Cultura
Smilzo, gracile, magro, insomma uno “smiçiaçiàtu”… di origine francese
Un aggettivo che trova “cittadinanza letteraria”, da Silvana Grasso a Maria Antonietta Musumarra


Ne L’arti di Giufà (1916) di Nino Martoglio, c’è un personaggio dal nome parlante, quasi un soprannome descrittivo dell’aspetto fisico, il Conte Smiciaciato «grande metteur en scene cinematografico». In precedenza, infatti, ne I civitoti in pretura (1903), Martoglio aveva usato lo stesso termine come aggettivo: «Ah, allura, mentri c’è ’ssu bonifatturi… Benchì ca ’st’avvucatu mi pari smiciaciàtu», dice l’imputato Masillara. In Cappiddazzu paga tuttu (1917), la commedia scritta insieme a Pirandello, Don Jacu dice: «Chi? Chi faciti? E chi sugnu allura ddu smiciaciatu di Don Sucasimula? Va, dati cca, e pigghiativi ’u vostru!».
Qual è dunque il significato di smiciaciatu o meglio smiçiaçiàtu, secondo la trascrizione ortografica del Vocabolario Siciliano? A Biancavilla e in tutta la provincia di Catania, ma anche in altre province dell’Isola, significa “mingherlino, molto magro”; “smilzo, gracile”; ma localmente vale anche “rachitico, stentato, che è poco sviluppato”, e si dice pure di un “bambino vestito di abiti sbrindellati”. Molto interessante, come vedremo, è l’espressione di area orientale si fa-mmòriri smiçiaçiàtu! in riferimento a chi lesina su tutto, privandosi persino del necessario.
L’espressività del nostro aggettivo non è passata inosservata alle nostre scrittrici e ai nostri scrittori, che l’adoperano nelle loro opere, come Silvana Grasso:
Aveva speso una fortuna nei casini, ma solo cosí aveva onorato il sacramento del matrimonio che uno era e uno doveva … anzi piuttosto incarcagnato bassino, aveva un’aria smisciasciàta, di uno che soffre di stomaco, di colite o una cute lucida rossellina, ed era calvo tranne che sulla nuca trapaniata da peluzzi (Pazza è la luna).
Oppure Mario Di Bella, in un racconto tratto da Il salone del barbiere:
Il tempo ce l’avevano, sia lui che il mastro, e il tempo, da perfetto galantuomo, insieme alla paglia e qualche scoppolone di sveglia, avrebbe saputo fare maturare le nespole anche su quell’albero smisciasciato e ’nzitato malamenti (Il parrucchiere Franco).
O ancora Maria Antonietta Musumarra (La collina del giorno dopo):
Ognuno diceva la sua, tutti d’accordo però nel trovare Antonio un bocciolo di rosa e me un po’ troppo “smiciaciata” e bruttina.
Quale sarà l’origine del nostro aggettivo, è ora il caso di chiederci? Alla base di smiçiaçiàtu c’è il siciliano antico (XIV sec.) misasiátu (pàsciri li poviri et li misasiati) e a sua volta dal francese antico mesaise “stato di malessere, di sofferenza, di sconforto” da cui miçiàçiu e smiçiàçiu “inedia”; “miseria”, usato in frasi come mòriri di miçiàçiu “morire d’inedia”; in area ragusana irisinni di miçiàçiu “di sostanze, in genere alimentari, che si consumano gradatamente”, fari i cosi a-mmiçiàçiu “abborracciare”. Per sfuggire alla censura, un soldato palermitano, durante la I guerra mondiale, scrisse così alla famiglia: «la salute discretamente, salvo una certa dose di miciacio con conseguente stitichezza».
La voce francese è formata dal suff. sottrattivo mes– + aise “benessere”. Ci potremmo fermare qui, ma l’ant. francese aise, attraverso uno sviluppo semantico con riscontri nella stessa Francia e nei dialetti meridionali, continuatore del latino adiacens (ad + iacio), è giunto come prestito nel siciliano àciu ‘latrina, cesso’ e nell’it. agio. Lascio immaginare ai lettori e alle lettrici quale benessere o agio (aise) si sarà potuto trarre in una latrina.
PER SAPERNE DI PIU’
“La Sicilia dei cento dialetti” di Alfio Lanaia
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Cultura
Tra storia e psicologia sociale: Filadelfio Grasso scruta la mente dei briganti
“Nero su Bainco Edizioni”, una nuova prospettiva su una delle pagine più controverse tra ‘800 e ‘900

