Cronaca
Panico per cane di grossa taglia Giovane azzannato ad un braccio




Le ferite al braccio riportate dal giovane 22enne aggredito dal cane
Vittima dell’attacco, in via degli Oleandri, un 22enne. Il randagismo non c’entra. L’animale è uscito da un terreno privato, sfruttando un’apertura presente nella recinzione.
di Vittorio Fiorenza
Lo ha azzannato ripetutamente, provocandogli ferite al braccio. Un cane di grossa taglia (incrocio con un pastore tedesco) ha seminato il panico, in via degli Oleandri, nel quartiere a nord di viale dei Fiori a Biancavilla. Uscito dalla sua recinzione, da una piccola apertura della rete metallica che delimita un terreno della vicina via delle Acacie, il cane ha puntato un ragazzo di 22 anni, che percorreva la strada a piedi.
Si è avventato ad un braccio. Le urla hanno fatto uscire i vicini di casa, che in qualche modo sono intervenuti. Messo in fuga l’animale, è stata chiamata un’ambulanza del 118. Gli operatori sanitari hanno effettuato una prima medicazione, poi i familiari hanno trasportato la vittima al pronto soccorso dell’ospedale “Maria Santissima Addolorata” di Biancavilla per ulteriori accertamenti.
Sull’accaduto sono intervenuti gli agenti della polizia municipale, che hanno chiesto ai proprietari del cane (che si sono dimostrati dispiaciuti per quanto successo, mettendosi a disposizione per ogni necessità) di esibire la documentazione sulla microchiappatura e le vaccinazioni dell’animale.
I familiari del giovane si sono riservati di presentare denuncia alla stazione dei carabinieri.
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Cronaca
La droga sull’asse Lombardia-Adrano con un biancavillese mediatore del clan
Dall’inchiesta “Adrano libera” emerge il coinvolgimento di un 71enne per l’acquisto di 1,5 kg di eroina


di VITTORIO FIORENZA
C’è un biancavillese, Antonino Amato, 71 anni, trapiantato in Lombardia, tra i riferimenti del clan Santangelo-Taccuni di Adrano per arrivare all’acquisto di partite di droga. Secondo i magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia di Catania, l’uomo è da ritenere uno dei mediatori per l’approvvigionamento di stupefacenti nel Nord Italia. Il suo profilo e il suo ruolo emergono dalla recente operazione “Adrano libera” (con 38 indagati), condotta dal commissariato di polizia e dalla Squadra mobile contro il clan capeggiato da Gianni Santangelo.
«Sulla base degli elementi acquisiti –scrive il Gip– può concludersi per la sussistenza di gravi indizi di reità a carico di Amato» per i reati riferiti all’associazione mafiosa e alla droga. Per lui, la misura cautelare applicata dal giudice Giovanni Cariolo è quella dell’obbligo di presentazione alla P.G. tre volte a settimana.
Nelle carte dell’inchiesta, come appurato da Biancavilla Oggi, un capitolo corposo è quello della droga. Uno dei canali di acquisto è nelle province di Como e Varese (oltre che nel Messinese, in Calabria e in Campania).
Quando la Dda di Catania comincia ad intercettare le telefonate, alla fine del 2017, Amato è il primo contatto al Nord chiamato da Tony Ugo Scarvaglieri, uomo di spicco dei “Santangelo-Taccuni”, per avviare la trattativa di acquisto. «Il tempo che raccogliamo queste cose e poi…», assicura Scarvaglieri ad Amato, riferendosi alla raccolta del denaro destinato alla droga. E in effetti, l’organizzazione, per disporre di liquidità, assalta il “Credem” di Adrano, scardinando lo sportello bancomat (contenente quasi 25mila euro) con l’ausilio di un mini escavatore (trasportato su un camion rubato a Biancavilla).
La polizia ascolta e segue tutte le fasi. La trasferta al Nord degli uomini del clan. Il loro arrivo. Gli incontri e le trattative in loco. Il viaggio di ritorno verso la Sicilia con un carico di 1,5 kg di eroina.
Oltre ad Amato, entrano in scena, come mediatori in Lombardia, Domenico Salamone, originario di Adrano, e Giovanni Malagò, calabrese residente a Varese, che teneva i contatti diretti con il narcotrafficante albanese Emir Daci, fornitore dello stupefacente (arrestato già nel 2018 con 17,5 kg di eroina e 44mila euro in contante).
È Amato –secondo quanto emerge dall’inchiesta– a ricevere da Malagò un “provino” di eroina, che sarebbe stato testato da Federico Longo (un “intenditore”, ritenuto organico al clan) prima dell’acquisto. Tutti entusiasti della qualità e del buon affare. Sensazioni riferite subito al boss Santangelo, che segue ogni fase da Adrano: «Una bomba… Niente, Gianni, cose mai viste… Madonna mia!». Si passa all’acquisto della droga, si fantasticano consolidamenti di futuri affari.
Secondo i magistrati etnei, «Amato era personalmente coinvolto negli incontri del 22 dicembre che si erano conclusi con l’acquisto di mezzo chilo di eroina al costo di 12mila euro». Era solo una parte. L’intero quantitativo che il gruppo di adraniti carica in auto a Turate (in provincia di Como) viene trasportato, in direzione Sicilia, da David Palmiotti (già indicato da alcuni pentiti come “corriere” del clan Santangelo-Taccuni). Su un’altra auto gli fanno da “scorta” Longo, Scarvaglieri e Antonino Bulla, uomo-chiave del clan per gli affari di droga. È lui che guida la mission in terra lombarda, aggiornando per telefono ed sms il boss su ogni passaggio, incontro, spostamento, sviluppo della trattativa.
Tutto sembrava filare liscio. Fino agli imbarchi dei traghetti per oltrepassare lo Stretto. Qui, la Fiat Bravo di Palmiotti viene bloccata dai poliziotti e lui finisce in manette, dopo il sequestro di due involucri di “roba”. Erano nascosti nello pneumatico della ruota di scorta. L’arresto mette in allarme tutta l’organizzazione. Bulla chiama subito il boss: «Lo butto questo telefono?», chiede. «Che devi fare… ormai… a quest’ora ci hanno sentito…», risponde sconsolato Gianni Santangelo. Era il 23 dicembre del 2017. Per il clan di Adrano, quello sarebbe stato un brutto Natale.
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