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Terremoto, santi e superstizioni: padre Pino Salerno a cuore aperto

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Il terremoto e la devozione popolare per i santi patroni, gli atti di sciacallaggio ed il ritrovarsi “comunità”, le fake news sugli eventi sismici e le superstizioni all’epoca dei social network. A quasi due settimane dalla forte scossa che ha sconvolto il sonno dei biancavillesi ed il clima delle festività religiose, è possibile intavolare qualche riflessione. Lo facciamo con il prevosto di Biancavilla.

Padre Pino Salerno, quelli vissuti in questo mese sono stati eventi che hanno messo a dura prova l’interna comunità.
Certamente il sisma ci ha scioccati perché, da un punto di vista emotivo, non siamo stati mai abituati a scosse di questa portata. Il Vulcano ha fatto tremare la terra, ma in genere non ha provocato panico. Invece questo terremoto nel cuore della notte ci ha sorpreso e spaventato. In quei momenti abbiamo pensato fosse la fine.

Momenti che inducono a riflessioni più profonde.
Dopo quei terribili momenti, inevitabilmente, è subentrata una riflessione sul valore della vita: in un secondo può cambiare la nostra esistenza, la nostra storia, il nostro futuro.

Superata la paura, cosa rimane adesso?
Credo che dopo la paura ci sia adesso una grande voglia di ripresa. Io cercato di dare molta speranza alle persone, anche in riferimento ad episodi di sciacallaggio con persone che approfittano della buona fede e del momento di panico per far passare superstizioni, paure o addirittura visioni apocalittiche.

Ma è mai possibile che, oggi, nel 2018, sia passata pure questa visione? Associare addirittura il terremoto ad una sorta di maledizione?
Abbiamo tre patroni: San Zenone, la Madonna e San Placido. Le intemperie quest’anno hanno impedito le festività. Su Zan Zenone, poi, la cui devozione è stata ripresa da poco, non ha avuto la sperata partecipazione. E le persone trasferiscono le loro paure ai santi. Io dico sempre che i santi non lottano tra loro: sono santi e basta. Siamo noi che trasferiamo le nostre ansie e le nostre contraddizioni agli eventi che diventano poi “determinanti” per leggere la nostra vita presente. Noi non siamo profeti apocalittici, ma profeti di speranza. Dobbiamo leggere i segni per guardare noi stessi e affrontare la vita con questa speranza.

Ma una fede matura non scade nella superstizione “medievale”.
Sì, questi eventi calamitosi scoperchiano il nostro substrato culturale che torna indietro al medioevo, molto basso. Ancora elementi di superstizioni rimangono: si abbandona la fede, per esempio, per seguire ciò che ci dice l’oroscopo, i cartomanti o i maghi. Questo ritorno al passato va debellato, va corretto, soprattutto con una sana evangelizzazione. Non dobbiamo dimenticare che la natura non è perfetta e segue il suo corso di imperfezione. Terremoti e calamità sono il frutto di una imperfezione della natura. Dobbiamo essere pronti e preparati.

Tocca il tema della prevenzione.
Certamente. Oggi abbiamo il dovere di prendere coscienza su come costruire con la prevenzione. Altro aspetto da considerare: non siamo abituati ad evacuare e dirigerci nei posti che sono segnalati dalla protezione civile. Non c’è conoscenza su come comportarsi in caso di terremoto e c’è un difetto di comunicazione.

Da uomo di Chiesa, alla comunità cattolica di Biancavilla, cosa si sente di dire?
Dobbiamo essere uomini di speranza, che significa anticipare nell’oggi la gioia futura. Per noi credenti, la gioia è Dio, che ci vuole nel presente ma ci aspetta nel suo Regno definitivo, che per il cristiano non è un’alienazione dal mondo. Il Concilio vaticano II ci spinge a sapere leggere i segni dei tempi e vivere la fede nel mondo, con il mondo, per il mondo. Il terremoto ha lesionato le nostre case e le nostre chiese, ma ci ha sconvolto perché non abbiamo preso coscienza che abbiamo i nostri cuori “lesionati”. Prima di tutto vanno ricostruiti il nostro cuore, il nostro modo di vivere e poi ricostruire le mura. Le superstizioni vanno combattute, non aiutano e anzi deprimono.

