Politica
Mastrocola è il candidato 5 Stelle: «Biancavilla recuperi normalità»
Il M5S sceglie un insegnante: «Non possiamo avere paura di esprimere la nostra libertà».


Il nome del sindaco uscente non viene mai pronunciato. Eppure, nell’analisi impietosa e drammatica sulle condizioni in cui è ridotta Biancavilla, le responsabilità dell’ultimo decennio per la gestione della cosa pubblica vengono inchiodate una dietro l’altra senza possibilità di appello. Ascolta ed applaude un’assemblea affollata del Movimento 5 Stelle, chiamata per l’apertura del comitato elettorale di via Vittorio Emanuele e per la presentazione del candidato sindaco.
È Marco Vinicio Mastrocola, insegnate presso la scuola media “Luigi Sturzo”, noto per il suo impegno culturale con alle spalle pubblicazioni di libri e scrittura teatrale. Si nota lo spessore intellettuale, qualità rarissima nel panorama politico locale. Tanto pulita e limpida la loquela, quanto rigoroso è il giudizio, che non lascia scampo a chi ha avuto il ruolo di governo e a chi era chiamato ad opporvisi.
«A Biancavilla –attacca Mastrocola– abbiamo assistito ed assistiamo ad un trasformismo che ha portato a movimenti fastidiosi per gli elettori, per esempio con gli assessori scambiati in continuazione perché hanno una scadenza come lo yogurt».
E ancora: «Sto sentendo in giro promesse straordinarie. Esistono i programmi di facciata e poi ci sono quelli sottobanco, fatti di piccole promesse, di posti di call center, di piccoli interessi personali e favori o addirittura sottili minacce. La realtà nel nostro paese è anche questa. La stragrande maggioranza delle persone ha una libertà morale ed interiore, che non vede l’ora di potere essere espressa. Ma la politica locale non l’ha permesso. Perché la politica non è stata partecipazione, così come la intendiamo noi del Movimento 5 Stelle».
A fianco al candidato primo cittadino pentastellato, la senatrice Nunzia Catalfo, i deputati nazionali Eugenio Saitta e Simona Suriano, la parlamentare all’Ars, Angela Foti. Ognuno ha voluto dare il proprio contributo. Non un semplice saluto. Ma sferzate alla “solita” politica. “No ai feudi elettorali”. Basta con “il Comune inteso come bancomat per elargizioni ai soliti amici senza gare d’appalto”. E ancora: “Un sindaco deve comportarsi come un capo famiglia, se non lo fa diventa un affarista per i soliti noti”. Sono alcuni dei passaggi che hanno scaldato il popolo grillino.
Mastrocola ha ripetuto più volte una parola chiave del programma 5 Stelle, che nelle prossime settimane verrà reso noto nei dettagli: “Normalità”. Già: Biancavilla non è un paese normale. È al di sotto degli standard minimi. E per oscurare questa evidenza (e con essa, le incapacità di governo) c’è chi ha inventato l’effimera propaganda della #bellabiancavilla, scambiando l’amministrazione comunale per un’agenzia pubblicitaria, quando avrebbe dovuto occuparsi notte e giorno delle brutture e rimuovere il marcio. In una parola: governare. La retorica di Palazzo, che si è rivolta ai biancavillesi con lo stile di “Carosello”, non è riuscita a rivoltare la triste realtà. E adesso, di cosa ha bisogno Biancavilla? Una cosa ovvia, scontata, minima, ma straordinariamente mancante.
Marco Vinicio Mastrocola non ha dubbi: «Noi dobbiamo recuperare la “normalità”, in questo paese. Innanzitutto politica. Dobbiamo fare in modo che ogni cittadino abbia la possibilità di esprimere un voto e garantirgli che sia rispettato fino alla fine del mandato. Non è possibile assistere ad un continuo passaggio da una parte all’altra e a calcoli matematici per una sola finalità di potere, che non ha nulla a che fare con il servizio verso il cittadino. Tante volte ci siamo sentiti dire da diverse persone che loro vorrebbero sostenere il movimento, ma che non vogliono farsi vedere. Si ha paura di essere liberi. Noi non possiamo avere paura di esprimere la nostra libertà, il nostro dissenso, la nostra protesta. Bisogna avere il coraggio, per esempio, di parlare in questo paese di legalità. Altrimenti è terribile. Ecco, abbiamo bisogno di normalità».
«Biancavilla –chiarisce Mastrocola– ha un grandissimo potenziale e lavoreremo per la rinascita, ma rispetto al passato è una città più povera, per certi versi allo sbando. E la normalità di cui abbiamo bisogno passa anche da piccole cose: dalla viabilità che funzioni al rispetto delle più elementari norme di convivenza civile. Siamo in una situazione molto difficile e per sanare i conti del Comune ci vogliono professionalità, impegno e soprattutto –una parola che sembra strana– onestà».
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Politica
Biancavilla 2023, quei ragazzi di destra che hanno ribaltato la storia politica
Tre generazioni, uno scatto fotografico: dal Fronte della gioventù ad Azione Giovani fino ad Atreju


