Chiesa
Quella lite tra confraternita e clero: Sant’Antonio “recluso” per 56 anni
Il dissidio, esploso nell’immediato Dopoguerra, che fece vietare alla Curia la processione… fino al 2003

di Filadelfio Grasso
Ecco arrivato il mese che prelude all’estate, quello del gran caldo che tutti fa uscire di casa. Giugno 2020 sarà ricordato per molto tempo come il mese della fine del distanziamento sociale imposto dalla pandemia da Covid 19, e quindi della ripresa delle relazioni con amici, vicini, conoscenti…
Nella nostra terra, ai piedi dell’Etna, è il mese che profuma di zagara, invaso dalle rondini, delle maniche corte e dei giochi dei bambini per le strade.
È pure il mese delle processioni nei quartieri (che rispecchiavano questa voglia e bisogno di uscire e di socializzare): il Corpus Domini vivacizzava le stradine secondarie del nostro paese con canti, preghiere, petali di fiori che cadevano dai balconi al passaggio della “Sfera” (per i biancavillesi l’ostensorio con l’eucaristia). E poi il suono della banda, le bombe che squarciavano il cielo sereno, e i fidanzati che si incontravano dietro gli angoli.
Gesti e contesti antichi e sempre attuali che cambiano nelle forme ma non nei contenuti, impensabili in questo periodo che ancora prevede molteplici restrizioni a motivo della pandemia.
E giugno era anche il mese della “tredicina” di Sant’Antonio, il santo invocato per la salute dei bambini, per ritrovare oggetti smarriti (e per estensione anche per ritrovare, ad esempio, la pace perduta a causa di una lite…), e per fare trovare il marito alle ragazze nubili che si avvicinavano ai vent’anni! La “tredicina” richiamava persone da tutti i quartieri del paese presso la chiesetta che sorge in via Innessa, da quasi trecento anni.
La festa (spostata a volte all’ultima domenica), toccava l’apice con la processione, alla quale partecipava la Confraternita, i canonici e centinaia di devoti, molti dei quali indossavano “u utu” (il voto – una tunica, tipica dei francescani – per aver ottenuto una grazia).
Un fatto insolito, però, avvenne il 13 giugno del 1946. Terminato il periodo bellico, l’entusiasmo e la voglia di andare per le strade, indussero i confrati che portavano la statua, giunti alla piazza dell’Idria, a deviare il giro consueto e a dirigersi verso Villa delle Favare, nonostante il dissenso del clero. Scappò qualche parola di troppo fino a che le due “fazioni” (clero con la reliquia e confrati con la statua) presero per due direzioni diverse.
Il giorno dopo, il rettore della chiesa, don Salvatore Patti, informò la Curia di Catania dello spiacevole accaduto e questa rispose con una lettera che proibiva da quell’anno in poi ogni manifestazione esterna per la festa di Sant’Antonio a Biancavilla. Per i biancavillesi “sant’Antuninu fu cunnannatu da’ Chiesa”, e si diffuse la leggenda metropolitana che se la statua avesse messo il naso fuori, si sarebbero scatenati tremendi temporali!
Si dovette aspettare il 2003, dopo il nulla osta della Curia, per rivedere in giro il volto roseo e rassicurante del Santo. Una festa con migliaia di devoti al seguito del simulacro e delle reliquie. Poi regolarmente ripetuta (sotto il video con un momento della festa organizzata nel 2017).
Oggi, al tempo del Coronavirus, questa festa assume aspetti nuovi, diversi e, per certi versi, affascinanti: niente processione (per la Conferenza Episcopale Siciliana è ancora prematuro compiere tali manifestazioni pubbliche) ma ci sono i social media che parlano continuamente del Santo, presentando immagini, programmi e preghiere che attirano centinaia di “mi piace”. In diverse comunità parrocchiali e nel convento dei Frati Minori viene ricordato con la tradizionale benedizione del pane, rigorosamente avvolto nel cellofan per motivi di sicurezza.
La chiesetta di via Innessa, invece, muta e triste, ci racconta di altre storie e aspetta, dopo il terremoto del 2018, di poter essere come un tempo il punto di incontro dei fedeli di tutti i quartieri di Biancavilla…
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Chiesa
Giubileo delle confraternite, in 80 da Biancavilla per l’insediamento del Papa
Delegazioni di cinque congregazioni: sono state le più numerose provenienti dalla diocesi di Catania

C’è chi, a Roma, ha portato il medaglione. Altri sono andati con il proprio abito tradizionale. Segni distintivi, che esprimono appartenenza e identità culturale, oltre che fede religiosa.
Da Biancavilla sono andati in 80 a Roma per partecipare al Giubileo delle confraternite. Un folto gruppo, il più numeroso partito dall’Arcidiocesi di Catania. I biancavillesi che hanno preso parte al pellegrinaggio appartengono alle confraternite del Santissimo Sacramento, del Rosario, della Mercede, di San Giuseppe e dell’Idria.
Arrivati venerdì a Roma, i gruppi hanno partecipato al pellegrinaggio verso la porta santa, aperta da Papa Francesco la scorsa notte di Natale. Quindi, la processione monumentale tra il Colosseo ed il Circo Massimo con la partecipazione delle più importanti confraternita provenienti da tutto il mondo. E poi, la partecipazione alla messa di insediamento di Papa Leone XIV in piazza San Pietro.
Un’occasione, dunque, per queste realtà associative, di vivere il Giubileo come un momento di comunione ecclesiale con l’opportunità di rinnovare il loro impegno nella fede e nel servizio. Le confraternite hanno testimoniato così la ricchezza della pietà popolare e la vitalità di una fede che ha attraversato i secoli.
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Chiesa
Eletto Papa Leone XIV, le campane suonano a festa nella basilica pontificia
Il titolo alla chiesa madre di Biancavilla fu conferito nel 1970 da Paolo VI con propria bolla

La Chiesa cattolica ha eletto il Papa: è l’americano Robert Francis Prevost, che ha preso il nome di Leone XIV. In coincidenza con la fumata bianca, a Biancavilla campane a festa in chiesa madre, che è anche basilica pontificia (oltre che Collegiata e Santuario). Un dettaglio che la lega direttamente al Papa.
Il titolo di “basilica minore pontificia” risale al 1970: un riconoscimento avuto con bolla “In Sanctissimam Cristi Matrem” di Papa Paolo VI. Un titolo speciale che in genere si dà per importanza storica, spirituale o architettonico e che implica un legame particolare con il Papa.
Le basiliche pontificie hanno il privilegio di esporre simboli come il padiglione papale, il tintinnabulum (campanella processionale), lo stemma papale e talvolta la concessione di indulgenze speciali.
Dopo la morte di Bergoglio, all’esterno della chiesa biancavillese era stato rimosso l’ovale con lo stemma araldico di Papa Francesco. Un segno della sede apostolica vacante. Si attende ora che venga esposto lo stemma del nuovo pontefice.
Su Leone XIV si concentrano attese e speranze dei fedeli cattolici. A farsi interprete di questi sentimenti il sindaco di Biancavilla, Antonio Bonanno: «Accogliamo con gioia e speranza l’elezione di Papa Leone XIV. In un tempo segnato da divisioni e incertezze, la sua figura rappresenta un richiamo universale ai valori della pace, della solidarietà e della fraternità. A nome dell’intera comunità di Biancavilla, esprimo l’augurio che il suo pontificato possa essere fonte di serenità e guida spirituale per il mondo intero».
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