© RIPRODUZIONE RISERVATE

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1 Commento

1 Commento

  1. Angelo Vercoco

    17 Marzo 2019 at 18:36

    Avete notato la foto pubblicata da Giuseppe Santangelo su padre Pino sopra il tetto della chiesa madre?. Guardatela e dite cosa ne pensate. Vi sembra tutto normale? Secondo me bellissima foto, cattivissimo messaggio. Peccato che nessuno colga come in un solo colpo si siano violate tutte le più elementari norme di sicurezza.

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Chiesa

Video-lettera al sindaco dall’oratorio Don Bosco: «Ti affidiamo i nostri sogni»

Amore e speranza per la città, Bonanno: «Il mio impegno perché ognuno sia orgolgioso di Biancavilla»

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«Caro sindaco, chi ti scrive siamo noi, i piccoli della parrocchia Annunziata…». Una video-lettera indirizzata al primo cittadino di Biancavilla, Antonio Bonanno, al termine delle attività dell’oratorio inclusivo “Tu X Tutti”. L’hanno scritta i ragazzini dell’oratorio “Don Bosco” dopo tre settimane di incontri (aperti anche ai diversamente abili), laboratori nei quartieri, gite in montagna e al mare. Tutte le attività hanno ruotato attorno al tema centrale del “prendersi cura degli altri”.

E proprio queste riflessioni hanno portato i giovanissimi dell’oratorio a scrivere al sindaco per «raccontare la loro esperienza per le strade» di Biancavilla: «Tu Biancavilla la conosci bene, si sa, o non saresti Sindaco, ma possiamo dirti che per noi è stata una vera scoperta, anzi una riscoperta».

«Avere cura di ciò che ci sta attorno non è solo rispettare il creato e quanto ci è stato donato da Dio ma è anche conoscere questo splendido regalo e soprattutto imparare ad amarlo e a custodirlo», sottolineano i piccoli dell’oratorio.

E proseguono: «Biancavilla è una realtà che cresce come facciamo noi, con noi, ed è per questo che ci siamo finti degli esperti architetti e con l’aiuto di animatori ed educatori abbiamo immaginato un belvedere nuovo come simbolo della nostra città del futuro, pulita e a portata di tutti».

Lo sguardo al futuro

Da qui, lo sguardo rivolto al futuro: «Vogliamo una Biancavilla organizzata, ma soprattutto valorizzata, perché in fondo non possiamo solo essere influencer criticoni e senza sogni. Forse tra noi, piccoli cittadini che crescono, ci sono già dei futuri medici, avvocati e, perché no, prossimi sindaci e assessori. Non vogliamo crescere in un mondo che non ci appartiene ma, al contrario, vogliamo appartenere a questo mondo, ed è per questo che ci rivogliamo a te, caro Sindaco: per affidarti i nostri sogni, le nostre speranze e soprattutto i nostri progetti».

Già, la speranza dei piccoli cittadini di Biancavilla: «Abbiamo in mente una Biancavilla speciale, accogliente e bella, così come l’hanno trovata i nostri antenati quando l’hanno fondata. Se l’hanno chiamata Callìcari, “bella contrada”, ci sarà un motivo. Ecco, caro Sindaco, siamo ai saluti. Visto che tu hai le chiavi della nostra città e hai tante responsabilità nei nostri confronti vogliamo proporti un accordo: tu ci prometti che ti prenderai cura dei nostri alberi, delle nostre panchine, delle nostre strade, ma anche dei nostri anziani e delle nostre mamme, e noi faremo in modo che nella Biancavilla che erediteranno i tuoi figli ci sarà sempre un posto per chi vorrà renderla sostenibile e sicura, diventando proprio noi i suoi angeli custodi. Abbi cura di tutti noi! Con affetto, i tuoi piccoli grandi concittadini».

Bonanno: «Darò il mio impegno massimo»

L’appello dei piccoli dell’oratorio è stato subito accolto dal sindaco Antonio Bonanno, che ha definito la testimonianza “bellissima” e si è emozionato, apprezzando la loro «autentica volontà di essere cittadini attivi di Biancavilla, sempre propositivi e mai brontoloni».

E ha garantito: «Accetto con gioia di rinnovare, come mi chiedete, il mio impegno per la cura di strade, piazze e alberi e per i nostri anziani, le nostre mamme e i nostri piccoli. Darò il mio massimo, ragazzi cari, affinché ciascuno di voi possa essere orgoglioso di vivere in questa città. Grazie, ragazzi. Contate sempre su di me».

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