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L'Intervista

Rapisarda lascia Biancavilla: «Io, un carabiniere tra la gente»

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© Foto Biancavilla Oggi

Il luogotenente Roberto Rapisarda lascia la guida della stazione dei carabinieri di Biancavilla. Dopo quattro anni di permanenza nella caserma di via Benedetto Croce è stato promosso al vertice del Nucleo operativo e radiomobile della Compagnia di Randazzo. Con lui, un altro militare della stazione biancavillese va a Randazzo: Sandro Ciccarelli, profondo conoscitore della realtà criminale locale, essendo stato in servizio nel nostro paese per quasi 15 anni. Al posto di Rapisarda, a giorni subentrerà il maresciallo Fabrizio Gatta, reduce dell’esperienza di guida della stazione di Motta Sant’Anastasia.

In questi giorni, Roberto Rapisarda è stato impegnato in un giro di incontri per salutare Biancavilla. Prima una serata informale nella sede dell’Associazione Nazionale Carabinieri tra i militari della stazione, il capitano Angelo Accardo, rappresentanti istituzionali e delle altre forze dell’ordine, oltre ad alcuni cronisti (tra cui noi di Biancavilla Oggi) con cui Rapisarda ha costruito un rapporto speciale. Poi, al palazzo comunale, dove il sindaco Antonio Bonanno, il presidente del Consiglio Comunale, Marco Cantarella, hanno dato il saluto e manifestato sentimenti di gratitudine.

Nella primavera del 2015, le prime dichiarazioni alla stampa, appena insediato, Rapisarda le ha rilasciate a Biancavilla Oggi. «Mi metto al servizio dei cittadini», ci disse. Parole mantenute. Ed eccoci qui per l’ultima intervista da comandante di stazione.

Comandante Rapisarda, un trasferimento che per lei è una promozione.
Il mio nuovo incarico si sviluppa su più comuni, è senz’altro di maggiore prestigio. Per me sarà un maggiore impegno.

Quattro anni fa lei si insediò a Biancavilla. Trovò un ambiente ostile: così lei lo ha definito. Perché?
Biancavilla era un comune “difficile”. Così mi era stato descritto. Era sicuramente così. La gente ti guardava storto anche per strada. Ma piano piano, con il lavoro svolto con lealtà e professionalità da parte di tutti, siamo riusciti ad avvicinare la gente. Abbiamo tolto quel muro che c’era tra l’istituzione Arma e la cittadinanza.

In questi quattro anni diverse sono state le operazioni antimafia, antiracket, antidroga, ma anche indagini che magari non hanno avuto la ribalta delle cronache. Lo dimostrano i numeri.
I numeri non li trovo troppo essenziali. Ma certamente ci sono stati anche quelli: centinaia gli arresti, quasi un migliaio le denunce a piede libero, segnalazioni di giovani che fanno uso di sostanze stupefacenti, ingenti quantitativi di droga, armi e munizioni sequestrati.

Numeri che mostrano una vivacità criminale e senz’altro una vocazione all’illegalità.
Biancavilla ha la gran parte dei cittadini sani. Certo, c’è la criminalità organizzata. Qualche anno fa ce n’era di più. Ma si va verso una situazione di quasi normalità.

Blitz come “Onda d’urto”, “Reset” o la più recente “Città blindata” e la lettura delle relative carte di indagine svelano uno spaccato di una Biancavilla “parallela”.
Il Comune perfetto non esiste. Ma va sottolineato che c’è stata una Biancavilla che ha reagito all’illegalità e oggi è più pulita.

E poi ricordiamo quell’episodio che ha ferito l’Arma (in tutti i sensi): la fiera del bestiame dell’ottobre 2016. Un carabiniere, il mar. Guido Costigliola, insanguinato alla testa, l’avv. Pilar Castiglia e l’attivista Lav, Angelica Petrina, picchiate selvaggiamente, sputate, insultate.
Certamente, non ci fa piacere essere aggrediti. Ma capita anche altrove, fa parte del nostro lavoro. Ciò che conta è che chi ha sbagliato si imbatterà nel corso della giustizia e sicuramente verranno puniti.

