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La stagione teatrale de “La Fenice”, c’è pure il tributo a Pino Daniele

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Comincia il 19 marzo per concludersi l’11 giugno. Dodici appuntamenti al teatro “La Fenice” di Biancavilla per la stagione 2016 di spettacoli allestita dal Comune. Non solo commedie. C’è anche un omaggio dedicato a Pino Daniele.

Ad aprire il sipario, il 19 marzo sarà la compagnia “Quattro soldi” con “Ju ci cridu” di Marco Vicinio Mastrocola. Il 21 marzo il Cgs Life presenta il musical “Godspell”, mentre il 2 aprile la serata sarà allietata dal concerto dei “Percussio Mundi”.

La compagnia “Città Teatro” porterà in scena, il 9 aprile, “Casa campagna” di Fabio Jacobello. “Un pizzico di pizzo” di Mimmo Mignemi è la commedia che il 23 aprile presenterà la compagnia “Belvedere”.

Il 30 aprile sarà il turno dei “DB Friends” con “Per terre lontane”, storie di migrazione di ieri e di oggi, mentre il 7 maggio sarà proiettato “L’atleta di Dio”, un film di Armando Bellocchi sulla vita di Nino Baglieri, a cura del Cgs Life.

Il 14 maggio tributo al cantautore napoletano. Il 21 maggio “Gli amanti di Verona” con i DB Friends in un adattamento di Vincenzo Licari di “Romeo e Giulietta”.

“Io, Alfredo e Valentina” di Oreste De Sanctis verrà proposto, il 28 maggio, dalla compagnia “Città Teatro”. Di Scena ancora il Cgs Life, il 4 giugno, con “Ciò che resta è amore” di A. Bellocchi, F. Di Mauro, G. Costa e G. Bellocchi.

Chiusura della stagione a cura dei “Quattro soldi”, l’11 giugno, con una serata di cabaret.

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Cultura

A Biancavilla “scaliari” è frugare e “a scalia” la fanno le forze dell’ordine

Ma in altre parti della Sicilia la parola (di origine latina, in prestito dal greco) ha pure altri significati

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Un proverbio che avremmo potuto leggere ne I Malavoglia, anche se nella forma del calco in italiano è Il gallo a portare e la gallina a razzolare. Come documenta, infatti, Gabriella Alfieri in uno studio dedicato ai proverbi ne I Malavoglia, Verga aveva prima aggiunto questo proverbio nel manoscritto e poi lo aveva espunto dall’opera andata in stampa. La forma siciliana del proverbio è quella registrata da Pitrè: lu gaddu a purtari e la gaddina a scaliari, il cui significato paremiologico vuole essere quello secondo cui “in una famiglia con piccoli guadagni e piccoli risparmi si riescono a fare cose di un certo valore”.

Il significato di “razzolare” che Verga attribuisce a scalïari è diverso da quello che si usa a Biancavilla, cioè “frugare”, per esempio scalïàricci i sacchetti a unu “frugare nelle tasche di qualcuno”, oppure scalïari a unu “perquisire qualcuno”; da qui la scàlia cioè la “perquisizione” operata dalle forze dell’ordine: mi poi scalïari i sacchetti, nan ci àiu mancu na lira, così in risposta a chi ci chiede de soldi.

In altre parti della Sicilia scalïari ha anche altri significati: a) “razzolare, delle galline”, b) “rovistare, rimuovere ogni cosa per cercare un oggetto”; c) “mettere tutto a soqquadro, scompigliare”; d) “rubare”; e) scalïàrisi i sacchetti vale scherzosamente “tirar fuori il denaro”, mentre f) scalïàrisi a testa significa “guastarsi la testa”, nell’Agrigentino. Nel Ragusano il modo di dire scalïari a mmerda ca feti, lett. “frugare lo sterco che puzza”, ha il significato figurato di “rimestare faccende poco pulite”. Dal participio derivano: scalïata e scalïatina “il razzolare”, “il frugare alla meglio”, “perquisizione sommaria”; scaliatu “riferito alla terra scavata e ammonticchiata dalla talpa”, nel Nisseno; in area catanese meridionale con peṭṛi scalïati si indica un “cumulo di pietre ammonticchiate alla rinfusa nei campi coltivati”.

“Scaliari” tra poesie e canzoni

Non molto adoperato nei romanzi di scrittori siciliani, scalïari è usato in poesie dialettali e in canzoni, come in questa dal titolo Tintatu dall’album Incantu, di un cantautore agrigentino che usa lo pseudonimo di Agghiastru:

Cunnucimi jusu chi l’occhi toi vasu

araciu tintatu di viriri jo.

Unn’è la to luci chi scuru cchiù ‘n sia

e scaliari a lu funnu un sia mai.

Parola d’origine latina, ma prestata dal greco

Molto interessanti, ai fini della comprensione dell’origine della parola, oltre a quello di “razzolare”, sono i significati di “zappare superficialmente” e di “rimuovere, ad esempio, la brace o il pane nel forno”. La nostra voce deriva da un latino parlato *SCALIDIARE, a sua volta prestito dal greco σκαλίζω (skalizō) “zappare, sarchiare”, voce presente nei dialetti greci di Calabria, coi significati di “zappettare”, “sarchiare”, “razzolare”, “attizzare il fuoco”, “frugare”.

Partendo, dunque, dal significato più antico, che è quello di “zappare”, si arriva, nell’ordine, a quelli di “sarchiare”, “zappare superficialmente”, “razzolare”, cioè raspare la terra con le zampe e il becco, e, infine, “frugare”, cioè cercare minuziosamente, con le mani o anche servendosi di un arnese, in ripostigli o in mezzo ad altri oggetti.

PER SAPERNE DI PIU’

“La Sicilia dei cento dialetti” di Alfio Lanaia

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