Cronaca
La minaccia delle ruspe su 500 case Riesplode la rabbia degli abusivi
Centinaia di sentenze di condanna contro gli irregolari. La Procura mira a ripristinare la legalità. Già effettuate due demolizioni, pronte altre due. Così, il “popolo degli abusivi”, dopo vent’anni, torna in piazza e sfila, tra urla e slogan, fino al Comune.
di Vittorio Fiorenza
«La casa non si tocca». La minaccia delle ruspe sugli immobili mai sanati o costruiti nell’illegalità ha fatto esplodere la rabbia degli abusivi, che hanno animato un corteo lungo via Vittorio Emanuele per concludersi al municipio. Erano meno di un centinaio, ma agguerritissimi. Non solo lo slogan, anche le scene, viste oggi a Biancavilla, fin dentro al palazzo comunale, sembrano riportare le lancette del tempo all’inizio degli anni ’90, epoca delle folle oceaniche, con a capo l’allora sindaco Carmelo Nicolosi, a difesa di chi ha costruito al di fuori di ogni regola.
Il “popolo degli abusivi”, dopo oltre vent’anni, si è dato di nuovo appuntamento in piazza Roma per manifestare tutta la preoccupazione. Sono un migliaio i fascicoli aperti. Di questi, 500 riguardano casi di abusivismo per i quali si è già concluso il relativo iter giudiziario, arrivando a sentenze definitive che prevedono la demolizione. Demolizione che potrebbe avvenire in qualsiasi momento, se dalla Procura della Repubblica dovesse arrivare l’ordine. Anzi, nei mesi scorsi, in maniera del tutto silenziosa, sono già avvenute due demolizioni, ad opera degli stessi responsabili dell’abuso: buttati giù alcuni pilastri, in un caso, e una costruzione per conigli, nell’altro. Demolizioni “indolore”, per modo di dire. Tra qualche settimana, sono in programma altri due abbattimenti edili: un garage e una costruzione in crudo con piano terra e primo piano. Il timore è che si possa proseguire anche su appartamenti abitati.
Vincenzo Di Grazia è uno dei portavoce di questo comitato improvvisato e parla a nome di tutti: «Siamo ben consapevoli di avere costruito nell’illegalità, nessuno nega che siamo degli abusivi. Ma non siamo dei delinquenti. Invece ci trattano come fossimo Riina e Provenzano. Ecco perché chiediamo al sindaco Glorioso di trovare un punto di incontro per una soluzione tecnica e che rappresenti le nostre esigenze di persone che, di fatto, vivono in queste case, costruite col sangue e col sudore di una vita».
Da piazza Roma al palazzo comunale il tragitto è breve. E il corteo (quasi un remake in tono minore di quello del marzo 1992) si è mosso tra slogan, epiteti ed insulti contro il primo cittadino. Il nervosismo si è acuito quando al municipio, uscieri e polizia municipale hanno comunicato alla folla l’assenza del sindaco. Questione di pochi minuti. Glorioso è poi arrivato e i manifestanti sono stati fatti entrare nell’aula consiliare. Con il primo cittadino, pure il comandante della polizia municipale, Vincenzo Lanaia, il segretario comunale Antonio Caputo, l’ing. Placido Mancari dell’Ufficio tecnico comunale, ed il consulente Pasquale Lavenia. Nessun assessore, nessun consigliere nei paraggi.
Una discussione che si è protratta per qualche ora. Gli animi si sono calmati quando il sindaco ha preso dei precisi impegni (leggi qui) per coinvolgere la Prefettura e la Procura di Catania.
L’abusivismo in numeri
Non siamo ai livelli degli anni ’80 e ’90, ma il fenomeno dell’abusivismo a Biancavilla rimane alto ed allarmante. Sono 1000 i casi “caldi”. Di questi, una metà riguardano abusi, anche vecchi, commessi negli anni ’90, per i quali non soltanto non ci si è avvalsi delle varie sanatorie, ma ci si è opposti per via penale alla demolizioni. Contenziosi che con sentenze della Corte d’appello di Catania, ora passate in giudicato, hanno dato torto agli opponenti, i cui immobili quindi potrebbero essere demoliti da un momento all’altro. Da qui si comprende il potenziale esplosivo, anche in termini di ordine pubblico, su cui vive Biancavilla.