La presenza dello Stato e dell’Arma non è mancata: le operazioni compiute negli ultimi trent’anni, da Vulcano 1 a “Città blindata” lo dimostrano. Manca ancora un cambio di atteggiamento di una parte dei biancavillesi. Non si può nascondere che omertà e mentalità mafiosa siano presenti. E per eliminarle non basta un blitz, ma l’intervento di altri “attori”.
Biancavilla è cresciuta sul fronte della legalità. Lo vediamo quando andiamo nelle scuole: i ragazzi sono ben preparati, conoscono bene il significato della parola “legalità” e la esprimono con il rispetto delle leggi.

Tra le soddisfazioni che porta via da Biancavilla, ce n’è una in particolare?
Sì, il sondaggio di Biancavilla Oggi, che ha valutato l’Arma dei carabinieri come l’istituzione locale valutata come quella più efficiente e più vicina alla gente. Un sondaggio che ci ha dato un 10 e lode. Significa che siamo diventati un punto di riferimento. È veramente motivo di soddisfazione: avere avvicinato l’Arma dei carabinieri ai cittadini e averne avuto dimostrazione pure in questi giorni di saluti. Carabinieri e cittadini sono un tutt’uno: è la gioia che mi porto nel cuore. Spero di fare altrettanto ovunque andrò.

A quel sondaggio, oltre 400 biancavillesi avevano risposto, decretando appunto il primo posto dell’Arma per popolarità tra 10 istituzioni o uffici pubblici locali. Merito anche del suo approccio, inedito, di essere presente tra i biancavillesi, al di là dei doveri d’ufficio?
No, il merito è stato di tutti. Metto in testa la Compagnia di Paternò con il mio comandante, cap. Angelo Accardo, i colleghi di altri reparti, che lavorano in silenzio ma fanno tanto per questa città. Il merito è corale. Io ho avuto la fortuna e il privilegio di essere comandante di stazione.

A proposito: il rapporto che fin dal suo insediamento ha instaurato con noi e i lettori è stato leale e produttivo, nel rispetto dei ruoli e di quell’equilibrio precario tra diritto di cronaca ed esigenza del segreto investigativo. Lei va via da Biancavilla e Biancavilla Oggi perde un lettore assiduo e speciale.
No, affatto. Continuerò a leggere Biancavilla Oggi perché non vi nascondo che a me è servito per aggiornarmi. Molti fatti li ho conosciuti tramite il vostro giornale. Biancavilla Oggi racconta e segue veramente bene la città. Lo fa con correttezza, dando notizie reali, senza sensazionalismi e per questo è seguita da così tanti lettori.

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Cultura

Carmelo Bonanno: «Biancavilla e quel 2 giugno 1946, il ritorno alla democrazia»

L’autore di Nero su Bianco Edizioni:: «I valori dell’antifascismo e della libertà vanno difesi ogni giorno»

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La caduta del fascismo, la fine della guerra, le macerie materiali e morali. Un paese da ricostruire. Biancavilla vive gli eventi con una partecipazione corale per ricostituire i partiti e svolgere le prime consultazioni elettorali, dopo la dittatura ventennale di Benito Mussolini. Carmelo Bonanno racconta gli eventi dell’immediato dopoguerra nel volume “Biancavilla e Adrano agli albori della democrazia”, pubblicato da Nero su Bianco Edizioni. Una ricerca ricca di testimonianze, che in quel 2 giugno 1946 vede la data cruciale per costruire un futuro carico di speranza, nel segno della libertà e del progresso.

Bonanno, quello è un giorno che ci restituisce la democrazia. Biancavilla come arrivò alle prime elezioni e al referendum del ‘46?

Biancavilla, a differenza dei comuni limitrofi, non conobbe la devastazione del suo territorio perché non subì i pesanti bombardamenti alleati di fine seconda guerra mondiale. Secondo i democristiani dell’epoca il merito fu di padre Antonino Arcidiacono e di altri due suoi amici carissimi che andarono a Piano Rinazze, dove erano stanziati gli Alleati, e mediarono con loro affinché Biancavilla fosse risparmiata. Secondo i comunisti del tempo, invece, furono i tedeschi che, notata la forte opposizione di Biancavilla, preferirono abbandonarla per evitare di rallentare la fuga dalle truppe alleate. Non sappiamo quale delle due versioni corrisponda a verità, magari in entrambe c’è del vero. Resta il fatto che Biancavilla arriva all’appuntamento elettorale in un quadro di maggiore “stabilità”.

