Cultura
Sangue e fastidioso prurito: così si arriva a “murrittiari” e “murrittusu”
L’uso letterario da Martoglio a Camilleri e quel significato che rimanda alle… emorroidi


Quante volte le nostre mamme (o le nostre nonne) ci dicevano con una certa esasperazione che eravamo murrittusi, quando non stavamo mai fermi, quando eravamo irrequieti e mettevamo le mani su tutto! Stu carusu è-mmurrittusu, tanticchja ssittatu nan ci sapi stari! E via imprecando. E dire che pazienza ne avevano da vendere le nostre mamme/nonne, ma quando finalmente stavano prendendo un po’ di risposo, ecco che arrivava il marito e iniziava da par suo a-mmurrittïari, cioè a giocherellare o a trastullarsi macchinalmente con qualche oggetto che gli capitasse per le mani.
Ma lo faceva anche quando avrebbe dovuto e potuto rendersi utile, fare qualche riparazione, e invece si metteva a-mmurrittïari o smurrittïari a tentare di riparare il televisore guasto, la caffettiera che faceva il caffè annacquato, l’anta dell’armadio che non chiudeva bene, il fornello della cucina che non si accendeva, senza per altro concludere nulla, ma solo per perdere tempo inutilmente. Per non parlare di quando si metteva a-mmurrittïari dentro i cassetti, frugando e rovistando alla ricerca di qualcosa che regolarmente non veniva trovata, anche se era a vista e, come diciamo noi, era lì che gli cavava gli occhi, e naturalmente lasciando tutto in disordine.
Questo accade(va) a Biancavilla e questi sono i significati di murrittusu e di murrittïari o smurrittïari, che corrispondono a quelli di camurrïusu e camurrïari. Altrove murrittusu si diceva del marito brontolone o di una persona bizzarra o di una persona leziosa.
Queste varianti in uso a Biancavilla sono per altro le meno diffuse. In altre parti della Sicilia il verbo è murritïari che significa anche “scherzare, ruzzare, cioè giocare rincorrendosi, stuzzicandosi, riscaldandosi, e anche fingendo di lottare e di picchiarsi”, “infastidire”, “piagnucolare”, dei bambini. L’aggettivo è murritusu che, oltre ai significati della variante murrittusu, significa “scherzoso, che ama lo scherzo, il gioco”, “capriccioso, bizzarro”, “dispettoso”, “ostinato, caparbio”, “scorbutico, intrattabile”, “irascibile”, fino a “lascivo, libidinoso”.
Da Martoglio a Camilleri
Nei testi letterari si trova la var. murritusu, come in questi due esempi di Domenico Tempio, tratti, rispettivamente, da La maldicenza sconfitta e dal Ditirammu primu:
Cani, si mai un picciottu murritusu
A la cuda un fruareddu cci addumau,
Non satau accussì lestu, e furiusu,
Comu ‘Oziu d’un subitu satau.
Chi ci sirviu lu stari cautelusu,
S’avia bruttu distinu murritusu?
Più vicino a noi è quest’altro esempio tratto da Cappiddazzu paga tuttu di Nino Martoglio e Luigi Pirandello:
Tidda: Maria, chi pinzeri murritusu chi vi vinni! – Livativi…
– mi diciti sperta e poi vuliti ca cridissi a tuitti ssi smàfiri!
Ma è ad Andrea Camilleri che le nostre voci devono il loro più recente recupero letterario. Ecco alcuni esempi:
… aveva appena quattro anni e un cane da caccia l’aveva morsicato dopo che lui l’aveva murritiato con una canna (La stagione della caccia)
«Di quanto?» spiò il sinnaco Dedomini che già si vedeva di nuovo a murritiare con le dita nel tafanario del barone Tuttolomondo e la cosa non gli faceva piaciri (Il re di Girgenti).
Più recentemente troviamo Simonetta Agnello Hornby (La cuntintizza):
Paolo sollevò le sopracciglia e riprese a spostare i cestini di frutta, murritiando: «Diavolo è ’sta picciridda!».
Se dal verbo passiamo all’aggettivo, ritroviamo ancora Camilleri:
«Bih, che camurria di morto murritiuso! E dov’era?» (Il campo del vasaio).
Montalbano era uno scolaro murritiuso, scarso di studio, stava sempre all’ultimo banco (La forma dell’acqua).
Quel prurito… in origine
Quale sarà mai adesso l’origine delle nostre voci? Sia murrittïari che murrittusu derivano intanto da murretti, che noi usiamo nel modo di dire aviri i murretti “essere particolarmente irrequieto, non stare mai fermo”. Questo significato, tuttavia, è metaforico, perciò ci dobbiamo chiedere quale sia quello proprio, cosa siano in ultima analisi i murretti o, nella variante più diffusa in Sicilia, i murriti. Un aiuto immediato ci viene dal Vocabolario siciliano-latino di Lucio Scobar (1519), che registra murriti comu sangu “hemorrhois” e murritusu “hemorrhoicus”. Questi sono dunque i significati più antichi da cui bisogna partire.
Il Vocabolario siciliano a proposito di murriti registra, ad esempio, questi significati: a) “emorroidi”, b) “prurito anale”, c) “vermi parassiti dell’intestino e part. quelli che sono nell’ano delle bestie” ecc. Ecco dunque cosà provoca l’irrequietezza dei bambini e quella voglia insana di qualcuno di frugare senza trovare nulla o di armeggiare senza concludere niente. L’etimo di murriti e varianti è dunque lo stesso dell’italiano emorroidi e cioè il greco haimorrhoís -ídos, comp. di haîma ‘sangue’ e di un derivato di rhéō ‘scorro’.
PER SAPERNE DI PIU’
“La Sicilia dei cento dialetti” di Alfio Lanaia
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Cultura
Tra storia e psicologia sociale: Filadelfio Grasso scruta la mente dei briganti
“Nero su Bainco Edizioni”, una nuova prospettiva su una delle pagine più controverse tra ‘800 e ‘900

