Cultura
Monumento dedicato a San Placido nella rotatoria di viale dei Fiori

La proposta è stata avanzata al Comune dal circolo di devoti del santo patrono ed ha trovato pure il supporto dall’associazione “Biancavilla Documenti”: apporre un ceppo e la segnaletica nella “Pedata di San Placido”.
di Vittorio Fiorenza
Un ceppo monumentale in onore di San Placido, che richiami la devozione popolare e la tradizione legata al territorio. A chiederlo all’amministrazione comunale è il Circolo San Placido, che indica nella rotatoria di viale dei Fiori, verso il confine con il territorio di Adrano, il punto in cui collocarlo. Un punto scelto non casualmente: quello è il luogo che nella parlata biancavillese è noto proprio come “Pedata di San Placido”.
Con una lettera inviata al sindaco Antonio Bonanno e all’assessore ai Beni culturali, Antonio Mursia, il presidente dell’associazione intitolata al patrono di Biancavilla, sollecita l’iniziativa perché si possa realizzare in occasione delle prossime festività di ottobre.
«Il nostro patrono cittadino –spiega Alessandro Rapisarda, a nome del gruppo di devoti– al di là del sentimento di fede e di devozione popolare, rappresenta anche un simbolo di identità culturale, capace di unire tutti i cittadini di Biancavilla. Il nostro circolo opera ormai non solo nell’organizzazione dei festeggiamenti, ma anche nella diffusione culturale (soprattutto nelle scuole del paese) della storia e dell’esempio dato dal monaco benedettino. Ecco perché ci sembra opportuno –continua Rapisarda– dedicare un monumento cittadino al nostro santo patrono che serva a richiamare i valori identitari della nostra comunità, oltre a quello dell’amicizia insito nell’esempio di vita dato da Placido».
Da qui la richiesta formalizzata al Comune con l’indicazione di apporre il ceppo alla fine di viale dei Fiori «così da sottolineare e valorizzare –specifica il presidente Rapisarda– un peculiare aspetto storico, culturale e toponomastico legato al Patrono».
In un primo momento si era pensato ad una statua, poi si è preferita l’idea del ceppo con figura e simboli che richiamano San Placido. Si tratta di un’idea: l’immagine che pubblica Biancavilla Oggi è da ritenere soltanto una bozza, in attesa della soluzione definitiva.
A supporto del progetto del Circolo San Placido, si aggiunge pure l’associazione culturale “Biancavilla Documenti”. Il presidente Antonio Zappalà ed il segretario Salvuccio Furnari hanno scritto un’ulteriore missiva al primo cittadino perché nella rotatoria del punto finale di viale dei Fiori sia indicata adeguatamente la denominazione che fa riferimento al patrono.
«Da sempre, nella parlata comune dialettale biancavillese, tale confine è stato indicato dai nostri avi con il toponimo “Pidata di San Prazzitu”. Pertanto, con la nuova sistemazione viaria del sito, si reputa significativo –motivano Zappalà e Furnari– che nella toponomastica del nostro Comune venga ufficialmente codificata tale indicazione. La presente serva da stimolo all’Amministrazione Comunale e di supporto ad ulteriori richieste in tal senso da parte di altre organizzazioni religiose e culturali».
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Cultura
Luglio a Biancavilla tra cielo e terra: devozione e antichi simboli di fertilità
All’Annunziata, all’Idria e nella zona della “Casina” è il mese della Madonna del Carmine

“Giugnettu, sdirrubiti do’ lettu!”. Così dicevano gli anziani, invitando a non perdere tempo nelle ore preziose del mattino. Luglio, infatti, è da sempre un mese di grande attività nei campi: la raccolta del grano, la cura delle viti, l’orto che richiede attenzioni quotidiane. La terra, in questo periodo, è generosa ma anche esigente, e impone ritmi intensi, da affrontare con energia e dedizione.
Ma luglio non è solo lavoro. È anche tempo di festa e di spiritualità, un momento in cui si rinnova quel legame profondo che unisce la comunità alla propria fede e alle sue espressioni più autentiche. Tra queste, spicca la devozione per la Madonna del Carmelo, che proprio a luglio conosce il suo vertice con celebrazioni che affondano le radici nella nostra storia.
