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Un piano di “lacrime e sangue”: anche l’opposizione vota a favore

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di Vittorio Fiorenza

L’espressione colorita, che delinea bene la prospettiva a cui andiamo incontro, è del consigliere Vincenzo Amato, esponente della maggioranza che sostiene Antonio Bonanno: «Il periodo è molto delicato, ci attendono lacrime e sangue per coprire il grosso buco che ci è stato lasciato. Il nostro programma elettorale da realizzare? Lo possiamo stracciare, ci tocca riparare quello che abbiamo ereditato». Il riferimento è alla disastrata situazione economico-contabile del Comune, per la quale Giunta ed assemblea cittadina sono state investite per evitare il baratro. Il default è uno spettro che si agita sempre con maggiore vigore. È una corsa contro il tempo perché non si arrivi al capolinea tanto temuto dalle pubbliche amministrazioni: dissesto.

«Lascio i conti in ordine», aveva garantito il predecessore di Bonanno. Non era per niente vero. A smentirlo con un’impietosa relazione sono stati i magistrati contabili. Come aveva già svelato Biancavilla Oggi, la Corte dei conti ha contestato al Comune una serie di criticità. Nove rilievi, per l’esattezza, riferiti ai rendiconto 2015 e 2016 e alla mancata adozione dei correttivi sul consuntivo 2014. Primo fra tutti: l’incapacità a riscuotere i tributi e l’assenza di misure per contrastare l’evasione. Non c’entrano, quindi, solo i minori trasferimenti di Stato e Regione per spiegare la voragine dei conti comunali. Le inadempienze, specificano i magistrati contabili, riguardano essenzialmente i tributi locali e i mancati introiti sono frutto di scelte o mancate scelte politiche. Altre criticità riguardano il ricorso all’anticipazione di cassa (che non dovrebbe essere un atto consueto, ma straordinario), l’eccesso di debiti fuori bilancio, l’inadeguato funzionamento degli Uffici Tributi e Contenzioso.

Fatto sta che adesso tocca all’amministrazione Bonanno riempire la voragine provocata da chi c’era prima di lui ed essere credibile davanti al rigoroso esame della Corte dei conti. In questo contesto, il Consiglio Comunale è stato chiamato a fare la sua parte. Una parte fondamentale, visto che ha votato ed approvato una sorta di decalogo contenente le “misure correttive” da attuare. Lo ha fatto con voto unanime.

Aliquote in rialzo, riscossione forzata

Cosa prevedono queste “misure correttive”? Dalle tre pagine di deliberazione, salta un punto in particolare: «L’Ente si impegna a rivedere tutti i programmi di spesa, provvedendo a ridurli in misura adeguata a renderli compatibili alle reali disponibilità finanziarie e/o incrementare le entrate attraverso la rimodulazione delle aliquote e delle tariffe». In altre parole, vuol dire aumentare tasse e tributi (più di quanto lo siano già) e tagliare spese e servizi (per la prima volta la seduta consiliare, giusto per dare un assaggio del “nuovo corso”, si è svolta in assenza di vigili urbani per ragioni di “risparmio”).

Altra misura fondamentale è la riscossione coattiva da affidare all’Agenzia delle entrate: chi è in debito con il Comune ed è arrivato alla fase dell’ingiunzione potrebbe vedersi sottoposto a “prelievi” forzati, secondo quanto previsto dalle normative. Ebbene sì, sono i sacrifici a cui faceva riferimento il consigliere Amato.

Tutte misure (assieme ad altre) di cui cittadini e imprese di Biancavilla potrebbero vedere presto gli effetti. Tutte misure votate favorevolmente dall’intera maggioranza e pure da tutti i gruppi di opposizione (Biancavilla 2.0, SiAmo Biancavilla, Movimento 5 Stelle). Ma non è finita qui: se il piano adottato non avrà adeguata efficacia, non si esclude di adottare la procedura assai dolorosa del cosiddetto “pre-dissesto” con la possibilità di arrivare al vero e proprio crac, mandando il Comune a gambe all’aria. Uno scenario drammatico, che si tenterà di evitare ma che nessuno oggi può escludere.

