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Cultura

“Correva l’anno 2020”, ecco l’ultima fatica letteraria di Alfio Bisicchia

L’autore biancavillese dà alle stampe un nuovo romanzo, completando una trilogia narrativa

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È appena uscita, ancor fresca di stampa, l’ultima fatica letteraria del prof. Alfio Bisicchia. Nella sua coerenza, egli ha inteso completare una trilogia narrativa incentrata sulla conduzione della vita domestica, già iniziata nel 2018 con “Storia di una famiglia di provincia” e poi proseguita nel 2020 con “Storia di un amore, tra passato e presente”.

Come già accaduto nei suoi scritti precedenti, l’Autore, pur cambiando nomi e situazioni esistenziali, ha continuato a focalizzare la sua attenzione sui valori che ogni nucleo familiare che si rispetti dovrebbe sempre privilegiare e conservare, ciò anche quando, in tempi di pandemia, le evenienze improvvise tendono a stravolgere inopinatamente l’iter giornaliero di ciascuno. Egli preconizza, sicuro, che la pandemia non deve distruggere né i giorni assegnati alla nostra vita e nemmeno gli affetti per i quali abbiamo sacrificato ogni primaria esigenza. Ovunque, tra le pagine del suo scritto, questa è la preoccupazione che vi trasuda! Per Bisicchia, questo anonimo romanzo “popolare” dei nostri giorni, fatto di “storia e di invenzione”(quasi a memorare Manzoni), “è come il palcoscenico di un teatro in cui recitano tanti attori che si muovono tra una scena e l’altra” sperando – per la paura di sbagliare, aggiungo, specialmente quando il panico sembra prevalere – che tutto alla fine vada per il verso giusto fino allo scampato pericolo.

Chi legge, sin dalle prime pagine, si rende conto che questo è il romanzo surreale che viviamo ai nostri giorni, una sorta di specchio deformato in cui le nostre giornate appaiono falsate dall’incertezza, dai dubbi, dai lutti improvvisi – quelli che non vorremmo mai verificarsi – dalle troppe chiacchiere di chi ama speculare senza ragione sugli onesti tentativi dei medici di porre un rimedio serio ad un malessere che è, e rimane comunque, da arginare, pena la vita. L’Autore perciò, nel suo libro invoca tra le famiglie maggiore saggezza, forza d’animo, la ferma volontà di contribuire a mantenere in piedi gli affetti, i valori sociali, civili, e soprattutto cristiani, costruiti faticosamente negli anni dai predecessori affinché tutto questo non vada dissipato o, peggio ancora, calpestato in dispregio della vita: amaro e temuto destino, come quello delle foglie che appassiscono in autunno. Egli non si stanca di sottolineare che il suo “romanzo è la storia di una famiglia che vive in questo periodo, educata e cresciuta con i saldi principî morali dell’onestà, della fedeltà, della laboriosità” e, perché no?, della Fede, mantenendosi coerentemente “legata alle sue origini”.

Non voglio dir nulla sulle vicende particolari dei personaggi narrate nel libro, e nemmeno sui fattori che animano gli eventi intercorsi. Se tanto facessi, toglierei al Lettore il piacere della scoperta! Tuttavia, per favorirlo nel comprendere compiutamente quanto ivi descritto, voglio invitarlo a tener presenti gli elementi più significativi che i contenuti lasciano indirettamente trasparire e che qui enuncio:

– Il romanzo non ha una trama ben definita, è inutile cercarla. È piuttosto il cursus del Covid 19 che sin dal suo inizio costruisce tra le sue pieghe la storia di tutte le famiglie italiane, e biancavillesi in specie visto che anche noi abbiamo sperimentato le nostre paure e pianto i nostri morti.

