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Cronaca

L’ordine impartito dal carcere: «C’è da vendicare quel ragazzino»

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Da sinistra, Placido Tomasello, Salvatore Maglia, Giovanni La Rosa, Vincenzo Cardillo e Gaetano Musumeci

ESCLUSIVO Altre cinque ordinanze richieste dalla Dda completano i blitz dei giorni scorsi. Il vecchio boss Placido Tomasello ed il fedelissimo Salvatore Maglia, ergastolani, comandavano dal carcere. Maglia voleva rispondere all’uccisione del nipote Nicola Gioco, appena 22enne.

di Vittorio Fiorenza

«Hanno ammazzato un ragazzino, era solo un picciriddu». Nelle intercettazioni prese dal carcere di Tempio Pausania, in Sardegna, lo zio della vittima non si dà pace. E vuole la vendetta. Quel “picciriddu” di 22 anni era Nicola Gioco, assassinato in via Pistoia a Biancavilla, lo scorso gennaio, appena 48 ore dopo l’omicidio di Agatino Bivona, in un ping pong della morte tra fazioni rivali.

Lo zio addolorato è Salvatore Maglia, vecchia ed “autorevole” conoscenza del clan biancavillese, condannato all’ergastolo per l’uccisione, oltre 15 anni fa, di Carmelo Ventura (pugile promettente, orbitante nella criminalità organizzata, “colpevole” per qualche sguardo di troppo alla ragazza di cui si era invaghito Maglia). Nello stesso carcere sardo è ospitato Placido Tomasello, il vecchio boss, anche lui ergastolano per quello stesso delitto, avendo concesso e partecipato all’esecuzione.

Sia Tomasello che Maglia comandavano e davano ordini, stando comodi in cella. E le loro direttive arrivavano fino a Biancavilla, attraverso le telefonate autorizzate e i colloqui. Due ergastolani che si pensava fossero consegnati alle pagine della storia criminale etnea. Invece, riemergono tra le carte giudiziarie di questi giorni, nel contesto delle operazioni della Squadra mobile di Catania e del commissariato di Adrano, che hanno portato ad arresti e fermi per associazione mafiosa, detenzione di armi comuni e da guerra e tentate estorsioni.

È stato il Gip di Catania, dopo aver emesso le ordinanze di custodia cautelare per i soggetti fermati sabato scorso, ad emettere – su richiesta della Dda – altre cinque ordinanze di custodia cautelare in carcere. Non solo per Tomasello e Maglia. Ma anche per Vincenzo Cardillo e Gaetano Musumeci (già arrestati nel primo blitz perché in possesso di pistole con matricola abrasa e colpo in canna) e Giovanni La Rosa di 28 anni, coinvolto già nell’operazione antidroga “Binario morto” di Adrano ed indicato come l’autista di Alfredo Maglia (ucciso lo scorso anno). A vario titolo, ribadisce la Dda, accusati di associazione mafiosa, tentate estorsioni e detenzione di armi, anche da guerra.

In particolare, emerge che le comunicazioni di fuoco che provenivano dalla Sardegna riguardavano la vendetta al delitto Gioco. Per lo zio, poco importava chi eliminare: «Quando vai al policlinico, se non trovi quello specialista, vai da un altro». Un modo criptico, intercettato in carcere, per ordinare l’uccisione di uno qualsiasi della fazione avversa.

Ecco spiegato quindi come i recenti blitz che hanno decimato la famiglia Maglia e sequestrato l’arsenale a casa dell’anziano padre di Vincenzo Cardillo (il 38enne, a giorni, avrebbe dovuto sposarsi con una sorella di Nicola Gioco), di fatto hanno evitato una nuova stagione di terrore. In un’emblematica intercettazione di uno dei fermati sabato, Riccardo Cantone, anche lui imparentato con i Maglia, le intenzioni sono chiare: «Io vado ad ammazzare quelli che vogliono ammazzare me, ma mi metto il giubbotto antiproiettile».

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Cronaca

Fuochi d’artificio e rombi di motori per l’ultimo saluto ad Antonio Andolfi

Funerali nella chiesa del “Santissimo Salvatore” per il giovane ucciso nelle campagne di Centuripe

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Fuochi d’artificio fuori dall’abitazione di Spartiviale, all’ingresso della chiesa del “Santissimo Salvatore” e al cimitero. Un corteo con moto e scooter lungo le strade del centro storico. Clacson e rombo di motori. Striscioni e palloncini. Applausi e lacrime.

Così è avvenuto l’ultimo saluto ad Antonio Andolfi, il giovane biancavillese di 20 anni ucciso con un colpo di pistola, durante un inseguimento, nelle campagne di Centuripe.

I funerali li ha celebrati il parroco don Salvatore Verzì. All’interno della chiesa di viale Europa, silenzio e raccoglimento, attorno alla bara bianca.

«Bisogna alzare lo sguardo a Cristo – ha detto padre Verzì – perché guardando Cristo l’uomo, chiunque esso sia, può ritrovare la vera immagine di sé e così non fare del suo cuore un luogo di barbarie». Il sacerdote si è rivolto in modo particolare ai giovani presenti: «La vita è sacra, altrimenti è davvero la barbarie. Solo Cristo ha il potere di liberarci della morte qualsiasi forma essa assuma».

Per ragioni di prevenzione di ordine pubblico, a seguire e monitorare lo svolgimento, come accade in casi del genere, c’erano carabinieri in divisa e in borghese.

Indagini ancora in corso

Sul fronte delle indagini, nonostante sia stato sottoposto a fermo il 46enne Salvatore Santangelo per gravi indizi di colpevolezza, il lavoro dei militari non è ancora concluso. Proseguono approfondimenti e acquisizioni di informazioni. Il fascicolo dell’inchiesta è ora sul tavolo della Procura di Enna, competente per territorio.

Il movente è stato indicato in una serie di dissidi tra il presunto omicida e la vittima per questioni legate a terreni e pascoli di ovini. Al vaglio degli inquirenti, episodi che si riferiscono agli ultimi due anni. L’ultima discussione è degenerata in lite. Ne è nato un inseguimento nelle strade di campagna. Santangelo, con la sua jeep, si è ritrovato affiancato al furgoncino in cui viaggiava Andolfi, e ha cominciato a sparare. Almeno tre colpi di pistola. Uno ha centrato il giovane al torace, come accertato pure dall’esame autoptico.

Il conducente del furgone – anche lui allevatore – ha proseguito la corsa fino all’ospedale di Biancavilla, ma il 20enne era già spirato durante il tragitto. Ai carabinieri della compagnia di Paternò e della stazione di Biancavilla è bastato poco per rintracciare Santangelo, che non era ancora rientrato a casa e che subito ha assunto un atteggiamento collaborativo.

Assistito dall’avv. Giuseppe Milazzo, si attende per lui una nuova convalida del fermo da parte del gip del Tribunale di Enna, dopo quello disposto in un primo momento a Catania. Resta chiuso in una cella del carcere catanese di piazza Lanza. Gli vengono contestati l’omicidio di Andolfi, il tentato omicidio del conducente del furgoncino e il porto illegale d’arma da fuoco.

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