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Cronaca

Picchiò i genitori per la droga, rinchiuso al “Sentiero speranza”

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di VITTORIO FIORENZA

Al padre aveva procurato ferite al labro e alla guancia. Lo aveva preso a calci e pugni, al punto da costringerlo a recarsi al pronto soccorso. Gli chiedeva soldi per procurarsi la droga. Era diventato un incubo per i genitori, che al culmine dell’ultima aggressione avevano chiamato i carabinieri per chiedere aiuto. Aiuto che da parte dei militari non è mancato.

L’arresto per maltrattamenti in famiglia era avvenuto nel giugno dello scorso anno. Trasferito nella comunità “Sentiero speranza” di Biancavilla, il 35enne Orazio Lipsia è stato adesso condannato dal Tribunale di Caltagirone a due anni di reclusione perché riconosciuto colpevole di maltrattamenti in famiglia, tentata estorsione e lesioni personali aggravate.

I carabinieri della stazione di Biancavilla hanno eseguito l’ordine per l’espiazione della pena detentiva per i reati commessi ai danni dei genitori, il padre 60enne e la madre di 57 anni. L’episodio dello scorso anno è stato quello che ha fatto scattare l’intervento di carabinieri di Grammichele, ma a quanto pare le vessazioni del 35enne si verificavano da almeno un decennio.

L’arrestato, assolte le formalità di rito, è stato collocato nella stessa comunità di recupero in cui era già inserito in custodia cautelare.

@ RIPRODUZIONE RISERVATA

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Cronaca

Fuochi d’artificio e rombi di motori per l’ultimo saluto ad Antonio Andolfi

Funerali nella chiesa del “Santissimo Salvatore” per il giovane ucciso nelle campagne di Centuripe

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Fuochi d’artificio fuori dall’abitazione di Spartiviale, all’ingresso della chiesa del “Santissimo Salvatore” e al cimitero. Un corteo con moto e scooter lungo le strade del centro storico. Clacson e rombo di motori. Striscioni e palloncini. Applausi e lacrime.

Così è avvenuto l’ultimo saluto ad Antonio Andolfi, il giovane biancavillese di 20 anni ucciso con un colpo di pistola, durante un inseguimento, nelle campagne di Centuripe.

I funerali li ha celebrati il parroco don Salvatore Verzì. All’interno della chiesa di viale Europa, silenzio e raccoglimento, attorno alla bara bianca.

«Bisogna alzare lo sguardo a Cristo – ha detto padre Verzì – perché guardando Cristo l’uomo, chiunque esso sia, può ritrovare la vera immagine di sé e così non fare del suo cuore un luogo di barbarie». Il sacerdote si è rivolto in modo particolare ai giovani presenti: «La vita è sacra, altrimenti è davvero la barbarie. Solo Cristo ha il potere di liberarci della morte qualsiasi forma essa assuma».

Per ragioni di prevenzione di ordine pubblico, a seguire e monitorare lo svolgimento, come accade in casi del genere, c’erano carabinieri in divisa e in borghese.

Indagini ancora in corso

Sul fronte delle indagini, nonostante sia stato sottoposto a fermo il 46enne Salvatore Santangelo per gravi indizi di colpevolezza, il lavoro dei militari non è ancora concluso. Proseguono approfondimenti e acquisizioni di informazioni. Il fascicolo dell’inchiesta è ora sul tavolo della Procura di Enna, competente per territorio.

Il movente è stato indicato in una serie di dissidi tra il presunto omicida e la vittima per questioni legate a terreni e pascoli di ovini. Al vaglio degli inquirenti, episodi che si riferiscono agli ultimi due anni. L’ultima discussione è degenerata in lite. Ne è nato un inseguimento nelle strade di campagna. Santangelo, con la sua jeep, si è ritrovato affiancato al furgoncino in cui viaggiava Andolfi, e ha cominciato a sparare. Almeno tre colpi di pistola. Uno ha centrato il giovane al torace, come accertato pure dall’esame autoptico.

Il conducente del furgone – anche lui allevatore – ha proseguito la corsa fino all’ospedale di Biancavilla, ma il 20enne era già spirato durante il tragitto. Ai carabinieri della compagnia di Paternò e della stazione di Biancavilla è bastato poco per rintracciare Santangelo, che non era ancora rientrato a casa e che subito ha assunto un atteggiamento collaborativo.

Assistito dall’avv. Giuseppe Milazzo, si attende per lui una nuova convalida del fermo da parte del gip del Tribunale di Enna, dopo quello disposto in un primo momento a Catania. Resta chiuso in una cella del carcere catanese di piazza Lanza. Gli vengono contestati l’omicidio di Andolfi, il tentato omicidio del conducente del furgoncino e il porto illegale d’arma da fuoco.

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