Cronaca
La morte di Ornella: aveva 24 anni Udienza per omicidio stradale


Ornella Condorelli, studentessa universitaria di Tremestieri
Il giovane biancavillese di 27 anni davanti al Giudice per le udienze preliminari di Catania. È accusato di omicidio stradale per la morte di Ornella Condorelli, 24enne di Tremestieri, nell’incidente sulla Ct-Me dello scorso luglio.
di Vittorio Fiorenza
Per la prima volta, familiari ed amici della vittima hanno visto il volto dell’imputato. La tensione, al tribunale di Catania, era palpabile. E i ripetuti momenti di assoluto silenzio sono stati una sottolineatura.
Udienza preliminare davanti al Gup Giovanni Cariolo per la morte di Ornella Condorelli, la 24enne di Tremestieri coinvolta nell’incidente sull’autostrada Catania-Messina dello scorso luglio. Imputato per omicidio stradale è un 27enne di Biancavilla. Secondo l’esito del test, quella tragica notte, aveva un tasso alcolemico di 1.4 g/l, cioè il triplo rispetto al limite massimo consentito dalla normativa.
È stato lui –mentre al suo fianco viaggiava un suo amico, proprietario del veicolo– ad essere alla guida e a provocare l’impatto con l’altra auto, nella quale viaggiava la ragazza. Un urto violento. Sbalzata dall’abitacolo, Ornella finì sull’asfalto e, trasportata all’ospedale “Cannizzaro”, morì dopo giorni di agonia. Nello stesso veicolo con lei, la sorella gemella e due amici, rimasti feriti.
Adesso –dopo gli accertamenti e le acquisizioni delle perizie tecniche, compiute anche sulle auto, una Mercedes Classe A e un’Alfa 147– il caso è approdato nelle aule giudiziarie. Nel corso dell’udienza, sono state avanzate le richieste di costituzione di parte civile da parte di Barbara (la sorella di Ornella), del guidatore dell’auto in cui viaggiava la vittima e anche dell’amico del giovane biancavillese che era al suo fianco. Stesse istanze presentate dall’associazione intitolata ad Ornella, dall’associazione “Vicky Aureliano” di Paternò, dall’associazione Familiari delle vittime della strada.
Richieste sulle quali i legali del giovane biancavillese hanno sollevato una serie di vizi ed eccezioni. Il giudice si esprimerà nell’udienza di giovedì prossimo.
Ad assistere all’udienza odierna, oltre ai familiari, c’erano tanti amici e colleghi universitari di Ornella. Una ragazza descritta piena di vita, studentessa modello alla Facoltà di medicina e chirurgia di Catania. Per il padre Antonino, la mamma Santina, la sorella Barbara e il fratello Claudio è un dolore infinito.
Un dolore che un gruppo di amici di Ornella ha trasformato in impegno civile. Così, oltre a costituire una Onlus, hanno lanciato una campagna di sensibilizzazione sulla sicurezza stradale presente sia in iniziative pubbliche che su Facebook. La campagna si chiama #ioguidoebasta, la stessa scritta riportata nelle magliette che sono state indossate da alcuni ragazzi presenti in tribunale per dare conforto alla famiglia.
Ad interpretare l’atteggiamento con cui i familiari si pongono di fronte a questo processo è il loro legale, l’avv. Salvatore Runza: «È una tragedia infinita, il dolore che questa famiglia ha subìto è indescrivibile. Ci si attende che la giustizia affermi il rispetto della vita, questo è quello che la famiglia desidera. Non è possibile che una ragazza di 24 anni interrompa la propria esistenza e i familiari ne piangano le conseguenze di dolore per sempre, solo perché uno sprovveduto è salito in macchina, in stato di ebrezza, con sprezzo della vita propria e altrui. Ornella amava la vita, stava per diventare medico, aveva ottimi voti, non beveva e non usava droghe. La giustizia se ne faccia carico».
L’imputato biancavillese è assistito dagli avv. Pilar Castiglia e Massimo Tricomi, che rimandano alle discussioni davanti al giudice: «I processi si fanno in aula ed è in aula che verranno accertate tutte le responsabilità. Tutte».

