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Cronaca

Il clan in frantumi e la serie di delitti: tutto inizia con l’omicidio di Fifiddu

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C’è una data precisa: il 19 aprile 2010. E un timbro di sangue, “apposto” con colpi di arma da fuoco. Quel 19 aprile segna una svolta storica nella mappa del potere della mafia biancavillese. È il giorno dell’uccisione, in via Carlo Pisacane, di Giuseppe Mazzaglia “Fifiddu”, mentre era a bordo della sua minicar. Un atto plateale che innesca una “mutazione genetica” del clan, fino a quel momento identificato dalle cronache e dalle inchieste antimafia compattamente come “Toscano-Mazzaglia-Tomasello”.

Una “frattura” che apre un lungo periodo di instabilità, culminato a gennaio con due omicidi in 48 ore. E che, stando all’operazione “Garden”, avrebbe dovuto fare ripiombare il centro etneo nel terrore con un altro delitto programmato il 6 ottobre, giorno di chiusura dei festeggiamenti di San Placido, così da amplificarne l’eco.

No, “Fifiddu” non aveva tutti dalla sua parte. Ma nemmeno la sua eliminazione ha portato a ricompattare ex picciotti diventati personaggi di spicco, che un tempo, fino alla fine degli anni ’90, erano padroni del paese senza fazioni in lotta. Così, alla vigilia di Natale del 2012 a cadere sotto una pioggia di piombo, appena dopo avere finito di sorseggiare un caffè in un bar di via Cristoforo Colombo e nonostante una disperata fuga lungo i binari della Fce, è Roberto Ciadamidaro, indicato come braccio destro di Mazzaglia.

La successiva uscita dal carcere di altre vecchie conoscenze consente la riorganizzazione di un gruppo dominante, che subisce però un duro colpo con l’omicidio del referente principe: Alfredo Maglia, biancavillese con un cospicuo numero di anni di galera alle spalle, eliminato ad Adrano.

A gennaio di quest’anno, le due giornate di terrore. Prima l’omicidio di Agatino Bivona, freddato all’uscita di una palestra di via Fallica. Poi, 48 ore dopo, in una sorta di pin pong della morte, l’uccisione in via Pistoia di Nicola Gioco, nipote del Maglia freddato ad Adrano e dei fermati in quest’ultimo blitz. Aveva 22 anni. La sua immagine, per mesi, è stata affissa nelle inferriate dell’edificio dell’ex Ipsia, in pubblica via, per ricordarne la prematura scomparsa. «Bastardi briganti, ammazzaru ‘mpicciriddu», avevano urlato a cadavere caldo i familiari.

Il seguito, dunque, con la recente scarcerazione di Vincenzo Cardillo, cognato di Gioco e nipote acquisito dei Maglia, era stato già deciso e programmato, in una miscela sanguinaria di vendetta e smania di potere. Gli uomini della polizia e dei carabinieri l’hanno evitato.

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Cronaca

Prende a pugni la moglie fino a farla sanguinare: arrestato un 46enne

La vittima trova il coraggio di denunciare, intervento dei carabinieri per bloccare un albanese

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Pugni in testa e in faccia, fino a farla sanguinare. È l’ennesima storia di violenza contro una donna, a Biancavilla. Un 46enne di origini albanesi è stato arrestato dai carabinieri con l’accusa di maltrattamenti in famiglia, ai danni della moglie 45enne.

La pattuglia è stata messa in allarme dalla vicina di casa della vittima. Sentendo delle urla, è uscita in strada e ha visto la donna che scappava con il volto pieno di sangue. Poco prima, infatti, la signora sarebbe stata aggredita dal marito che, tornato a casa ubriaco, dapprima avrebbe dato dei forti pugni al muro e poi se la sarebbe presa con lei.

La donna era in camera da letto e non avrebbe nemmeno compreso quali fossero le accuse mosse dal marito quando lui, invece, avrebbe iniziato a colpirla con pugni alla testa, tenendo un cellulare nelle mani.

Atti violenti pure all’ospedale

Quando i militari hanno raggiunto l’abitazione della vittima, un’ambulanza l’aveva già trasportata al pronto soccorso dell’ospedale “Maria Santissima Addolorata”. I carabinieri, quindi, sono entrati in casa sua per comprendere cosa fosse accaduto. Tracce di sangue notate sulle pareti dell’ingresso, sulle lenzuola in camera da letto e anche su un cellulare rotto lasciato per terra. In cucina, invece, l’aggressore era riverso in terra, ubriaco. Per questo è stato richiesto l’intervento al 118.

All’ospedale cittadino, i medici hanno dovuto ricucire una ferita alla tempia della signora mentre l’uomo ha aggredito verbalmente i medici e i carabinieri, fino a scagliarsi contro questi ultimi e colpendone uno con una manata al petto.

Bloccato e messo in sicurezza, i medici hanno potuto medicarlo, mentre la donna, dimessa, ha deciso di denunciarlo, raccontando la serie di vessazioni e angherie che avrebbe subito nel corso del loro matrimonio e decidendo di trasferirsi a casa di suo fratello. Il 46 enne è stato, perciò, arrestato e collocato ai domiciliari, in un’abitazione diversa da quella coniugale.

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