Cronaca
Pizzo sui funerali, sei condanne e un’assoluzione in Corte d’Appello

Sei condanne (con pene ridimensionate rispetto a quelle inflitte in primo grado) e un’assoluzione. Così si è espressa la seconda sezione penale della Corte d’appello di Catania nella sentenza relativa ai procedimenti scaturiti dai blitz “Onda d’urto” e “Reset”, nello stralcio con rito abbreviato.
I fatti si riferiscono alle estorsioni imposte dai gruppi criminali di Biancavilla (eredi del vecchio clan Toscano-Mazzaglia-Tomasello) all’impresa di pompe funebri della famiglia Arena, i cui titolari, Orazio e i figli Giuseppe e Luca, sono stati determinanti alle indagini, tanto che oggi sono nel programma di protezione per testimoni di giustizia.
Rispetto alle condanne che erano state inflitte dal giudice Giuliana Sammartino (complessivamente 60 anni), in Appello –dove il procuratore generale Antonino Nicastro aveva chiesto la conferma delle pene di primo grado– si sono registrate delle “sforbiciate”.
In particolare, Alfio Ambrogio Monforte (ritenuto personaggio chiave) è stato ora condannato a 8 anni e 10 mesi di carcere e il figlio Vincenzo a 6 anni e 4 mesi e 6mila euro di multa (entrambi sono stati assolti –perché il fatto non sussiste– dall’accusa di una tentata estorsione, riferita al procedimento “Onda d’urto”).
Fabio Amoroso è stato condannato a 5 anni e 2 mesi di reclusione e 4600 euro di multa, Gregorio Gangi a 5 anni e sei mesi, Vincenzo Panebianco a 6 anni e 4 mesi e 6400 euro di multa, Carmelo Vercoco a 6 anni e 6mila euro di multa.
Alfio Muscia, che in primo grado aveva avuto una pena di 6 anni, è stato assolto dall’accusa di illecita concorrenza con minacce o violenza perché il fatto non sussiste.
Nei suoi confronti, però, la sentenza dispone l’invio degli atti alla Procura affinché possa valutare nuove indagini a suoi carico per il reato di associazione mafiosa.
Entro 90 giorni saranno depositate le motivazioni che hanno portato la Corte d’appello a quest’ultima sentenza.
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Cronaca
Stranieri sfruttati sul lavoro: nei guai biancavillese a capo di una cooperativa
L’uomo, presidente del Consiglio di amministrazione, denunciato assieme ad altre due persone

Un 32enne di Biancavilla, con precedenti penali, è fra i tre denunciati dal Nucleo Ispettorato del Lavoro di Catania nell’ambito di controlli contro lavoro irregolare e caporalato. L’uomo, presidente del consiglio di amministrazione di una cooperativa agricola, è ritenuto responsabile di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.
I controlli hanno portato alla luce un sistema illecito di reclutamento e impiego della manodopera. Le vittime sono due lavoratori stranieri in condizioni di forte vulnerabilità.
Oltre al biancavillese, sono sotto indagine un 38enne marocchino residente ad Adrano, incensurato, che agiva come caporale e intermediario per conto della stessa cooperativa, e un altro 38enne di Scordia, con precedenti, che di fatto collaborava con l’azienda.
Secondo quanto emerso dagli accertamenti, i lavoratori extracomunitari venivano impiegati in condizioni lavorative ritenute altamente degradanti. Evidenziati retribuzioni ben al di sotto di quanto previsto dal contratto collettivo nazionale, turni di lavoro eccessivi e ambienti privi delle minime misure di sicurezza.
L’indagato di origini marocchine è inoltre accusato di estorsione. Avrebbe minacciato uno dei due lavoratori di licenziamento se non gli avesse restituito parte della già esigua paga percepita.
A conclusione delle attività, i due lavoratori sono stati affidati a una struttura protetta, gestita da un’organizzazione internazionale per le migrazioni. Adesso potranno ricevere assistenza e protezione.
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Cronaca
Evade dai domiciliari per le sigarette alla moglie: «È un inferno se non fuma»
Singolare “giustificazione” di un 52enne residente a Biancavilla in giro con la bicicletta a Catania

I carabinieri della stazione di Catania Playa hanno arrestato un pregiudicato 52enne, residente a Biancavilla ma domiciliato a Catania, nella zona di Ippocampo di Mare. L’uomo doveva trovarsi ai domiciliari per reati contro il patrimonio. Però, i militari lo hanno sorpreso mentre, in bici, percorreva via San Francesco La Rena. Ha tentato di passare inosservato con il volto coperto da cappuccio e sciarpa, ma è stato fermato e identificato.
Di fronte alla constatazione della violazione, il 52enne ha cercato di giustificare la sua presenza fuori casa con una spiegazione singolare. Ha sostenuto di essere uscito per acquistare le sigarette alla moglie, una “accanita fumatrice” che, in mancanza di nicotina, si sarebbe irritata al punto da trasformare la giornata in un “inferno domestico”.
Una giustificazione che non ha però evitato l’arresto, eseguito sulla base degli elementi raccolti e ora al vaglio dell’Autorità Giudiziaria, che ha convalidato il provvedimento e disposto il ripristino della misura degli arresti domiciliari.
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