La “sedicina” alla Madonna del Carmine
A Biancavilla, questa devozione prende forma concreta nella “sedicina”, una pratica antica che prevede sedici giorni consecutivi di preghiera, in preparazione alla festa del 16 luglio.
Presso la chiesa dell’Annunziata, questo rito si svolge in un’atmosfera suggestiva e raccolta: qui, il culto alla Madonna del Carmine è documentato fin dai primi anni del XVIII secolo. Lo testimoniano una statua in legno policromo e diversi affreschi e dipinti che ornano la chiesa.
Anche nella chiesa dell’Idria, la “sedicina” riunisce i fedeli davanti alla statua della Vergine (di recente restaurata), in un momento comunitario che, pur nella semplicità del rito, conserva un’intensità profonda.
E poi c’è il quartiere “Casina”, dove la festa della Madonna del Carmelo viene celebrata la domenica successiva al 16 luglio. Qui la statua, donata nel 1960 da Franco Rapisarda, viene portata in processione tra le vie del quartiere, accompagnata dalla banda musicale e da fuochi d’artificio. È una festa molto sentita, organizzata da un comitato presieduto dal parroco e sostenuta direttamente dai residenti, che contribuiscono con offerte e lavoro volontario.
Un culto che parla anche alla natura
Il legame tra questa festa e la natura è tutt’altro che casuale. La Madonna del Carmelo prende il nome dal Monte Carmelo, in Palestina, luogo dell’apparizione a san Simone Stock nel 1251. Ma il nome stesso, Carmel, in ebraico significa “giardino”: un richiamo potente alla bellezza rigogliosa della terra nel pieno dell’estate.
Non è un caso che il culto della Madonna del Carmine si celebri proprio in questo periodo dell’anno, quando la natura è nel suo apice vitale. Molte feste religiose che si svolgono oggi sono, in realtà, l’evoluzione di antichi riti agricoli. Presso le civiltà del passato, il solstizio d’estate era visto come il momento dell’unione tra cielo e terra, simboleggiato dalle nozze tra il sole e la luna.
In quelle stesse epoche, si onorava la Grande Madre, divinità femminile legata alla fertilità e alla ciclicità della vita: Cerere per i Romani, Cibele per i Frigi, Iside per gli Egizi. Figure che evocano l’abbondanza dei raccolti, la protezione della maternità, il mistero della nascita e del ritorno alla terra. In un certo senso, la Madonna del Carmelo eredita questo ruolo: signora del Giardino, che intercede, protegge e nutre spiritualmente, ma anche simbolicamente legata alla fecondità del creato.
Un mese tra cielo e terra
Nella fatica dei campi, nella preghiera quotidiana, nella festa che riunisce il quartiere, nei fuochi d’artificio che illuminano il cielo, trascorre il mese di luglio manifestando chiaramente l’essenza autentica della nostra gente. E mentre si intrecciano i fili della fede e della tradizione, emerge una consapevolezza antica e attualissima: che il sacro non è lontano, ma abita le nostre strade, i nostri riti e i nostri frutti.
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Cultura
La “volta” ritrovata: l’arcivescovo “svela” gli affreschi settecenteschi restaurati
Prezioso patrimonio di Biancavilla: nella chiesa dell’Annunziata risplendono le opere di Giuseppe Tamo

Un’opera restituita alla luce, memoria risvegliata, un segno di bellezza che attraversa il tempo: così Biancavilla ha accolto la presentazione ufficiale del restauro degli affreschi della Chiesa dell’Annunziata.
La cerimonia si è aperta con la celebrazione eucaristica presieduta da Mons. Luigi Renna, arcivescovo di Catania, seguita dalla conferenza di presentazione dei lavori della volta: un’opera ora visibilmente più luminosa, liberata dalla patina del tempo, da ritocchi dissonanti e dai cedimenti che avevano compromesso la sua integrità visiva e strutturale.
Un gioiello dentro uno scrigno
A introdurre e presentare l’incontro Dino Laudani, presidente della Confederazione diocesana delle confraternite, che ha ricordato come la Chiesa dell’Annunziata – autentico monumento cittadino – sia stata oggetto, negli ultimi decenni, di molteplici interventi conservativi. «Un gioiello dentro uno scrigno di fede e di arte», ha detto Laudani, sottolineando la continuità di un impegno collettivo nel custodire la bellezza.
