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Quel potere attrattivo della Casina eroso dalla movida del centro storico

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di ANTONIO LANZA

Un giovane trentenne biancavillese che tornasse in città dopo un’assenza, poniamo, di dieci anni, percorrendo un sabato o una domenica sera in macchina o a piedi il primo tratto di via Vittorio Emanuele (zona Casina), vedrebbe appena qualche auto parcheggiata, i soliti alberi ai lati della strada e, a differenza di quanto gli suggerirebbe la memoria, i marciapiedi vuoti, nessun formicolio di teste per due, trecento metri, nessun parlottio, solo silenzio. Il giovane trentenne biancavillese ne rimarrebbe stupito e confuso: cosa ne è stato, si chiederebbe, di quel luogo, la Casina, che a detta di tutti, prima che lui, ragazzo, la iniziasse a frequentare, era sinonimo di peccato e perdizione? E cosa ne è stato dei giovani?

La risposta è semplice: i tempi sono cambiati, i ragazzi si sono spostati, la Casina, almeno come punto di ritrovo, è stata decretata all’unanimità ‘zona morta’. Diciamocelo: cosa ci portava per ore intere a passeggiare in lungo e in largo, da Villa delle Favare fino alle cosiddette Scuole Vecchie? Il piacere di ritrovarsi tra amici. La gioia di passeggiare con la fidanzata. Il bar per una tavola calda. E poco altro. C’era anche un pub, ricordo. Forse il primo a Biancavilla, o comunque uno dei primi. Non a caso sorto proprio lì dove ci si ritrovava tutti. Poi, a una certa ora, la strada si spopolava. Chi aveva voglia di mangiare e soprattutto bere qualcosa, andava a Catania. O anche ad Adrano dove, ancora prima che a Biancavilla, si era già propagata la ‘moda’ dei pub.

Poi è arrivato il fenomeno delle notti bianche che, trainate da un facile gioco di parole con il nome della nostra città, sono state organizzate anche qui, e con discreto successo. Lentamente, insieme a tutto ciò, importata dall’imperante cultura anglosassone, si è nel frattempo diffusa anche da noi, come registrato in tutta Italia, una maggiore propensione all’uso di alcool da parte dei giovani.

Appunto per soddisfare queste nuove esigenze, a Biancavilla diversi pub sono sorti, e proprio nel centro storico, il cui indiscutibile e definitivo successo nel corso degli anni ha eroso il potere attrattivo della Casina, a vantaggio di un nuovo modo di stare insieme. Forse lievemente obnubilato dall’alcool. Forse distratto dagli smartphone. Comunque, nuovo. Micromondi che mutano, che si adattano ai tempi. Pesi che se spostati da un punto ad un altro determinano cambiamenti, a suo modo, epocali. Periferie che si svuotano, centri storici che, un tempo deserti di sera, adesso si ravvivano.

Una città muore quando, come la calviniana Zora, rimane immobile a ripetere se stessa. Lo stupore e l’iniziale smarrimento del giovane trentenne tornato in città dopo una lunga assenza rappresenta quindi per Biancavilla lo straordinario segnale della propria vivacità.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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6 Commenti

6 Commenti

  1. Melina Stissi

    27 Giugno 2019 at 14:32

    Mi sono resa conto ,pur non vivendo più a Biancavilla,che il paese è cambiato tanto…faccio parte della generazione che negli anni sessanta iniziava a vedere a passeggio da sole le ragazze ,(io frequentavo il liceo ginnasio G.Verga di ADRANO) lungo la via ci si guardava con i ragazzi,si prendeva il gelato e si rideva tanto …c’era la latteria,il bar Fiorello,tanti negozi…e quel che ancora ricordo è il profumo dei tigli…che ancora ci sono e che emanano ancora lo stesso profumo.
    Complimenti per l’articolo.

  2. Ros

    7 Settembre 2017 at 23:10

    Quanti ricordi…bell’articolo che suscita dolce nostalgia!

  3. Salvo

    18 Aprile 2017 at 14:47

    Ricordo benissimo quel periodo dove era diventato un vero e proprio punto di riferimento tra amici,ed è proprio in quel tratto che ho conosciuto la mia fidanzata;si passeggiava,si incrociavano sguardi,si socializzava tantissimo.adesso sembra come se tutto si forse fermato.ogni quando passo con la macchina mi viene sempre nostalgia…peccato.

  4. Salvo Laudani

    9 Settembre 2014 at 12:27

    Bell’articolo

  5. Tiziana

    9 Settembre 2014 at 0:56

    La mia giovinezza è legata alla Casina. Adesso, paradossalmente, il centro storico inghiottito dai pub mi sembra più confusionario e caotico.

  6. Serena

    30 Agosto 2014 at 15:39

    È proprio morto il motore delle relazioni umane, almeno, quelle autentiche non esistono più, sono spettri, e come tali, passeggiano per le notti della nostra città suscitando soltanto
    ricordi!

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Premio Scanderbeg (e alla memoria), buona idea riconoscere i meriti però…

Note a margine dell’evento promosso dalla Presidenza del Consiglio Comunale a Villa delle Favare

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Ho letto con piacere dell’esistenza del premio Scanderbeg, istituito dal Comune di Biancavilla e, nello specifico, dalla Presidenza del Consiglio Comunale. L’idea che le nostre istituzioni vogliano dare merito e riconoscimento a personalità che si siano distinte in ambiti professionali o di impegno civico, culturale, sociale o volontaristico mi sembra valida e da sostenere.

Ci sono, tuttavia, due osservazioni che spontaneamente nascono dalla lettura delle cronache dell’evento di premiazione, avvenuto a Villa delle Favare.

Scegliere di stilare un ampio ventaglio di premiati rischia, nel giro di qualche anno, di esaurire il numero di meritevoli a cui conferire il riconoscimento. O quantomeno si rischia di individuare personalità via via “minori” rispetto a quelli già chiamati sul palco. In altre parole: meglio scegliere, per ogni edizione, pochi ma farlo con criterio, evitando motivazioni troppo generiche.

Altro aspetto che è saltato alla mia attenzione è la categoria del “premio alla memoria”. Non è inusuale che certi riconoscimenti vengano dati post mortem. Di solito accade per scomparse premature o improvvise.

Nel caso della manifestazione del Comune di Biancavilla sembra, invece, che si tratti di una categoria fissa, da riproporre ogni anno. L’idea, in questo caso, non fa altro che certificare la disattenzione che in passato l’istituzione comunale ha avuto nei confronti dei biancavillesi meritevoli.

I premi si danno in vita, non dopo la morte! Sembra si voglia colmare l’indifferenza che sindaci e consiglieri hanno mostrato nel passato. Cosa vera, ma ormai è troppo tardi. Vogliamo dare un premio, dunque, alla memoria per Antonio Bruno e farci perdonare le malignità riservate prima e dopo la sua morte o l’oblio che ne è seguito per decenni? Guardiamo avanti.

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