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Cronaca

I familiari di Alessandro Calvagno: «La salma lasciata tra le mosche»

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I tentativi disperati di salvare Alessandro Calvagno

I tentativi disperati di salvare Alessandro Calvagno, attorniato dai familiari

Protesta contro il Comune e la struttura cimiteriale che non avrebbero conservato il corpo del 42enne in condizioni dignitose. Lo sfogo di un fratello: «Presenteremo una denuncia, non si tratta così nemmeno un cane».

di Vittorio Fiorenza

È stata eseguita per fugare ogni dubbio l’autopsia sul corpo di Alessandro Calvagno, il 42enne, padre di tre figli, morto in viale dei Fiori in un incidente con la sua moto. I funerali, quindi, si svolgeranno domani pomeriggio nella parrocchia “Sacro Cuore”.

Le operazioni autoptiche sono state svolte dal medico legale nominato dalla Procura, alla presenza del perito incaricato dalla famiglia di Calvagno. Familiari che ieri al cimitero hanno protestato per le condizioni in cui sarebbe stata trattata la salma.

Alessandro Calvagno, 42 anni

Alessandro Calvagno, 42 anni

Ecco il racconto indignato che Gianfranco Calvagno, fratello della vittima, ci ha chiesto di riportare: «Abbiamo visto la salma di Alessandro in condizioni non proprio dignitose. Nemmeno un cane morto si tratta così, tra le mosche. Era rinchiuso in un sacco di plastica e non nella sua bara. La temperatura della cella frigorifera non era adeguata e quindi il cadavere era così gonfio, al punto che abbiamo dovuto cambiare la cassa funebre. La struttura del cimitero non è adeguata per un intervento di autopsia e ognuno a cui mostravamo le nostre lamentele scaricava responsabilità ad altri. Questo non è un modo civile. Certo, qualsiasi accorgimento non avrebbe riportato in vita Alessandro, ma ci vuole rispetto per i morti e per i familiari che hanno subìto una tragedia di questa portata. Per questo, appena svolti i funerali, ci recheremo dai carabinieri per formalizzare una denuncia su quanto abbiamo visto, nella speranza che altri familiari nella nostra stessa situazione non soffrano ulteriormente».

Parole sofferte, ma pronunciate civilmente, che chiamano in causa il Comune di Biancavilla. Dino Mazzaglia, responsabile dell’Ufficio “Servizi cimiteriali”, replica così: «Riteniamo che la struttura sia dignitosa ed adeguata. Se i medici legali non l’avessero ritenuta tale, si sarebbero rifiutati di operare e avrebbero chiesto il trasporto in altra sede. Credo che il Comune abbia la coscienza pulita. Va anche detto che la salma è arrivata al cimitero lunedì, cioè il giorno successivo dell’incidente e dopo essere rimasta all’obitorio dell’ospedale».

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Cronaca

Omicidio Andolfi, a Santangelo concessi i domiciliari dal Tribunale del Riesame

L’indagato esce dal carcere “Pagliarelli” di Palermo e torna nella casa di Biancavilla, in attesa del processo

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Salvatore Santangelo, accusato dell’omicidio di Antonio Andolfi, è uscito dal carcere “Pagliarelli” di Palermo e si trova ai domiciliari, nella sua abitazione di Biancavilla. Lo ha deciso il Tribunale del Riesame di Caltanissetta. Aassistito dagli avv. Fabrizio Siracusano e Giuseppe Milazzo, Santangelo torna a casa, quindi, dopo 6 mesi, in attesa del processo che dovrà chiarire i dettagli dell’uccisione del giovane 20enne.

«Una lite tra allevatori per questioni di pascolo», si era detto nell’immediatezza dei fatti, avvenuti nel luglio scorso in territorio di Centuripe. La vittima era stata trasportata con un furgoncino fino all’ospedale “Maria Santissima Addolorata” di Biancavilla, dove i medici, però, avevano constatato il decesso a seguito di arma da fuoco. A guidare il mezzo, un suo amico e compagno di lavoro, che aveva messo i carabinieri della compagnia di Paternò e della stazione di Biancavilla sulle tracce di Santangelo. Anche il conducente era stato un bersaglio mancato dei colpi di pistola. Proprio per questo, a Santangelo viene contestato pure il reato di tentato omicidio.

Essendo i fatti avvenuti nelle campagne di Centuripe, titolare dell’inchiesta è la Procura di Enna con i sostituti Stefania Leonte e Massimiliano Muscio. Nel corso di questi ultimi mesi sono stati effettuati degli esami tecnici irripetibili. Il quadro indiziario sembra più chiaro, rispetto alle fasi iniziali delle indagini.

Sarà, comunque, il processo a carico di Santangelo (presso la Corte d’Assise di Caltanissetta in caso di rito ordinario) ad accertare l’esatta dinamica: dal diverbio all’inseguimento in auto. Ma anche i motivi che hanno portato l’uomo ad una scelta così estrema. In questo contesto, bisognerà ricostruire i rapporti e gli espisodi di contrasto, anche nell’arco degli anni, tra i soggetti coinvolti.

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