Oggi ricorre anche l’anniversario del referendum istituzionale nel quale gli italiani si espressero a favore della Repubblica come forma di governo, anche se a Biancavilla – come in tutto il Mezzogiorno – la maggioranza scelse la Monarchia…

Sì, ma è anche vero che il risultato repubblicano a Biancavilla fu notevole perché la media siciliana di voti per la Repubblica era del 35% mentre a Biancavilla ottenne quasi il 49%.

Alle Amministrative dell’aprile 1946, a Biancavilla, la Democrazia Cristiana dominò conquistando 24 seggi su 30 in Consiglio Comunale ed eleggendo il farmacista Salvatore Uccellatore come sindaco, confermando poi il netto vantaggio sugli altri partiti anche alle elezioni dell’Assemblea Costituente del 2 giugno successivo. Biancavilla era (ed è) democristiana?

Sì, certo, Eccezion fatta per la parentesi comunista di Peppino Pace, la Dc seppe sempre rigenerarsi e governare, di fatto fino alla fine della cosiddetta Prima Repubblica.

Oltre a padre Arcidiacono e a Salvatore Uccellatore quali furono le altre personalità di spicco della Dc locale in quegli anni iniziali dell’Italia repubblicana?

Ebbero un ruolo importante Filippo Leocata, medico, e Alfio Minissale, ingegnere, impegnato nella formazione della classe dirigente giovanile dello Scudocrociato. 

Che ruolo ebbero il clero e la Chiesa nel successo democristiano?

Un ruolo fondamentale. Esercitato anche attraverso la costituzione di iniziative associative quali quelle dell’Azione Cattolica, degli Uomini Cattolici e delle Donne Cattoliche. E di un comitato in cui ebbero un ruolo di prim’ordine padre Giosuè Calaciura e Salvatore Uccellatore, prodigatisi per venire incontro ai bisogni dei biancavillesi.

E le donne, appunto, che per la prima volta ebbero diritto di voto?

Le donne giocarono un ruolo importante già durante il periodo della guerra: diedero sostegno economico e sociale, anche tramite la Chiesa, ai bisognosi e alle vedove di guerra. La loro azione politica fu funzionale alle loro opere di carità e assistenza, poi ricambiate in voti per la Democrazia Cristiana. Fornirono spesso un contributo decisivo, convincendo le donne a votare Dc in contrapposizione al Pci.

La sinistra biancavillese, “minoritaria” ma comunque con un consenso significativo, percorse una strada ben più accidentata. Perché?

Perché, tra le altre cose, ci fu una “scissione” tra la corrente dibenedettiana e il resto del partito. E i comunisti, scomunicati, subirono una notevole pressione “interna” ed “esterna”. Lo stesso Di Benedetto, di professione riparatore e noleggiatore di biciclette e allora segretario della Camera del lavoro locale, fu accusato – secondo le testimonianze dell’epoca – di aver rubato parte degli pneumatici inviati dal sindacato provinciale. Pneumatici all’epoca utilizzati non solo per le bici ma anche e soprattutto per creare le suole delle scarpe. Da lì capì che era stato preso di mira e che fosse un capro espiatorio e si allontanò dal partito, che di fatto si “riunificò”.

La lotta di classe nel nostro territorio portò anche all’occupazione delle terre. Che risultati ottenne?

Contraddittori. Perché, a seguito dell’assegnazione seguita alla riforma agraria, alcuni ricevettero terre proficue e redditizie. Altri, terre aride e cretose.

Una Biancavilla a maggioranza democristiana ma geograficamente divisa tra il centro “biancofiore” e la periferia comunista. Guidata da personalità carismatiche. Persino con un primato: prima città italiana a rivoltarsi contro i fascisti nella sommossa del 23 dicembre 1923. Una memoria sconosciuta ai più, che oggi ignorano le radici storiche della ricostruzione democratica locale. Che lezione dovremmo trarne a quasi un secolo di distanza?

Non dobbiamo dimenticare da dove proveniamo. Dobbiamo conoscere il nostro passato. Siamo figli della nostra storia. E la storia ci insegna che ci sono dei valori condivisi – l’antifascismo, la libertà, la democrazia – che noi oggi diamo per scontati ma che non lo sono affatto. E la storia serve a ricordarci che queste conquiste vanno difese ogni giorno.

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