Il parroco, don Giosuè Messina, ha ricostruito le origini dell’attuale restauro: «Tutto è iniziato nell’ottobre 2021. Dopo una pioggia battente, della polvere iniziò a cadere da una fessura, aperta dal terremoto del 2018. Fu un segnale. Da lì, con prudenza e speranza, partì il lungo iter verso il restauro». Un cammino reso possibile dal lascito testamentario della signora Maria Zammataro (39mila euro), dai 10mila euro di residui del fondo messo a disposizione della parrocchia da padre Placido Brancato (per quasi cinquant’anni parroco) e dalla generosità dei fedeli (poco più di 4mila euro). Il preventivo iniziale di 73.800 euro è salito a 82mila, coperto in gran parte da questi fondi.
Il sindaco Antonio Bonanno, presente all’incontro, ha annunciato lo stanziamento di 20.000 euro da parte del Comune per contribuire al saldo delle spese residue per un’opera che valorizza e impreziosisce la nostra città.

Una storia mai del tutto scritta
Il professor Antonio Mursia ha arricchito la conferenza con un’ampia contestualizzazione storica. Un documento del 1872 del Prefetto di Catania chiedeva una copia dell’atto di fondazione della chiesa: ma nemmeno allora, il prevosto fu in grado di fornirne una. Solo agli inizi del Novecento, lo storico Placido Bucolo riesce a ricostruire la storia della chiesa. A volerne la costruzione fu alla fine del Cinquecento Dimitri Lu Iocu, giurato della Terra di Biancavilla: un’iniziativa non solo religiosa, ma anche civile e politica. Nel 1714, grazie a un lascito di Maria Carace, si avviò l’ampliamento della chiesa, su progetto del magister Longobardus, figura di spicco nella progettazione ecclesiastica della diocesi.
Il restauratore: «Sobrietà e impatto visivo»
Il momento più tecnico dell’incontro è stato l’intervento del restauratore Giuseppe Calvagna. Gli affreschi della volta, realizzati nel Settecento da Giuseppe Tamo, erano stati eseguiti con la tecnica della pittura a secco, scelta versatile ma fragile nel tempo. Le infiltrazioni d’acqua, i terremoti e restauri maldestri effettuati tra Ottocento e Novecento – alcuni con latte di calce – avevano offuscato l’opera originale, coprendone i tratti e minacciandone la stabilità.
Il lavoro di restauro ha richiesto interventi strutturali complessi: consolidamento dell’intonaco con resine, fissaggio del colore per fermarne il distacco, rimozione di croste dure e sedimentazioni. Si è poi proceduto alla ricostruzione morfologica delle lacune e infine alla reintegrazione pittorica con colori ad acquerello, rispettando le tecniche conservative. «In alcune parti non abbiamo trovato tracce originarie – ha spiegato Calvagna – ma l’obiettivo è stato restituire leggibilità e armonia. Il risultato è un’opera sobria, equilibrata e di forte impatto visivo».
L’architetto Antonio Caruso, che ha diretto e mediato tra i diversi professionisti coinvolti, ha posto l’accento sull’importanza della manutenzione ordinaria. «Le opere architettoniche e decorative non sono eterne: richiedono attenzione costante, altrimenti rischiano danni irreversibili».
Il vescovo: «Immagini che toccano il cuore»
A chiudere, l’intervento dell’Arcivescovo Renna, che ha dato al restauro un significato teologico profondo: «Queste immagini non sono semplici rappresentazioni. Esse raccontano la fede: dalle antiche profezie che parlano di Maria, fino agli Evangelisti, immagini mariane e cristologiche che ci introducono al mistero della salvezza e che parlano fino ai nostri giorni restituendoci significati profondi. Come la simbologia dei fiori e della natura che fiorisce, segno più bello della redenzione dell’uomo. Nel ciclo possiamo trovare patristica, teologia, dogmatica, in un racconto che tocca ancora oggi il cuore dei fedeli.
Oggi, tra le volte luminose dell’Annunziata, quegli affreschi sembrano custodire una memoria silenziosa. Non parlano solo del passato, ma anche del presente e del futuro. Restano lì, tra luce e ombra, a ricordarci che ogni bellezza custodita è anche una forma di resistenza – contro l’oblio, contro il tempo, contro l’indifferenza.
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