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Scuole, cosa accade a Biancavilla: chi è che risponde a questi ragazzi?

  • IL COMMENTO • Scuola media “Luigi Sturzo”, ma la stessa sequenza si ripete anche in altri istituti. Immagini che impongono una seria riflessione. E lasciano una serie di interrogativi. C’è chi ha il dovere di dare una risposta. di Vittorio Fiorenza Le foto che vedete in questa pagina sono state scattate qualche settimana […]

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• IL COMMENTO • Scuola media “Luigi Sturzo”, ma la stessa sequenza si ripete anche in altri istituti. Immagini che impongono una seria riflessione. E lasciano una serie di interrogativi. C’è chi ha il dovere di dare una risposta.

di Vittorio Fiorenza

Le foto che vedete in questa pagina sono state scattate qualche settimana fa all’ingresso della scuola media “Luigi Sturzo” di Biancavilla. Ragazzini di 14-16 anni hanno prima scavalcato il cancello, hanno poi giocato a pallone all’interno del campo di calcio e, finita la partita, come potete vedere, sono “usciti” dalla scuola nello stesso modo in cui sono entrati.

Un caso isolato e occasionale? Niente affatto. Lo stesso scenario (chi abita nella zona lo sa bene) lo si vede da anni, soprattutto nel periodo estivo, quando la scuola è chiusa, ma anche nel periodo invernale, quando il campo è praticabile e non piove. Solo alla “Luigi Sturzo”? No, non solo. Stesse scene si ripetono (lo affermiamo in quanto testimoni oculari) nel plesso della “Grassura” del Secondo circolo didattico e nell’edificio dell’Istituto tecnico industriale. E chissà, forse anche a Cicalisi, alla “Guglielmo Marconi” e all’Istituto comprensivo “Antonio Bruno”, alla ricerca disperata di spazi in cui giocare e stare insieme. Basta scavalcare il cancello o trovare un varco nella recinzione e il gioco è fatto.

Ora, la questione che poniamo non riguarda il comportamento di questi ragazzi. Proprio noi che apparteniamo a quella generazione dell’allegra e inconsapevole “occupazione proletaria” del “Campo dei monaci”. Proprio noi, cresciuti, correndo dietro ad un pallone in strade non asfaltate o davanti ad una saracinesca per una “Tedesca”, non senza il rischio di secchiate d’acqua improvvise di gente (giustamente) infastidita dal chiasso continuo. Proprio noi, non possiamo che essere totalmente solidali con questi ragazzi.

«Abbiamo solo giocato ed ora ce ne stiamo andando, altrimenti dove possiamo andare?», ci hanno detto, quasi con tono di giustificazione, sollecitati dalle nostre domande, quel giorno davanti alla “Luigi Sturzo”.

Già: dove possono andare? Se l’interrogativo è lo stesso che ci ponevamo noi ragazzini degli anni ’80-‘90, c’è qualcosa che non quadra.

La faccenda si complica se si considera che appena qualche mese fa, il sindaco Giuseppe Glorioso e l’assessore alla Pubblica Istruzione, Rosanna Bonanno, hanno inviato una lettera a tutte le scuole dell’obbligo, invitandole ad adottare la settimana corta. Sabato niente scuola per abbattere i costi, risparmiare su luce e riscaldamento e genuflettersi all’imperativo della spending review. A dire il vero, il Primo e il Secondo circolo didattico già adottano questo sistema. Si tratta di allineare pure la “Sturzo” e la “Bruno”. Ed è probabile che da qui a qualche mese l’operazione si compia.

Ne siamo certi: gli alunni saranno contenti. I dirigenti scolastici e gli insegnanti pure. I genitori forse un po’ meno. Ma al di là di ciò che possano pensare presidi, docenti, padri e madri e al di là delle misure degli amministratori dall’aritmetica facilona, tutto questo è utile a bambini e ragazzi già ora costretti a scavalcare le inferriate per usufruire di uno spazio pubblico?

Desidereremmo scuole sempre aperte. Invece di addizionare, qui ci sottraggono anche l’aria. Queste immagini, questi ragazzini, esigono una risposta. La domanda è sempre quella: «…altrimenti dove possiamo andare?».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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1 Commento

1 Commento

  1. Placido

    19 Settembre 2014 at 11:29

    Allora, se le reazioni dei politici sono scaturite da questo articolo, allora sicuramente si può affermare che:
    1) Vittorio Fiorenza è stato un bravo giornalista perchè ha fatto “notare” a tutti un problema che nessuno voleva vedere. E magari sarebbe saltato fuori dopo che qualche ragazzo si sarebbe fatto male.
    2) Ma i politici biancavillesi, che fanno? E soprattutto, chi è Rosanna Bonanno? Mai vista! Colpa mia!

