Cronaca
«Uccisi pure col cuscino in faccia». Il ritorno de “Le Iene” a Biancavilla

«Non esiste ‘sta cosa, io non ne so niente e non le ho mai fatte queste cose. Io accompagno solo le persone a casa. Io non trasporto morti, ma vivi. Così do da mangiare alla mia famiglia e sono orgoglioso, l’importante è che porto una fedduzza di pane a casa».
Davanti alle telecamere de Le Iene, tornate di nuovo a Biancavilla con l’inviata Roberta Rei, nega tutto e respinge ogni sorta di coinvolgimento nel caso della “ambulanza della morte”, che ha fatto il giro del mondo. Eppure è indagato dalla Procura di Catania per omicidio volontario perché su di lui grava l’ipotesi di una responsabilità diretta su almeno un episodio. L’uomo, residente ad Adrano, staziona ancora ogni giorno davanti all’ospedale di Biancavilla, con la sua ambulanza, a disposizione dei familiari di pazienti che dovessero chiedere un servizio di trasporto. D’altra parte è un inquisito a piede libero.
Il suo “collega”, Davide Garofalo, anche lui di Adrano, era stato arrestato, invece, quasi due mesi fa con il sospetto di essere l’autore di almeno tre decessi in ambulanza. Le morti sospette, tuttavia, sarebbero oltre una cinquantina. Un orrore infinito, dietro al quale ci sarebbero i gruppi mafiosi di Adrano e Biancavilla, gli stessi che per anni hanno gestito i servizi di trasporto privato in ambulanza e il business dei funerali.
La tecnica utilizzata, come è noto, era quella dell’iniezione di aria in vena. Così, il paziente terminale dimesso dall’ospedale ed affidato dagli ignari familiari agli ambulanzieri privati, nel breve tragitto verso casa, esalava l’ultimo respiro. «Non era la mano di Dio a farli morire», ha svelato uno dei super testimoni dell’inchiesta. Il tutto per accaparrarsi un funerale e 200-300 euro di mazzetta dalle agenzie per ogni defunto.
In fondo, bastava una iniezione. Eppure, una nuova testimonianza mostrata nell’ultima puntata del programma Mediaset, apre un altro, inquietante squarcio sulla vicenda. I pazienti che non morivano subito con l’aria nelle vene, venivano uccisi, soffocati con un cuscino? Ne aveva già parlato uno dei testimoni che ha collaborato con gli inquirenti.
Adesso, la figlia di un’ottantenne deceduta racconta ulteriori dettagli: «Mia mamma è morta il 13 maggio del 2010 (periodo anteriore a quello, il 2012- 2016, preso finora in esame dai magistrati, ndr), io ho avuto una depressione perché è come se me l’avessero rubata. Non avevamo pace. Nel tragitto da Biancavilla ad Adrano, in cinque minuti, mia madre è morta. Diceva sempre “A casa, voglio morire a casa”». Così, i familiari avevano firmato per le dimissioni e organizzato il trasporto verso l’abitazione con l’ambulanza privata. Alle figlie della paziente era stato impedito di salire sul mezzo (un dettaglio che si ripete in tutte le testimonianze raccolte dai magistrati). Una volta arrivati a casa, la tragica notizia.
«Quando ho guardato mia mamma, una volta messa nel letto, ho notato –prosegue la testimonianza– il suo volto con un’espressione che sembrava avesse avuto difficoltà a respirare. Mi chiedevo perché fosse rimasta così. Non saprei, forse le è stato messo un cuscino sopra la bocca. Aveva un volto che sembrava chiedesse aiuto». La domanda di Roberta Rei è decisa: «Lei crede che sia stata uccisa con un cuscino?». La risposta della donna: «Il cuore mi dice di sì».
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Cronaca
Stranieri sfruttati sul lavoro: nei guai biancavillese a capo di una cooperativa
L’uomo, presidente del Consiglio di amministrazione, denunciato assieme ad altre due persone

Un 32enne di Biancavilla, con precedenti penali, è fra i tre denunciati dal Nucleo Ispettorato del Lavoro di Catania nell’ambito di controlli contro lavoro irregolare e caporalato. L’uomo, presidente del consiglio di amministrazione di una cooperativa agricola, è ritenuto responsabile di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.
I controlli hanno portato alla luce un sistema illecito di reclutamento e impiego della manodopera. Le vittime sono due lavoratori stranieri in condizioni di forte vulnerabilità.
Oltre al biancavillese, sono sotto indagine un 38enne marocchino residente ad Adrano, incensurato, che agiva come caporale e intermediario per conto della stessa cooperativa, e un altro 38enne di Scordia, con precedenti, che di fatto collaborava con l’azienda.
Secondo quanto emerso dagli accertamenti, i lavoratori extracomunitari venivano impiegati in condizioni lavorative ritenute altamente degradanti. Evidenziati retribuzioni ben al di sotto di quanto previsto dal contratto collettivo nazionale, turni di lavoro eccessivi e ambienti privi delle minime misure di sicurezza.
L’indagato di origini marocchine è inoltre accusato di estorsione. Avrebbe minacciato uno dei due lavoratori di licenziamento se non gli avesse restituito parte della già esigua paga percepita.
A conclusione delle attività, i due lavoratori sono stati affidati a una struttura protetta, gestita da un’organizzazione internazionale per le migrazioni. Adesso potranno ricevere assistenza e protezione.
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Cronaca
Evade dai domiciliari per le sigarette alla moglie: «È un inferno se non fuma»
Singolare “giustificazione” di un 52enne residente a Biancavilla in giro con la bicicletta a Catania

I carabinieri della stazione di Catania Playa hanno arrestato un pregiudicato 52enne, residente a Biancavilla ma domiciliato a Catania, nella zona di Ippocampo di Mare. L’uomo doveva trovarsi ai domiciliari per reati contro il patrimonio. Però, i militari lo hanno sorpreso mentre, in bici, percorreva via San Francesco La Rena. Ha tentato di passare inosservato con il volto coperto da cappuccio e sciarpa, ma è stato fermato e identificato.
Di fronte alla constatazione della violazione, il 52enne ha cercato di giustificare la sua presenza fuori casa con una spiegazione singolare. Ha sostenuto di essere uscito per acquistare le sigarette alla moglie, una “accanita fumatrice” che, in mancanza di nicotina, si sarebbe irritata al punto da trasformare la giornata in un “inferno domestico”.
Una giustificazione che non ha però evitato l’arresto, eseguito sulla base degli elementi raccolti e ora al vaglio dell’Autorità Giudiziaria, che ha convalidato il provvedimento e disposto il ripristino della misura degli arresti domiciliari.
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