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Cronaca

Rubano 90 kg di rame a Mandarano: un biancavillese tra gli arrestati

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Filippo Cancelliere

Filippo Cancelliere

Domenico Bonsignore

Domenico Bonsignore

Giuseppe Bellissimo

Giuseppe Bellissimo

Già comparsi davanti al Tribunale di Enna e giudicati con rito direttissimo. Due sono stati condannati a un anno e otto mesi di pena detentiva ai domiciliari. Il terzo, cui è stato rifiutato il patteggiamento, subito trasferito in carcere.

 

Arrestati in tre dai carabinieri della compagnia di Nicosia, mentre caricavano su un furgone quasi un quintale di rame rubato a Mandarano, contrada tra Biancavilla e Centuripe.

In manette sono finiti Filippo Cancellieri, 30enne di Biancavilla ma residente a Santa Maria di Licodia, e Giuseppe Bellissimo e Domenico Bonsignore, entrambi 26enni licodiesi. Sono accusati di furto aggravato in concorso.

Sono stati i militari dell’Arma della stazione di Centuripe, allertati telefonicamente da un cittadino della presenza di un’autovettura abbandonata in contrada Mandarano, a recarsi sul posto per effettuare le dovute verifiche. In quello stesso momento, i carabinieri hanno notato un furgone, poi risultato essere di proprietà di uno degli arrestati, parcheggiato e nascosto tra le piante e con il motore ancora caldo.

refurtiva-rame-mandarano2refurtiva-rame-mandaranorefurtiva-rame-mandarano3I militari non vedendo nessuna persona nei pressi del mezzo, insospettiti, hanno deciso di nascondersi tra la vegetazione in attesa dell’arrivo degli occupanti del mezzo.

Dopo qualche minuto, in maniera silenziosa, hanno visto arrivare i tre soggetti con in mano gli attrezzi utilizzati per compiere il furto: immediatamente sono stati bloccati.

Nel corso del sopralluogo effettuato dagli investigatori sono stati rinvenuti, nascosti tra la vegetazione, ulteriori arnesi utili allo scasso (tenaglie, giraviti e seghetti) nonché la merce rubata: tre bobine in filo di rame, una matassa di filo conduttore di rame da 100 metri e un intero trasformatore ad alta tensione. Il peso complessivo del rame asportato era di circa 90 kg.

Le indagini successive hanno consentito di accertare che i tre catanesi si erano introdotti poco prima presso una centrale di distribuzione di energia elettrica di proprietà del Consorzio “Mandarano Alto” con sede legale a Biancavilla e, dopo aver distrutto totalmente la centrale, avevano recuperato tutto il rame presente.

I componenti della banda, risultati già noti ai carabinieri in quanto pregiudicati per reati specifici, sono stati poi trasferiti presso le camere di sicurezza del Comando provinciale dei carabinieri di Enna in attesa del rito direttissimo, come disposto dal magistrato di turno della Procura della Repubblica di Enna.

Rito che si è celebrato in mattinata davanti al giudice Alessandra Maira del Tribunale di Enna. Per Bellissimo è stata rigettata la richiesta di patteggiamento e quindi è stata emessa ordinanza di custodia cautelare in carcere. Cancelliere e Bonsignore, accolta la richiesta di patteggiamento, sono stati condannati a un anno e otto mesi, da scontare in regime di detenzione domiciliare.


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Furto di rame, il video dell’arresto di un biancavillese e di due licodiesi


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Cronaca

Fuochi d’artificio e rombi di motori per l’ultimo saluto ad Antonio Andolfi

Funerali nella chiesa del “Santissimo Salvatore” per il giovane ucciso nelle campagne di Centuripe

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Fuochi d’artificio fuori dall’abitazione di Spartiviale, all’ingresso della chiesa del “Santissimo Salvatore” e al cimitero. Un corteo con moto e scooter lungo le strade del centro storico. Clacson e rombo di motori. Striscioni e palloncini. Applausi e lacrime.

Così è avvenuto l’ultimo saluto ad Antonio Andolfi, il giovane biancavillese di 20 anni ucciso con un colpo di pistola, durante un inseguimento, nelle campagne di Centuripe.

I funerali li ha celebrati il parroco don Salvatore Verzì. All’interno della chiesa di viale Europa, silenzio e raccoglimento, attorno alla bara bianca.

«Bisogna alzare lo sguardo a Cristo – ha detto padre Verzì – perché guardando Cristo l’uomo, chiunque esso sia, può ritrovare la vera immagine di sé e così non fare del suo cuore un luogo di barbarie». Il sacerdote si è rivolto in modo particolare ai giovani presenti: «La vita è sacra, altrimenti è davvero la barbarie. Solo Cristo ha il potere di liberarci della morte qualsiasi forma essa assuma».

Per ragioni di prevenzione di ordine pubblico, a seguire e monitorare lo svolgimento, come accade in casi del genere, c’erano carabinieri in divisa e in borghese.

Indagini ancora in corso

Sul fronte delle indagini, nonostante sia stato sottoposto a fermo il 46enne Salvatore Santangelo per gravi indizi di colpevolezza, il lavoro dei militari non è ancora concluso. Proseguono approfondimenti e acquisizioni di informazioni. Il fascicolo dell’inchiesta è ora sul tavolo della Procura di Enna, competente per territorio.

Il movente è stato indicato in una serie di dissidi tra il presunto omicida e la vittima per questioni legate a terreni e pascoli di ovini. Al vaglio degli inquirenti, episodi che si riferiscono agli ultimi due anni. L’ultima discussione è degenerata in lite. Ne è nato un inseguimento nelle strade di campagna. Santangelo, con la sua jeep, si è ritrovato affiancato al furgoncino in cui viaggiava Andolfi, e ha cominciato a sparare. Almeno tre colpi di pistola. Uno ha centrato il giovane al torace, come accertato pure dall’esame autoptico.

Il conducente del furgone – anche lui allevatore – ha proseguito la corsa fino all’ospedale di Biancavilla, ma il 20enne era già spirato durante il tragitto. Ai carabinieri della compagnia di Paternò e della stazione di Biancavilla è bastato poco per rintracciare Santangelo, che non era ancora rientrato a casa e che subito ha assunto un atteggiamento collaborativo.

Assistito dall’avv. Giuseppe Milazzo, si attende per lui una nuova convalida del fermo da parte del gip del Tribunale di Enna, dopo quello disposto in un primo momento a Catania. Resta chiuso in una cella del carcere catanese di piazza Lanza. Gli vengono contestati l’omicidio di Andolfi, il tentato omicidio del conducente del furgoncino e il porto illegale d’arma da fuoco.

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