    Un appunto però Signor Fiorenza. Lei vuole far notare a tutti il fatto che questi ragazzi non hanno dove giocare o vuole sollevare il potenziale problema che questi ragazzi possano realmente farsi male?
    Perchè se siamo nella prima ipotesi posso assicurarle che neanche 10/20/30 o 40 anni fa non esisteva un luogo dove poter giocare. A parte qualche cortile.

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Giornata mondiale della Salute mentale: incontro a Biancavilla sulle sfide attuali

A 45 anni dalla legge “Basaglia” resta da superare ancora lo stigma su chi vive il disagio psichico

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© Foto Biancavilla Oggi

Si è svolto a Biancavilla presso il Centro Polivalente di Villa delle Favare, l’evento per celebrare la Giornata Mondiale della Salute Mentale. Da 150 piazze d’Italia, connesse in live streaming, è stato trattato il tema “DSM e cittadini uniti per la salute mentale”. Un’occasione per discutere argomenti che parlano non di malattia ma di benessere psichico delle persone. Argomenti che quindi riguardano tutti i cittadini e non solo utenti e operatori addetti ai lavori, così come ha spiegato il direttore del DSM dell’Asp di Catania, Carmelo Florio.

Nella nostra provincia per raggiungere il territorio, le persone, le istituzioni, il programma ha previsto sei location. Oltre Biancavilla, anche Acireale, Caltagirone, Gravina, Catania presso il Convitto Cutelli e l’Istituto Valdisavoia.

Problemi sempre attuali

Sono trascorsi più di 45 anni dalla emanazione della Legge “Basaglia”. Rimane ancora aperto il problema di una giusta informazione che faccia superare lo stigma e la discriminazione sul disagio mentale e dia la possibilità di sostenere processi di inclusione nei confronti di chi si trova a viverlo.

Secondo i dati forniti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, si calcola che i disturbi mentali possono essere collocati ai primi posti come intensità di sofferenza e di disabilità per la popolazione con un netto aumento nei paesi più industrializzati.

L’Unicef nel 2021 lanciò l’allarme affermando che un adolescente su 7 tra i 10 e i 19 anni convive con un disturbo mentale. La sofferenza che accompagna e segue la malattia mentale, causa disequilibri nell’armonia interiore e psicologica dell’essere umano. Il disagio a volte diventa così insopportabile da spingere quasi 46.000 adolescenti ogni anno a togliersi la vita.

Circa il 25% della popolazione italiana fa esperienza di un problema legato alla salute mentale. In un anno i servizi specialistici del Servizio sanitario nazionale assistono quasi novecentomila persone.

Il ruolo del Dsm

A operare nel territorio, in maniera capillare, si trovano i Distretti di Salute Mentale che, come recita la nota informativa dell’evento odierno, «affondano le loro radici nella “deistituzionalizzazione” avviata con la riforma psichiatrica della Legge 180, sui cui valori fondanti occorre ancorare ogni ulteriore sviluppo nelle politiche di salute mentale: approccio comunitario di salute pubblica, primato della soggettività, dei diritti e delle risorse della persona, dell’inclusione sociale». Perché lo scopo principale dei servizi psichiatrici, è proprio quello di stabilire un percorso terapeutico individuale, senza separare la persona dal suo ambiente, anzi fronteggiando il rischio costante della marginalizzazione.

Diverse anche le criticità sulle quali conviene soffermarsi per trovare punti di accordo e soluzioni concrete. «Occorre operare perché vengano date dai DSM risposte differenziate alla psicopatologia dell’adolescenza, ai disturbi del comportamento alimentare, ai disturbi di personalità, ai disturbi dello spettro autistico, ai disturbi psichiatrici associati alle disabilità intellettive», continua la nota. Nella proposta del Collegio Nazionale dei DSM vengono definite anche alcune priorità di azione che tengono conto delle difficoltà storiche e dei notevoli cambiamenti sociali in corso riguardanti essenzialmente gli investimenti e il personale, i modelli organizzativi e, infine, i rapporti tra psichiatria e giustizia.

L’essere umano al centro di ogni intervento

Il metodo da perseguire e portare avanti è quindi quello di un intervento discreto e delicato che metta al centro l’uomo, restituendo significato dove sia stato perduto, nella crisi, nello smarrimento di un Sé frammentato e turbato dagli avvenimenti di una condizione che mina l’essenza stessa della persona e si ripercuote immancabilmente nei rapporti con gli altri. Indicative le parole di Basaglia quando disse che l’irrecuperabilità di un malato è spesso implicita nella natura del luogo che lo ospita. Una società per dirsi civile dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia, presenti entrambi in ogni essere umano.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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