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Cronaca

Caso della “Ambulanza della morte”, rito abbreviato per Agatino Scalisi

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di Vittorio Fiorenza

Il caso dell’ambulanza della morte, sollevato e denunciato dal programma Mediaset “Le Iene”, che vede gli adraniti Davide Garofalo e Agatino Scalisi come imputati, ha avuto il suo passaggio in udienza preliminare davanti al giudice Giovanni Cariolo per la discussione della richiesta di rinvio a giudizio, avanzata dal pubblico ministero Andrea Bonomo.

Quattro omicidi che sarebbero avvenuti con iniezioni d’aria nelle vene. Le presunte vittime: persone in fase terminale, appena dimesse dall’ospedale di Biancavilla e trasportate con un’ambulanza privata nelle rispettive abitazioni. Nel breve tragitto –stando alle accuse– le volontarie uccisioni, così da organizzare i funerali e avere una “provvigione” di 200-300 euro dall’agenzia, somma ben più alta del semplice trasporto del paziente. Un orrore, secondo la Procura di Catania.

Scalisi, a piede libero, accusato di un omicidio, assistito dall’avv. Antonino Tomaselli, seguirà il rito abbreviato: udienza fissata al prossimo aprile. La posizione di Garofalo (rinchiuso nel carcere catanese di Bicocca), a cui la Procura attribuisce tre omicidi, assistito dall’avv. Turi Liotta, sarà discussa domani, 25 ottobre.

Sia ad Agatino Scalisi che a Davide Garofalo viene contestato, in concorso con un terzo soggetto, Marco Donzì (per il quale è aperto un altro, distinto procedimento) anche il reato di estorsione, aggravato dal metodo mafioso, ai danni della famiglia Arena, titolare dell’omonima agenzia di pompe funebri.

Il Gup ha ammesso le richieste di costituzione di parte civile. Figurano quattro familiari di una presunta vittima (per le altre tre non si è presentato nessuno), Orazio Arena con i figli Giuseppe e Luca, l’Asp di Catania, il Comune di Biancavilla, il Codacons e l’associazione “Libera Impresa”.

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Cronaca

Fuochi d’artificio e rombi di motori per l’ultimo saluto ad Antonio Andolfi

Funerali nella chiesa del “Santissimo Salvatore” per il giovane ucciso nelle campagne di Centuripe

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Fuochi d’artificio fuori dall’abitazione di Spartiviale, all’ingresso della chiesa del “Santissimo Salvatore” e al cimitero. Un corteo con moto e scooter lungo le strade del centro storico. Clacson e rombo di motori. Striscioni e palloncini. Applausi e lacrime.

Così è avvenuto l’ultimo saluto ad Antonio Andolfi, il giovane biancavillese di 20 anni ucciso con un colpo di pistola, durante un inseguimento, nelle campagne di Centuripe.

I funerali li ha celebrati il parroco don Salvatore Verzì. All’interno della chiesa di viale Europa, silenzio e raccoglimento, attorno alla bara bianca.

«Bisogna alzare lo sguardo a Cristo – ha detto padre Verzì – perché guardando Cristo l’uomo, chiunque esso sia, può ritrovare la vera immagine di sé e così non fare del suo cuore un luogo di barbarie». Il sacerdote si è rivolto in modo particolare ai giovani presenti: «La vita è sacra, altrimenti è davvero la barbarie. Solo Cristo ha il potere di liberarci della morte qualsiasi forma essa assuma».

Per ragioni di prevenzione di ordine pubblico, a seguire e monitorare lo svolgimento, come accade in casi del genere, c’erano carabinieri in divisa e in borghese.

Indagini ancora in corso

Sul fronte delle indagini, nonostante sia stato sottoposto a fermo il 46enne Salvatore Santangelo per gravi indizi di colpevolezza, il lavoro dei militari non è ancora concluso. Proseguono approfondimenti e acquisizioni di informazioni. Il fascicolo dell’inchiesta è ora sul tavolo della Procura di Enna, competente per territorio.

Il movente è stato indicato in una serie di dissidi tra il presunto omicida e la vittima per questioni legate a terreni e pascoli di ovini. Al vaglio degli inquirenti, episodi che si riferiscono agli ultimi due anni. L’ultima discussione è degenerata in lite. Ne è nato un inseguimento nelle strade di campagna. Santangelo, con la sua jeep, si è ritrovato affiancato al furgoncino in cui viaggiava Andolfi, e ha cominciato a sparare. Almeno tre colpi di pistola. Uno ha centrato il giovane al torace, come accertato pure dall’esame autoptico.

Il conducente del furgone – anche lui allevatore – ha proseguito la corsa fino all’ospedale di Biancavilla, ma il 20enne era già spirato durante il tragitto. Ai carabinieri della compagnia di Paternò e della stazione di Biancavilla è bastato poco per rintracciare Santangelo, che non era ancora rientrato a casa e che subito ha assunto un atteggiamento collaborativo.

Assistito dall’avv. Giuseppe Milazzo, si attende per lui una nuova convalida del fermo da parte del gip del Tribunale di Enna, dopo quello disposto in un primo momento a Catania. Resta chiuso in una cella del carcere catanese di piazza Lanza. Gli vengono contestati l’omicidio di Andolfi, il tentato omicidio del conducente del furgoncino e il porto illegale d’arma da fuoco.

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