In ballo il Giudice di pace

Ad ascoltare il dibattito consiliare, tuttavia, sembra che non sia stata avvertita del tutto la gravità del momento storico. Mai, prima d’ora, il Comune di Biancavilla si era ritrovato con parametri così comatosi. Buona parte della discussione in aula si è, però, concentrata non tanto sulle conseguenze verso cittadini e imprese del corso di rigore da intraprendere. Ma sulla paventata soppressione della sede del Giudice di pace. Cosa c’entra con le misure correttive da inviare alla Corte dei conti? È presto detto.

Tra le soluzioni individuate nel piano di riordino generale vi è –come chiedono i magistrati contabili– il potenziamento degli Uffici Tributi e Contenzioso, negli anni lasciati praticamente alla deriva. Per incrementare il personale dei due uffici, dotandoli di figure competenti, si era pensato di richiamare i dipendenti che al momento il Comune “presta” per il funzionamento della sede giudiziaria locale. Questo avrebbe comportato, di fatto, la chiusura del Giudice di pace.

È stato il consigliere Dino Asero del Movimento 5 Stelle a sollevare la questione e a contestare questa scelta, chiedendo soluzioni alternative per evitare disagi ai cittadini e cancellare un ufficio che funziona. Da parte del sindaco Antonio Bonanno è stato precisato che non vi è alcun atto comunale di soppressione della sede giudiziaria. Ma soltanto un intendimento, dettato da ragioni organizzative, gestionali e di spending review (quell’ufficio costa 150mila euro all’anno).

Il primo cittadino ha evidenziato che, rispetto alla complessità delle misure, quel punto è da ritenere marginale, ricordando peraltro che per effetto della riforma del Codice di procedure civile, comunque la sede giudiziaria sarà soppressa nel 2021. Ad ogni modo, vista la tenacia di Asero, dalla proposta di delibera si è eliminata questa parte, salvando –almeno sulla carta– gli uffici di via Turati. Così, il voto finale al piano sui correttivi è stato un sì corale e unanime. Senza il riferimento al Giudice di pace, ma con un lungo elenco di “lacrime e sangue”. Approvato da tutti.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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1 Commento

1 Commento

  1. francesco

    20 Marzo 2019 at 19:19

    Ed in tutto ciò, che fanno? Chiudono il Giudice di pace, l’unico presidio locale di giustizia per i cittadini, di fatto a costo zero, se fosse stato trasferito in locali di proprietà comunale, piuttosto che in un edificio in affitto. Pretendono il pagamento della tassa dei rifiuti delle abitazioni di villeggiatura, calcolata per 365 giorni all’anno, come se il cittadino avesse il dono dell’ubiquità, visto che gran parte di quei 365 giorni li trascorre in paese, senza quindi avere la capacità di produrre rifiuti contemporaneamente in 2 luoghi diversi. Aumentano le aliquote degli altri Tributi.
    In parole povere la cattiva amministrazione crea i buchi finanziari ed il cittadino è chiamato a tapparli?
    Ma che paese è mai questo?

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Politica

Biancavilla 2023, quei ragazzi di destra che hanno ribaltato la storia politica

Tre generazioni, uno scatto fotografico: dal Fronte della gioventù ad Azione Giovani fino ad Atreju

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C’è uno scatto fotografico – in questa competizione elettorale di Biancavilla finita con il trionfo di Antonio Bonanno – che più di ogni altro racconta la svolta epocale dell’80%. È quello che vede, sul palco di piazza Roma, durante l’ultimo comizio, Vincenzo Giardina e Vincenzo Randazzo con al centro Bonanno. È uno scatto, fatto casualmente tra decine di tanti altri. Ma ha la capacità di riassumere una storia che parte da lontano. Lì ci sono tre generazioni di militanti della destra biancavillese, formatasi e cresciuta in quel luogo politico che era la “sezione”.

Tre generazioni che hanno mosso i primi passi nelle organizzazioni giovanili, dal Fronte della gioventù ad Azione Giovani, dalla Giovane Italia ad Atreju (stessa realtà in cui si è formata Giorgia Meloni). Un’evoluzione che dal Movimento Sociale Italiano, passando per Alleanza Nazionale e il Popolo delle libertà, arriva a Fratelli d’Italia. Dalla “fiamma” di Giorgio Almirante alla fiaccolata per Paolo Borsellino. Da forza emarginata a guida del governo, dell’Italia e di Biancavilla.

