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Cultura

“Biancavilla Documenti” a Bonanno: «Ricordare Gian Tommaso Moncada»

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Fu colui che, alla fine del XV secolo, promuovendo e sollecitando gli atti “autorizzativi”, consentì al gruppo di profughi proveniente dalla sponda opposta dell’Adriatico, di insediarsi alle falde dell’Etna, fino a costituire quel nucleo urbano che sarebbe poi diventato Biancavilla.

È Gian Tommaso Moncada, conte di Adernò, personaggio- chiave nelle vicende delle origini storiche della comunità biancavillese. Eppure, niente oggi ricorda il suo nome.

«Quest’anno ricorre il 530° anniversario (1488-2018) della “Licentia Populandi” e della concessione dei “Privilegi” da parte della Reggenza Spagnola (ne fu artefice Gian Tommaso Moncada, conte di Adernò), agli esuli greco-albanesi, arrivati nelle nostre contrade di Callicari e Poggio Rosso, appartenenti alla contea di Adernò».

A scriverlo, in una lettera inviata al sindaco Antonio Bonanno, sono Antonio Zappalà e Salvuccio Furnari, rispettivamente presidente e segretario dell’associazione culturale “Biancavilla Documenti”, che chiedono ora l’intitolazione di uno spazio pubblico.

«Attraverso quegli atti giuridici, di fatto, Moncada si fece promotore di quella che può essere considerata la genesi amministrativa e civile della nostra attuale Biancavilla», viene sottolineato.

Da qui, l’idea di un’area cittadina da dedicare alla memoria del conte Moncada, «al fine di rendere omaggio in maniera tangibile e permanente alla figura ed al ruolo dell’illustre personaggio, in occasione della ricorrenza dell’emanazione di quegli atti giuridici fondativi della comunità biancavillese».

L’associazione “Biancavilla Documenti” indica il luogo ritenuto adeguato all’intitolazione, ovvero «l’area pubblica di viale dei Fiori attualmente utilizzata come parcheggio, nei pressi della rotatoria “Pedata di San Placido” ed il centro commerciale Famila, quasi al confine con Adrano, da dove inizia via Casale dei Greci. Una scelta, questa, che tende ad unire –più di quanto non lo siano già– le due comunità, biancavillese ed adranita».

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Cultura

Il maestro di fotografia Giuseppe Leone e il prezioso “lascito” per Biancavilla

La scomparsa all’età di 88 anni, il ricordo dell’ex assessore alla Cultura nella Giunta Manna

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È scomparso a Ragusa, all’età di 88 anni Giuseppe Leone, uno degli ultimi grandi interpreti della fotografia in Sicilia. Una figura originale di fotoreporter che ha raccontato l’Isola, il suo paesaggio, il mondo contadino, la condizione della donna ma anche la cultura: era amico di Leonardo Sciascia, Vincenzo Consolo, Gesualdo Bufalino. Nel 1997 dedicò diversi scatti anche a Biancavilla, su invito dell’allora assessore alla Cultura per la realizzazione del calendario del Comune. Oggi quella pubblicazione cartacea ha valore di opera d’arte. Di seguito, per Biancavilla Oggi, il ricordo di Nino Longo.

Al tempo in cui ero assessore alla Cultura della prima sindacatura di Pietro Manna, seguivo con una certa passione delle riviste di fotografia come “Reflex Progresso fotografico” e “Zoom “. In esse avevo letto un servizio su Giuseppe Leone e di una sua pubblicazione sull’architettura barocca nella Sicilia sudorientale. Avendo progettato di realizzare un Calendario sui Beni Culturali nel nostro Comune, mi venne l’idea di contattare il nostro famoso fotografo per proporgli il lavoro.

L’Ufficio riuscì a contattarlo e gli demmo un appuntamento. Lui venne e si mise a disposizione, mettendo alcune condizioni. Non ricordo la sua richiesta   in ordine al suo onorario, ma esso non fu particolarmente oneroso. Le condizioni da lui poste furono che le foto fossero in bianco e nero e che la scelta dei soggetti fotografici fosse solo sua e non sulla base delle richieste dell’Amministrazione. Lui poi venne a Biancavilla e andò in giro da solo, anche di notte.

La sua attenzione fu posta su diversi angoli del paese e soprattutto sulla “materia” della pietra lavica, su scorci architettonici e su semplici personaggi che si trovavano a passare casualmente o sostavano in certi angoli. Oltre alla “materia” il suo “occhio fotografico” si soffermava sugli effetti del chiaro/scuro e sulla “semplicità” dei soggetti umani.

Così noi scoprimmo il particolare effetto di certe immagini che avevamo sotto gli occhi ma che non avevamo “veramente visto”. Ed ecco il signor Torrisi sotto l’arco di San Giusippuzzu, le devote davanti “u Tareddu” di via Mongibello, il monello davanti all’arco di via Brescia, i confrati all’accompagnamento funebre, il suonatore di ciaramella. Ma anche in lontananza la chiesetta dell’eremo di Badalato, con l’enorme mole dell’Etna, i vecchi mulini ad acqua di Rollo, il basolato di via Innessa, di via Tutte Grazie, via preside Caruso, il portale della chiesa di Sant’Orsola.

Ne è venuta fuori una città antica ma vissuta, i cui personaggi si inserivano nell’insieme dei paesaggi, con i manufatti in evidenza. La vita vera, non retorica, non celebrativa. I nostri “monumenti” importanti messi da parte.

Il calendario è piaciuto a tutti; è andato anche all’estero. Qualche foto è stata esposta anche a New York, mi dicono. Molti cittadini, nel tempo, hanno riproposto alcune immagini, senza neanche sapere che erano parte di un calendario del comune di Biancavilla del 1997.

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