Il fenomeno del brigantaggio nel territorio etneo, in particolare nei comuni di Bronte, Adrano, Biancavilla, Santa Maria di Licodia, Paternò e Belpasso, ma anche – al di là del fiume Simeto – di Centuripe. Un fenomeno storico complesso, ora analizzato da Filadelfio Grasso, studioso e cultore di storia e tradizioni locali, apprezzato collaboratore di Biancavilla Oggi.
La ricerca di Filadelfio Grasso, dottore in Discipline psicologiche e sociali e in Scienze pedagogiche, offre non soltanto un punto di vista diverso, ma anche l’uso della lente della psicologia sociale. “Nella mente dei briganti”, volume pubblicato da Nero su Bianco Edizioni, esplora le radici del fenomeno. Lo fa attraverso il contesto storico dall’Unità d’Italia ai primi del Novecento, le dinamiche sociali e le condizioni economiche che spinsero uomini comuni a ribellarsi contro le ingiustizie, il modo in cui erano visti dalla comunità in cui vivevano.
Filadelfio Grasso, con documenti e testimonianze, focalizza l’attenzione su personaggi legati al nostro territorio. Non soltanto banditi, ma anche personalità emblematiche, travolte dalla rabbia e dalla disperazione in un’Italia postunitaria segnata da ingiustizie e promesse disattese.
Un’opera che va oltre il freddo racconto dei fatti e che indaga il pensiero, le emozioni e le motivazioni interiori dei briganti, offrendo una nuova prospettiva su una delle pagine più controverse e complesse della storia italiana.
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Chiesa
Nella chiesa dell’Annunziata restauri in corso sui preziosi affreschi del ‘700
Interventi sulle opere di Giuseppe Tamo, il parroco Giosuè Messina: «Ripristiniamo l’originaria bellezza»

All’interno della chiesa dell’Annunziata di Biancavilla sono in corso i lavori di restauro del ciclo di affreschi della navata centrale, della cornice e dei pilastri. Ciclo pittorico di Giuseppe Tamo da Brescia, morto il 27 dicembre 1731 e sepolto proprio nell’edificio sacro.
Gli interventi, cominciati a febbraio, dovrebbero concludersi a giugno, ad opera dei maestri Calvagna di San Gregorio di Catania, che ben conoscono hanno operato all’Annunziata per diversi restauri negli ultimi 30 anni.
Il direttore dei lavori è l’arch. Antonio Caruso, il coordinatore per la sicurezza l’ing. Carmelo Caruso. Si procede sotto l’alta sorveglianza della Soprintendenza ai Beni culturali e ambientali di Agrigento.
«Quest’anno la Pasqua è accompagnata da un elemento che è il ponteggio all’interno della chiesa. Il ponteggio – dice il parroco Giosuè Messina – permette il restauro della navata centrale e delle pareti, per consolidare l’aspetto strutturale della volta e ripristinare la bellezza originaria dell’apparato decorativo. Chiaramente questo ha comportato una rivisitazione del luogo, soprattutto con l’adeguamento dello spazio per permettere ai fedeli la partecipazione alla santa messa».
«In questa rivisitazione dei luoghi liturgici, l’Addolorata – prosegue padre Messina – quest’anno non ha fatto ingresso all’interno della chiesa a seguito degli spazi limitati, ma abbiamo preparato l’accoglienza in piazza Annunziata, esponendo anche esternamente la statua dell’Ecce Homo. La comunità, insieme ai piccoli, ha preparato un canto e poi il mio messaggio alla piazza. Un messaggio di speranza: le lacrime di Maria sono lacrime di speranza».
I parrocchiani dell’Annunziata stanno sostenendo le spese del restauro, attraverso piccoli lasciti e piccole offerte, per ridare bellezza a questo luogo di culto, tra i più antichi di Biancavilla.
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