Il tabù storico era stato frantumato già nel 2003 da Mario Cantarella: primo sindaco di destra nella Biancavilla repubblicana (con Andrea Ingiulla tra gli assessori!). Ma è Antonio Bonanno a portare il partito su vette inesplorate: primo sindaco di destra a conquistare il doppio mandato e (in assoluto) ad avere ottenuto 8 preferenze ogni 10, con una coalizione che per la prima volta vede i centristi trainati perché usciti malconci dalle urne.

In questa percentuale è inclusa una sostanziosa dose di demeriti, inadeguatezze, incapacità, assenze degli avversari. Così, di converso, è la sinistra biancavillese che sprofonda nel più basso dei risultati di consenso e di rappresentanza dall’epoca risorgimentale ad oggi. Un cataclisma da far tremare il cuore della storia. Sarebbe una banalità cosmica attribuire la responsabilità ad Ingiulla o alle “otto liste contro una“: ne parleremo in un articolo a parte.

Torniamo, quindi, alla foto con Randazzo e Giardina assieme al sindaco. Abbiamo conosciuto il primo nell’era dell’amministrazione Manna (dal 1994 al 2003). Lui era il maggiore oppositore: sapeva leggere le carte, le studiava, attaccava in Consiglio con argomentazioni accurate e citazioni auliche. Esponente di An, ma la scuola era quella del Msi. Lo ascoltavano tutti con attenzione dai banchi dell’allora maggioranza. Rappresentava la destra, praticamente in solitaria. Mai avrebbe potuto pensare allora – stagione in cui Manna era dipinto sui manifesti come “l’imperatore di Biancavilla” per il suo strapotere – che venticinque anni dopo sarebbe diventato assessore con una destra che ha ribaltato e riscritto la storia politica di questa città, ormai ampiamente “ex” roccaforte rossa.

A Giardina, invece, lo ricordiamo, sempre nell’era Manna e degli inossidabili diessini (i Democratici di sinistra), militante sbarbatello di Azione Giovani. Era stato portato nella sezione di via Vittorio Emanuele (tappezzata con manifesti ruggenti e le foto di Almirante a Biancavilla) da Placido Sangiorgio, quando presidente dell’organizzazione era Enrico Indelicato. Tra gli altri militanti, Sergio Atanasio, Gianmarco Rapisarda, Nino Lavenia, Rino Mauceri, Francesco Cantarella (per citarne alcuni). Un gruppo affiatato che si divertiva a fare opposizione con il classico volantino e pure con un giornalino, “Zoom, Obiettivo Biancavilla”, distribuito in 400 copie.

Non c’era ancora Antonio Bonanno. Troppo piccolo: frequentava le elementari. Ma dell’organizzazione giovanile della destra, l’attuale sindaco vanterà poi una scalata che, da Biancavilla, lo porterà a capo del coordinamento provinciale di Catania, proprio su nomina di Giorgia Meloni. Attorno a lui, un gruppo rimasto sempre legato, nelle vittorie e nelle sconfitte: Dino Caporlingua, Salvo Pulvirenti e Mauro Mursia, Angelo D’Urso e Alberto Papotto, Antonio Fiorello e Salvo Bonaccorsi… Gli stessi di sempre: un’autentica comunità politica.

Una comunità consapevole delle proprie radici, ma non assimilabile a cliché ideologici ed inutili nostalgismi: mai uno scivolone, tale da animare lo spettro del pericolo “fascista” a Biancavilla. Piuttosto, quella rappresentazione generazionale in foto ha dimostrato senso delle istituzioni e piena maturazione.

Non è casuale, forse, se alla fine del comizio, scesi dal palco, quei tre “ragazzi di destra”, diventati classe dirigente e di governo, siano stati riconosciuti dal loro mentore comune come gli eredi di quella storia che parte da lontano. «Adesso posso ritirarmi, sicuro di lasciare il testimone in buone mani», ha detto in sostanza Mario Cantarella. Parole che racchiudono l’essenza di una comunità politica.

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