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Bbattìsimu, tufanìa, ‘a vecchia… l’Epifania in un mix di sacro e profano

Così la festa religiosa cristiana si è sovrapposta, senza cancellarli del tutto, a culti e riti precristiani

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Come è noto, il 6 gennaio il mondo cristiano celebra Epifania. Il nome Epifanìa deriva dal lat. ecclesiastico EPIPHANĪA, a sua volta dal gr. ἐπιϕάνεια (epipháneia), in origine agg. neutro pl., “(feste) dell’apparizione” e quindi “manifestazione (della divinità)”, da ἐπιϕανής (epiphanés) “visibile”, derivato di ἐπιϕαίνομαι (epiphaínomai) “apparire”. Si tratta di un termine che nel mondo religioso greco indicava le azioni con cui la divinità si manifestava, passato poi nel mondo cristiano a designare la celebrazione delle principali manifestazioni della divinità di Gesù Cristo (adorazione dei Magi, battesimo nel Giordano e primo miracolo).

Mentre il nome ufficiale della festa, Epifania, commemora dunque la visita dei re Magi a Gesù in Betlemme, a livello popolare si sono innestate altre tradizioni testimoniate dai nomi, a partire dalla variante popolare befana che deriva da una forma diversamente accentata, EPIPHÀNĬA. Rispetto ad epifania, tuttavia, befana ha assunto anche altri significati. Fra questi, “fantoccio esposto nella notte dell’Epifania”, “vecchia che volando su una scopa porta i doni ai bambini” e “donna vecchia e brutta”. Nella figura della befana è evidente, pertanto, che la festa religiosa cristiana si è sovrapposta, senza cancellarli del tutto, ad antichi culti e riti precristiani.

In alcune località della Sicilia troviamo il tipo lessicale epifania, giunto forse come prestito: pifanìa pifanè, prifanìa, bbifanìa, bbifanè. Qui si può ricordare il proverbio calendariale ppi la santa pifanìa cu avi cìciri s’i calìa “per l’Epifania si abbrustoliscono i ceci”.

A Biancavilla “Bbattìsimu” e “Vattìu”

A Biancavilla e in diverse località della Sicilia orientale, il nome della festa è u bbattìsimu, che risale al latino ecclesiastico BAPTISMUS, a sua volta dal gr. neotestamentario βαπτισμός (baptismόs) Direttamente da bbattïari “battezzare” derivano u bbattìu e u bbattìù Signuri di altre località. Tali denominazioni sono chiaramente connesse a una delle manifestazioni della divinità di Cristo, cioè il battesimo del Giordano. In alcune località della Calabria per l’Epifania è usato vàttimu, da cui anche il cognome Vattimo, e vàstisi dal greco bizantino βάπτισις (báptisis).

Bisogna notare qui un’interessante differenziazione lessicale nel dialetto di Biancavilla. Per indicare “il sacramento o la celebrazione del battesimo” nonché “la festa che si tiene quando si battezza un bambino” si usa la parola vattìu e non la variante colta bbattìsimu. Quest’ultima, tuttavia, indica scherzosamente anche la “fronte”: cci bbiàu na peṭṛa e u pigghjàu nô bbattìsimo “gli ha lanciato un sasso e lo ha colpito proprio sulla fronte”.

“Tufanìa”, tradizione colta

In Sicilia, ma lo stesso discorso si potrebbe estendere a tutte le aree etnolinguistiche dell’Europa cristiana, la situazione è resa più complessa e ricca dal sovrapporsi di più tradizioni, sia popolari, sia colte, che si rispecchiano nei nomi dell’Epifania.

Se i nomi appena visti, infatti, riflettono la celebrazione delle principali manifestazioni della divinità di Cristo, altri nomi, sempre di tradizione colta, prefigurano la manifestazione diretta di Dio. È il caso di tufanìa e delle varianti tafanìa, tufanè, tufanì, tuffanìa, tutti risalenti al lat. medievale THEOFANĪA, trascrizione del gr. Θεοφάνεια (Theopháneia), a sua volta da θεοφανής (theophanés) “rivelato da dio”.

Nonostante la Chiesa celebri in questo giorno l’adorazione dei Re Magi, non troviamo nella lingua ufficiale un nome che alluda a questo rito. In Sicilia, invece, uno dei nomi dell’Epifania è proprio i trirrè, con la var.  i trirè, evidentemente “i tre re (Magi)”.

I nomi appena visti riflettono le tradizioni religiose ufficiali della Chiesa cattolica, ma esistono, come abbiamo detto, delle tradizioni popolari che hanno radici in quelle precristiane e che si intrecciano variamente con quelle ufficiali.

