Connettiti con

Cronaca

Insultò il marito: «Sei un impotente», la donna citata a giudizio per ingiuria

Pubblicato

il

Si sarebbe rivolta al marito con la peggiore delle frasi che un uomo possa sentirsi dire: «Bastardo, non sei un uomo, sei un impotente». Manifestazioni d’ira tipiche di una coppia in crisi. E in effetti, l’episodio riguarda due coniugi di Biancavilla che stanno attraversando una causa di separazione.

Quella offesa, però, lui non l’ha proprio gradita. Così, non soltanto ha presentato querela contro la donna. Ma l’uomo, assistito dall’avv. Pilar Castiglia, ha allegato anche altre accuse contro di lei su fatti che coinvolgerebbero pure il figlio minore della coppia.

Svolte le opportune indagini sui fatti raccontati, che risalirebbero allo scorso anno, il pubblico ministero, Agata Consoli, della Procura distrettuale di Catania, ha adesso firmato un decreto di citazione a giudizio nei confronti della donna.

L’imputata dovrà rispondere di ingiuria per la frase rivolta all’uomo, ma anche di danneggiamento perché le viene contestata la circostanza nella quale lei avrebbe scagliato una pietra contro l’auto del coniuge. Non solo: il pm contesta i reati di percosse ed ingiuria ai danni del figlio, il quale sarebbe stato preso a calci dalla madre e, in un’altra occasione, offeso con la frase: “Bastardo, faccia di cane”.

L’imputata, pertanto, dovrà comparire davanti al Tribunale di Catania, in composizione monocratica.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Pubblicità
Fai clic per commentare

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Cronaca

Fuochi d’artificio e rombi di motori per l’ultimo saluto ad Antonio Andolfi

Funerali nella chiesa del “Santissimo Salvatore” per il giovane ucciso nelle campagne di Centuripe

Pubblicato

il

Fuochi d’artificio fuori dall’abitazione di Spartiviale, all’ingresso della chiesa del “Santissimo Salvatore” e al cimitero. Un corteo con moto e scooter lungo le strade del centro storico. Clacson e rombo di motori. Striscioni e palloncini. Applausi e lacrime.

Così è avvenuto l’ultimo saluto ad Antonio Andolfi, il giovane biancavillese di 20 anni ucciso con un colpo di pistola, durante un inseguimento, nelle campagne di Centuripe.

I funerali li ha celebrati il parroco don Salvatore Verzì. All’interno della chiesa di viale Europa, silenzio e raccoglimento, attorno alla bara bianca.

«Bisogna alzare lo sguardo a Cristo – ha detto padre Verzì – perché guardando Cristo l’uomo, chiunque esso sia, può ritrovare la vera immagine di sé e così non fare del suo cuore un luogo di barbarie». Il sacerdote si è rivolto in modo particolare ai giovani presenti: «La vita è sacra, altrimenti è davvero la barbarie. Solo Cristo ha il potere di liberarci della morte qualsiasi forma essa assuma».

Per ragioni di prevenzione di ordine pubblico, a seguire e monitorare lo svolgimento, come accade in casi del genere, c’erano carabinieri in divisa e in borghese.

Indagini ancora in corso

Sul fronte delle indagini, nonostante sia stato sottoposto a fermo il 46enne Salvatore Santangelo per gravi indizi di colpevolezza, il lavoro dei militari non è ancora concluso. Proseguono approfondimenti e acquisizioni di informazioni. Il fascicolo dell’inchiesta è ora sul tavolo della Procura di Enna, competente per territorio.

Il movente è stato indicato in una serie di dissidi tra il presunto omicida e la vittima per questioni legate a terreni e pascoli di ovini. Al vaglio degli inquirenti, episodi che si riferiscono agli ultimi due anni. L’ultima discussione è degenerata in lite. Ne è nato un inseguimento nelle strade di campagna. Santangelo, con la sua jeep, si è ritrovato affiancato al furgoncino in cui viaggiava Andolfi, e ha cominciato a sparare. Almeno tre colpi di pistola. Uno ha centrato il giovane al torace, come accertato pure dall’esame autoptico.

Il conducente del furgone – anche lui allevatore – ha proseguito la corsa fino all’ospedale di Biancavilla, ma il 20enne era già spirato durante il tragitto. Ai carabinieri della compagnia di Paternò e della stazione di Biancavilla è bastato poco per rintracciare Santangelo, che non era ancora rientrato a casa e che subito ha assunto un atteggiamento collaborativo.

Assistito dall’avv. Giuseppe Milazzo, si attende per lui una nuova convalida del fermo da parte del gip del Tribunale di Enna, dopo quello disposto in un primo momento a Catania. Resta chiuso in una cella del carcere catanese di piazza Lanza. Gli vengono contestati l’omicidio di Andolfi, il tentato omicidio del conducente del furgoncino e il porto illegale d’arma da fuoco.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Continua a leggere
Pubblicità

DOSSIER MAFIA

I più letti