Di tutti i casi, c’è poi un altro 50% che ancora segue la via amministrativa. Prima si è accertato e verbalizzato l’abuso, poi vi è stata un’ingiunzione di demolizione, mai eseguita dal responsabile. Quindi, come prescrive la legge, l’immobile è stato acquisito al patrimonio del Comune. In questa situazione ci sono circa 500 immobili. Sulla base del regolamento edilizio e dell’orientamento già dato dal passato Consiglio Comunale, la linea è quella di dichiarare quanti più immobili possibili di “pubblica utilità”. Un escamotage di legge che, con opportuni correttivi, distinguendo caso per caso, evita la demolizione e consente l’abitabilità, anche se la costruzione rimane di proprietà comunale. Questo significa che chi la abita deve pagare un canone mensile. L’attuale assemblea cittadina non ha trattato nessun fascicolo. La precedente aveva già dichiarato la pubblica utilità su appena 18 immobili. Gli inquilini si sono visti recapitare dall’amministrazione comunale i relativi canoni da pagare (dalle 300 alle 800 euro al mese, in base alla superficie), ma si sono opposti per via civile. Le sentenze si attendono entro quest’anno. Un quadro decisamente ingarbugliato e di difficile soluzione.
Come se questo quadro di per sé drammatico non bastasse, va aggiunto che casi di abusivismo con modalità vecchio stampo sono stati segnalati nelle ultime settimane. Tra le scene viste lo scorso agosto, per esempio, una in pieno giorno, non lontano dal palazzo comunale: su una costruzione era stato affisso il cartello dell’autorità giudiziaria di sequestro dell’immobile, ma già il giorno dopo operai e mezzi pesanti erano all’opera per una colata di cemento al piano superiore.
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Le promesse di Glorioso agli abusivi: «Coinvolgerò il prefetto e la Procura»
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“La casa non si tocca”: dopo oltre vent’anni, riecco il “popolo degli abusivi”
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Cronaca
Operazione “Ultimo atto”, avviato il processo anche per altri sei imputati
Segue il rito abbreviato un altro troncone, con il presunto reggente del clan e 12 suoi picciotti
Prima udienza dibattimentale del processo scaturito dall’operazione antimafia “Ultimo atto”, condotta dai carabinieri a Biancavilla, nel settembre 2023. Alla prima sezione penale del Tribunale di Catania (presidente Riccardo Pivetti) al via il processo a carico di sei imputati: Carmelo Militello, Nicola Minissale, Ferdinando Palermo, Alfredo Cavallaro, Maurizio Mancari e Francesco Restivo. Altri 13 seguono, invece, il rito abbreviato e per i quali la Procura ha chiesto condanne per 125 anni complessivi di reclusione. Si tratta del gruppo che fa capo a Pippo Mancari u pipi (anche lui imputato in abbreviato, per il quale sono stati chiesti 12 anni di reclusione).
Siamo alle udienze interlocutorie: si procederà ora alle richieste di prova e al conferimento ai periti per la trascrizione delle intercettazioni. Dialoghi telefonici ed ambientali che hanno fatto emergere un organigramma con vecchie facce e giovani rampanti e una rete di affari illeciti.
Non soltanto estorsioni (ai danni di sei imprenditori e commerciati, oltre che agli ambulanti e ai giostrai della festa di San Placido). Ma anche traffico e spaccio di droga: un mercato sempre fiorente. E poi, la cosiddetta “agenzia”. Due società di trasporto su gomma, che, secondo gli inquirenti, per lunghi anni era stata nelle mani dei clan di Adrano e Biancavilla, imponendo il monopolio assoluto nei servizi rivolti soprattutto ad imprese della lavorazione di agrumi. Carmelo Militello e Ferdinando Palermo, in particolare, sarebbero i due uomini chiave della “agenzia”. Un’attività sottoposta a sequestro finalizzato alla confisca per un valore di circa 3 milioni di euro.
Gli altri componenti del gruppo che hanno scelto il rito abbreviato sono, oltre a Pippo Mancari: Giovanni Gioco, Salvatore Manuel Amato, Placido Galvagno, Piero Licciardello, Mario Venia, Fabrizio Distefano, Nunzio Margaglio, Alfio Muscia, Carmelo Vercoco, Cristian Lo Cicero e Marco Toscano. Imputato è anche Vincenzo Pellegriti, che del gruppo si è disassociato, entrando nel programma di protezione per i collaboratori di giustizia. Le sue dichiarazioni sono state utilissime all’inchiesta, coordinata dal sostituto procuratore Andrea Bonomo.
In entrambi i procedimenti si sono costituiti parte civile il Comune di Biancavilla (su delibera della Giunta del sindaco Antonio Bonanno, rappresentata dall’avv. Sergio Emanuele Di Mariano) e l’associazione Libera Impresa (rappresentata dall’avv. Elvira Rizzo). Non figura, invece, nessuna delle vittime di estorsione. Assenti: come da consueta tradizione omertosa.
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