È il caso di a ṣṭṛina, che è anche il nome del Capodanno, chiamata anche, a seconda delle località, a ṣṭṛina rê cavaleri, a ṣṭṛina rê ṭṛi rrè e a vera ṣṭṛina. Il sic. ṣṭṛina, come del resto l’it. strenna, deriva, attraverso la mediazione del francese antico estrine “présent à l’occasion du premier jour de l’année” (Valenti, Vocabolario storico etimologico dei gallicismi nel siciliano), dal lat. STRĒNA(M) “dono di buon augurio” che presso i Romani si scambiava nei giorni festivi, specialmente alle calende di gennaio. In area messinese è diffuso il proverbio di Natali â  ṣṭṛina un passu di jaḍḍina lett. “da Natale all’Epifania un passo di gallina”.

‘A vecchia, ma anche… ‘u vecchiu

Per la stessa personificazione dell’Epifania come befana, troviamo in Sicilia in un altro nome, a vecchja, che, oltre a designare la festa religiosa, indica la befana che la notte di Natale o quella di Capodanno portava i doni ai bambini. Viene chiamata anche vecchja ṣṭṛina.

Fra le varie proposte di identificazione della befana con esseri magico-religiosi precristiani, vale la pena di ricordare li vecchji di li cunocchja o di li fusa “sorta di befane che portavano i doni ai bambini nel primo giorno dell’anno”, che possono essere assimilate alle Moire dei Greci o alle Parche dei Romani, come si lascerebbe leggere il tipo la vecchja di li fusa “mostro bruttissimo, nudo, che fila notte e giorno e che avvelena con lo sguardo”. Per altro, in qualche località del Palermitano, la vecchja si trasforma in un essere maschile, u viecchju.

PER SAPERNE DI PIU’

“La Sicilia dei cento dialetti” di Alfio Lanaia

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Cultura

Premio Scanderbeg assegnato ad Alfio Grasso su proposta di “Biancavilla Oggi”

Riconoscimento dato per il suo impegno culturale: preziosissimi i volumi pubblicati con “Nero su Bianco”

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© Foto Biancavilla Oggi

Ad Alfio Grasso, studioso di storia locale, autore della nostra casa editrice “Nero su Bianco“, già dirigente sindacale e più volte amministratore comunale (fino a ricoprire la carica di sindaco per il Partito Comunista Italiano), è stato assegnato il Premio Scanderbeg.

La manifestazione, voluta e organizzata dalla presidenza del Consiglio Comunale di Biancavilla, si è tenuta a Villa delle Favare con la conduzione di Ruggero Sardo. Il riconoscimento si avvale anche delle indicazioni delle testate giornalistiche locali. Quello di Alfio Grasso è il nome avanzato per quest’edizione da Biancavilla Oggi: subito accolto dagli organizzatori.

Dal palco allestito nella corte di Villa delle Favare, Grasso si è detto «orgoglioso di essere biancavillese e felice di avere pubblicato con “Nero Su Bianco”, casa editrice biancavillese dell’amico Vittorio Fiorenza».

Una vita tra politica e impegno culturale

Già professore a contratto nelle Facoltà di Agraria delle Università di Palermo e Reggio Calabria, Alfio Grasso ha svolto attività politica a Biancavilla come dirigente del Partito Comunista Italiano, ricoprendo la carica di consigliere comunale, di assessore e di sindaco.

È stato presidente dell’Associazione regionale delle cooperative agricole e delle cooperative di produzione lavoro. Ha guidato il Centro regionale di studi e formazione cooperativa. È stato componente del Consiglio di Amministrazione dell’Ente di Sviluppo Agricolo della Regione Sicilia.

Vanta una lunga collaborazione con riviste giuridiche e di agraria: ha scritto per il “Novissimo Digesto Italiano” (Utet) e per la “Rivista di storia dell’agricoltura” dell’Accademia dei Georgofili di Firenze. È autore di diversi volumi sul cooperativismo in agricoltura.

Notevole e apprezzatissimo il suo contributo dato per gli studi di storia locale. Per la nostra casa editrice, Alfio Grasso ha pubblicato “Patrioti del Risorgimento a Biancavilla. Angelo Biondi e Placido Milone, indiscussi protagonisti” (2024), “Biancavilla contro il Duce. 23 dicembre 1923, la prima sommossa popolare antifascista” (2021), “Antonio Bruno, letterato e politico” (2020) e “Antichi versi contadini. L’agricoltura nella poesia dialettale di Placido Cavallaro (1784-1866)” (2018).

Gli altri premiati

Oltre a Grasso, i premiati di quest’anno sono stati anche il poeta Giuseppe Tomasello, Simona Alongi, Santo Finocchiaro e Giuseppe Marchese.

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