Il fenomeno del brigantaggio nel territorio etneo, in particolare nei comuni di Bronte, Adrano, Biancavilla, Santa Maria di Licodia, Paternò e Belpasso, ma anche – al di là del fiume Simeto – di Centuripe. Un fenomeno storico complesso, ora analizzato da Filadelfio Grasso, studioso e cultore di storia e tradizioni locali, apprezzato collaboratore di Biancavilla Oggi.
La ricerca di Filadelfio Grasso, dottore in Discipline psicologiche e sociali e in Scienze pedagogiche, offre non soltanto un punto di vista diverso, ma anche l’uso della lente della psicologia sociale. “Nella mente dei briganti”, volume pubblicato da Nero su Bianco Edizioni, esplora le radici del fenomeno. Lo fa attraverso il contesto storico dall’Unità d’Italia ai primi del Novecento, le dinamiche sociali e le condizioni economiche che spinsero uomini comuni a ribellarsi contro le ingiustizie, il modo in cui erano visti dalla comunità in cui vivevano.
Filadelfio Grasso, con documenti e testimonianze, focalizza l’attenzione su personaggi legati al nostro territorio. Non soltanto banditi, ma anche personalità emblematiche, travolte dalla rabbia e dalla disperazione in un’Italia postunitaria segnata da ingiustizie e promesse disattese.
Un’opera che va oltre il freddo racconto dei fatti e che indaga il pensiero, le emozioni e le motivazioni interiori dei briganti, offrendo una nuova prospettiva su una delle pagine più controverse e complesse della storia italiana.
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Chiesa
Nella chiesa dell’Annunziata restauri in corso sui preziosi affreschi del ‘700
Interventi sulle opere di Giuseppe Tamo, il parroco Giosuè Messina: «Ripristiniamo l’originaria bellezza»

All’interno della chiesa dell’Annunziata di Biancavilla sono in corso i lavori di restauro del ciclo di affreschi della navata centrale, della cornice e dei pilastri. Ciclo pittorico di Giuseppe Tamo da Brescia, morto il 27 dicembre 1731 e sepolto proprio nell’edificio sacro.
Gli interventi, cominciati a febbraio, dovrebbero concludersi a giugno, ad opera dei maestri Calvagna di San Gregorio di Catania, che ben conoscono hanno operato all’Annunziata per diversi restauri negli ultimi 30 anni.
Il direttore dei lavori è l’arch. Antonio Caruso, il coordinatore per la sicurezza l’ing. Carmelo Caruso. Si procede sotto l’alta sorveglianza della Soprintendenza ai Beni culturali e ambientali di Agrigento.
«Quest’anno la Pasqua è accompagnata da un elemento che è il ponteggio all’interno della chiesa. Il ponteggio – dice il parroco Giosuè Messina – permette il restauro della navata centrale e delle pareti, per consolidare l’aspetto strutturale della volta e ripristinare la bellezza originaria dell’apparato decorativo. Chiaramente questo ha comportato una rivisitazione del luogo, soprattutto con l’adeguamento dello spazio per permettere ai fedeli la partecipazione alla santa messa».
«In questa rivisitazione dei luoghi liturgici, l’Addolorata – prosegue padre Messina – quest’anno non ha fatto ingresso all’interno della chiesa a seguito degli spazi limitati, ma abbiamo preparato l’accoglienza in piazza Annunziata, esponendo anche esternamente la statua dell’Ecce Homo. La comunità, insieme ai piccoli, ha preparato un canto e poi il mio messaggio alla piazza. Un messaggio di speranza: le lacrime di Maria sono lacrime di speranza».
I parrocchiani dell’Annunziata stanno sostenendo le spese del restauro, attraverso piccoli lasciti e piccole offerte, per ridare bellezza a questo luogo di culto, tra i più antichi di Biancavilla.
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