C’è uno scatto fotografico – in questa competizione elettorale di Biancavilla finita con il trionfo di Antonio Bonanno – che più di ogni altro racconta la svolta epocale dell’80%. È quello che vede, sul palco di piazza Roma, durante l’ultimo comizio, Vincenzo Giardina e Vincenzo Randazzo con al centro Bonanno. È uno scatto, fatto casualmente tra decine di tanti altri. Ma ha la capacità di riassumere una storia che parte da lontano. Lì ci sono tre generazioni di militanti della destra biancavillese, formatasi e cresciuta in quel luogo politico che era la “sezione”.
Tre generazioni che hanno mosso i primi passi nelle organizzazioni giovanili, dal Fronte della gioventù ad Azione Giovani, dalla Giovane Italia ad Atreju (stessa realtà in cui si è formata Giorgia Meloni). Un’evoluzione che dal Movimento Sociale Italiano, passando per Alleanza Nazionale e il Popolo delle libertà, arriva a Fratelli d’Italia. Dalla “fiamma” di Giorgio Almirante alla fiaccolata per Paolo Borsellino. Da forza emarginata a guida del governo, dell’Italia e di Biancavilla.
Il tabù storico era stato frantumato già nel 2003 da Mario Cantarella: primo sindaco di destra nella Biancavilla repubblicana (con Andrea Ingiulla tra gli assessori!). Ma è Antonio Bonanno a portare il partito su vette inesplorate: primo sindaco di destra a conquistare il doppio mandato e (in assoluto) ad avere ottenuto 8 preferenze ogni 10, con una coalizione che per la prima volta vede i centristi trainati perché usciti malconci dalle urne.
In questa percentuale è inclusa una sostanziosa dose di demeriti, inadeguatezze, incapacità, assenze degli avversari. Così, di converso, è la sinistra biancavillese che sprofonda nel più basso dei risultati di consenso e di rappresentanza dall’epoca risorgimentale ad oggi. Un cataclisma da far tremare il cuore della storia. Sarebbe una banalità cosmica attribuire la responsabilità ad Ingiulla o alle “otto liste contro una“: ne parleremo in un articolo a parte.
Torniamo, quindi, alla foto con Randazzo e Giardina assieme al sindaco. Abbiamo conosciuto il primo nell’era dell’amministrazione Manna (dal 1994 al 2003). Lui era il maggiore oppositore: sapeva leggere le carte, le studiava, attaccava in Consiglio con argomentazioni accurate e citazioni auliche. Esponente di An, ma la scuola era quella del Msi. Lo ascoltavano tutti con attenzione dai banchi dell’allora maggioranza. Rappresentava la destra, praticamente in solitaria. Mai avrebbe potuto pensare allora – stagione in cui Manna era dipinto sui manifesti come “l’imperatore di Biancavilla” per il suo strapotere – che venticinque anni dopo sarebbe diventato assessore con una destra che ha ribaltato e riscritto la storia politica di questa città, ormai ampiamente “ex” roccaforte rossa.
A Giardina, invece, lo ricordiamo, sempre nell’era Manna e degli inossidabili diessini (i Democratici di sinistra), militante sbarbatello di Azione Giovani. Era stato portato nella sezione di via Vittorio Emanuele (tappezzata con manifesti ruggenti e le foto di Almirante a Biancavilla) da Placido Sangiorgio, quando presidente dell’organizzazione era Enrico Indelicato. Tra gli altri militanti, Sergio Atanasio, Gianmarco Rapisarda, Nino Lavenia, Rino Mauceri, Francesco Cantarella (per citarne alcuni). Un gruppo affiatato che si divertiva a fare opposizione con il classico volantino e pure con un giornalino, “Zoom, Obiettivo Biancavilla”, distribuito in 400 copie.
Non c’era ancora Antonio Bonanno. Troppo piccolo: frequentava le elementari. Ma dell’organizzazione giovanile della destra, l’attuale sindaco vanterà poi una scalata che, da Biancavilla, lo porterà a capo del coordinamento provinciale di Catania, proprio su nomina di Giorgia Meloni. Attorno a lui, un gruppo rimasto sempre legato, nelle vittorie e nelle sconfitte: Dino Caporlingua, Salvo Pulvirenti e Mauro Mursia, Angelo D’Urso e Alberto Papotto, Antonio Fiorello e Salvo Bonaccorsi… Gli stessi di sempre: un’autentica comunità politica.
Una comunità consapevole delle proprie radici, ma non assimilabile a cliché ideologici ed inutili nostalgismi: mai uno scivolone, tale da animare lo spettro del pericolo “fascista” a Biancavilla. Piuttosto, quella rappresentazione generazionale in foto ha dimostrato senso delle istituzioni e piena maturazione.
Non è casuale, forse, se alla fine del comizio, scesi dal palco, quei tre “ragazzi di destra”, diventati classe dirigente e di governo, siano stati riconosciuti dal loro mentore comune come gli eredi di quella storia che parte da lontano. «Adesso posso ritirarmi, sicuro di lasciare il testimone in buone mani», ha detto in sostanza Mario Cantarella. Parole che racchiudono l’essenza di una comunità politica.


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