigatori sarà quello di capire a cosa e a chi potessero servire le armi, senza escludere eventuali ipotesi di riorganizzazione dell’apparato criminale locale. Sullo sfondo, poi, ci sono i recenti fatti di sangue, dall’omicidio di Nicola Gioco a quello di Agatino Bivona, fino all’uccisione ad Adrano di Alfredo Maglia. Cardillo, dettaglio da considerare, era cognato di Gioco, nonché nipote acquisito di Maglia.

Cardillo, da poco uscito dal carcere, è caduto nella rete degli agenti della Squadra mobile di Catania e del Commissariato di Adrano per sua stessa distrazione. I poliziotti stavano perquisendo l’abitazione del padre, quando lui entra in casa, senza immaginare di trovare gli agenti. È bastato mettere una mano nella tasca del giubbotto per scoprire che circolava armato e pronto a fare fuoco, avendogli trovato una pistola Kel Tec semiautomatica, calibro 9×17, con matricola abrasa, colpo in canna e relativo caricatore con sei cartucce.

In casa del padre, Alfio, incensurato di 71 anni, sono state poi sequestrati un kalashnikov privo di segni identificativi, un mitragliatore Sten, una mitraglietta Skorpion, una pistola automatica calibro 9. La pistola era in camera da letto, le altre armi con relativi munizionamenti,  considerate da guerra per il potenziale offensivo e la capacità di sparare a raffica, erano nascoste  in un forno a pietra, ricavato in un sottotetto, e sotto alcune masserizie nel vano di sgombero. Nella stessa abitazione trovati pure dei passamontagna.

Nell’ambito dei controlli straordinari nel territorio, i poliziotti hanno eseguito anche una perquisizione nell’abitazione di Gaetano Musumeci, biancavillese 27enne, durante la quale è stata trovata sotto il letto della camera del giovane una pistola semiautomatica Beretta, calibro 7.65 Browning, con matricola abrasa e colpo in canna, munita di relativo caricatore e sette cartucce.

Come da prassi, tutte le armi sequestrate saranno analizzate accuratamente per verificare l’eventuale utilizzo in episodi delittuosi.

I tre arrestati si trovano ora chiusi nel carcere catanese di piazza Lanza, a disposizione dell’autorità giudiziaria.

Alfio Cardillo deve rispondere di detenzione di armi da fuoco comuni e da guerra clandestine, munizionamento e ricettazione. Al figlio Vincenzo è stato contestato il reato di detenzione e porto di arma comune da fuoco clandestina e ricettazione della stessa, mentre a Gaetano Musumeci è stato contestato il reato di detenzione di arma comune da fuoco clandestina, nonché ricettazione della stessa arma.


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Un arsenale in casa: tre arresti, sequestrato anche un kalashnikov

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Arsenale in casa, ecco le armi sequestrate e i tre arrestati

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In casa di un anziano armi nascoste nel forno e sotto il letto


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Cronaca

Fuochi d’artificio e rombi di motori per l’ultimo saluto ad Antonio Andolfi

Funerali nella chiesa del “Santissimo Salvatore” per il giovane ucciso nelle campagne di Centuripe

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Fuochi d’artificio fuori dall’abitazione di Spartiviale, all’ingresso della chiesa del “Santissimo Salvatore” e al cimitero. Un corteo con moto e scooter lungo le strade del centro storico. Clacson e rombo di motori. Striscioni e palloncini. Applausi e lacrime.

Così è avvenuto l’ultimo saluto ad Antonio Andolfi, il giovane biancavillese di 20 anni ucciso con un colpo di pistola, durante un inseguimento, nelle campagne di Centuripe.

I funerali li ha celebrati il parroco don Salvatore Verzì. All’interno della chiesa di viale Europa, silenzio e raccoglimento, attorno alla bara bianca.

«Bisogna alzare lo sguardo a Cristo – ha detto padre Verzì – perché guardando Cristo l’uomo, chiunque esso sia, può ritrovare la vera immagine di sé e così non fare del suo cuore un luogo di barbarie». Il sacerdote si è rivolto in modo particolare ai giovani presenti: «La vita è sacra, altrimenti è davvero la barbarie. Solo Cristo ha il potere di liberarci della morte qualsiasi forma essa assuma».

Per ragioni di prevenzione di ordine pubblico, a seguire e monitorare lo svolgimento, come accade in casi del genere, c’erano carabinieri in divisa e in borghese.

Indagini ancora in corso

Sul fronte delle indagini, nonostante sia stato sottoposto a fermo il 46enne Salvatore Santangelo per gravi indizi di colpevolezza, il lavoro dei militari non è ancora concluso. Proseguono approfondimenti e acquisizioni di informazioni. Il fascicolo dell’inchiesta è ora sul tavolo della Procura di Enna, competente per territorio.

Il movente è stato indicato in una serie di dissidi tra il presunto omicida e la vittima per questioni legate a terreni e pascoli di ovini. Al vaglio degli inquirenti, episodi che si riferiscono agli ultimi due anni. L’ultima discussione è degenerata in lite. Ne è nato un inseguimento nelle strade di campagna. Santangelo, con la sua jeep, si è ritrovato affiancato al furgoncino in cui viaggiava Andolfi, e ha cominciato a sparare. Almeno tre colpi di pistola. Uno ha centrato il giovane al torace, come accertato pure dall’esame autoptico.

Il conducente del furgone – anche lui allevatore – ha proseguito la corsa fino all’ospedale di Biancavilla, ma il 20enne era già spirato durante il tragitto. Ai carabinieri della compagnia di Paternò e della stazione di Biancavilla è bastato poco per rintracciare Santangelo, che non era ancora rientrato a casa e che subito ha assunto un atteggiamento collaborativo.

Assistito dall’avv. Giuseppe Milazzo, si attende per lui una nuova convalida del fermo da parte del gip del Tribunale di Enna, dopo quello disposto in un primo momento a Catania. Resta chiuso in una cella del carcere catanese di piazza Lanza. Gli vengono contestati l’omicidio di Andolfi, il tentato omicidio del conducente del furgoncino e il porto illegale d’arma da fuoco.

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