Gli amici di Ornalla che hanno lanciato la campagna #ioguidoebasta
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Cronaca
I fatti della fiera abusiva, parla la Lav: «Violenze inaudite, processo lacunoso»
Intervento del presidente nazionale della Lega Anti Vivisezione sulla sentenza del Tribunale di Catania

«Un atto di violenza inaudito, dove a farne le spese sono state due private cittadine, tra cui la responsabile di Lav Catania Angelica Petrina, “colpevoli” solo di essere intervenute a vario titolo in quella che doveva continuare ad essere, secondo i partecipanti, una indisturbata fiera abusiva di animali sotto gli occhi di tutti. Una storia in cui animali e umani vengono maltrattati dagli stessi individui, a dimostrazione di quanto ripetiamo da sempre. Chi agisce con violenza nei confronti degli animali di solito non ha remore a perpetrarla anche nei confronti degli umani, perché si sente invincibile e impunito».
A dichiararlo è Gianluca Felicetti, presidente nazionale della Lega Anti Vivisezione. Parole pronunciate a conclusione del processo con 17 imputati sui fatti di violenza avvenuti nell’ottobre del 2016 in via della Montagna, a Biancavilla, per la fiera abusiva del bestiame. Procedimento concluso con tre condanne per rapina ai danni di Angelica Petrina e dell’avv. Pilar Castiglia, che era intervenuta a difesa della prima. Per gli altri imputati, due assoluzioni. E poi prescritti i reati di lesioni personali, resistenza a pubblico ufficiale, maltrattamento di animali, minaccia aggravata, rifiuto in atti d’ufficio.
«Hanno voluto mettere – sottolinea la Lav – una pezza a qualcosa che non è rimediabile. Tutto il processo è stato lacunoso, con infinite lungaggini che hanno avuto un peso enorme sull’esito. La prescrizione per i reati di maltrattamento a danno degli animali fa rabbia, perché non porta giustizia, e le immagini di quanto accaduto quel giorno di quasi 10 anni fa invece parlano chiaro”.
Angelica Petrina, responsabile Lav Catania, aggiunge: «Ci sono state 3 condanne con pene irrisorie, ma hanno un elevato valore simbolico: significa che quel giorno ci sono state delle aggressioni e che sono stati riconosciuti dei colpevoli. Certamente ci aspettavamo di più». A seguito di quegli episodi, nessun raduno illegale si è più ripetuto a Biancavilla. È questo «l’unico risultato totalmente positivo di questa storia», evidenzia Petrina.
La posizione di Pietro Tomasello
A proposito della sentenza, scrivono una nota gli avv. Vincenzo Nicolosi e Giuseppe Milazzo, che hanno assistito Pietro Tomasello, assolto per rapina, in prescrizione il reato di lesioni personali.
I due legali si dichiarano soddisfatti «poiché da sempre convinti dell’innocenza del loro cliente». «La vicenda che ha coinvolto il sig. Tomasello – scrivono – è durata oltre otto anni ed ha portato con sé, oltre alla illegittima sottoposizione a un processo che lo vedeva del tutto estraneo, anche una conseguente gogna mediatica immeritata, che ha coinvolto non solo il Tomasello ma anche la sua famiglia».
Secondo i due legali «Tomasello ha avuto solo la sfortuna di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. Niente di più, e la sentenza di primo grado lo ha confermato». Si attendono a metà maggio le motivazioni della sentenza per la valutazione di ricorrere in Appello. Gli avv. Nicolosi e Milazzo «non escludono anche un’ulteriore appendice giudiziaria, volta a tutelare l’immagine del loro assistito illegittimamente e strumentalmente danneggiato e coinvolto nella presente vicenda processuale».
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