– L’Autore ha operato di proposito una finzione storico-letteraria proiettandosi in anni felici, immaginati ormai senza più pandemia e che invero dobbiamo ancora vivere, descrivendo i fatti, le angosce, le ire, le chiacchiere inutili nonché lo scetticismo gratuito di molti come acqua passata, materializzando questi aspetti nella rinnovata quotidianità come fantasmi evanescenti di una situazione non più infelice, allo stesso modo – per ricordare Dante – del naufrago che, scampato miracolosamente alla furia della tempesta, appena approdato si volge indietro sulla riva a rimirare bieco il sito, e il guaio, da cui è riuscito a tirarsi fuori.

– Nelle sue conclusioni, Bisicchia vuol farsi portavoce di una speranza che, prima o poi, dovrà per forza di cose diventare certezza: “…una volta passata questa tragica esperienza, ritorna la vita di sempre, la gioia di vivere, la voglia di coltivare sogni e speranze” sebbene, di necessità, “non tutto potrà essere come prima” perché “non si cancelleranno facilmente i rischi di chi ha dovuto attraversare un tunnel buio prima di vedere in fondo la luce”.

– A lettura finita, il libro impone a ciascuno di noi un’attenta riflessione, o meglio un severo esame di coscienza, sullo stato dei valori che effettivamente coltiviamo al fine di intravedere tra le nostre prospettive future una utile deviazione dei nostri pregressi stili comportamentali verso benefici che siano davvero sostanziali, non solo teorici. Se questo riusciremo a fare – ci dice – il Covid non ci ha colpiti solo per farci soffrire. Sta all’intelligenza umana saper trarre spunti adeguati a trasformare l’apparenza del male in concretezza del bene. Basta non dimenticare!

Complimenti, al caro Prof.! Come sempre, ha saputo bruciare i tempi anticipandoli. Auguri anche a lui!

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Cultura

Memorie della famiglia Piccione: uno squarcio nella storia di Biancavilla

Nel libro di Giosuè Salomone una ricostruzione accurata con aneddoti e una ricca documentazione

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Le pagine iniziano con la trascrizione dell’audio della voce di nonna Concettina, classe 1877, che, ignara di essere registrata, narra episodi riguardanti i suoi stessi nonni e quindi arrivando a fatti risalenti al XVIII secolo. Prende il via così un viaggio che, attraverso le storie e mediante la puntuale ricostruzione narrativa di luoghi e situazioni riportate da Giosuè Salomone, con la precisione di un matematico e con la passione di chi si sente parte viva e attiva di ciò che scrive, ci fa scoprire e riscoprire la storia del nostro paese, ci fa rivivere la realtà della nostra comunità fin quasi alle origini stesse, facendo parlare i documenti.

Il suo ultimo lavoro di ricerca è intitolato “Per sé e per la delizia degli amici, la famiglia Piccione di Biancavilla” (Giuseppe Maimone Editore, 180 pagg.).

Il capostipite Thomas Piccione si stabilisce a Biancavilla tra la fine del Cinquecento e gli inizi del Seicento, probabilmente inviato dai Moncada, signori della contea di Adernò, di cui Biancavilla faceva parte. Nei decenni successivi i discendenti, che come il padre, probabilmente svolgevano il mestiere delle armi al servizio del loro signore, assumono un ruolo fondamentale nella società paesana.

Francesco viene investito del titolo di barone di Grassura e del Mulino d’Immenzo, e i suoi discendenti si dedicano alla costruzione di un mulino, di alcune chiese, ne restaurano e abbelliscono altre. Furono i principali mecenati del pittore Giuseppe Tamo. Acquistano terreni e, mediante matrimoni e padrinati nei battesimi, riescono a stringere relazioni con altre famiglie aristocratiche del circondario, accrescendo in importanza e prestigio.

Un viaggio lungo i secoli

Tra i vari racconti di nonni, bisnonni, zii e prozii, approfonditi e corroborati da atti notarili e testamenti, lettere, fogli di famiglia e altre carte, si riesce a desumere uno spaccato della società biancavillese durante i secoli, anche quelli più oscuri e incerti del Seicento e degli inizi del Settecento. E si arriva al Risorgimento, ai moti patriottici, all’Unità d’Italia e al periodo turbolento che la seguì (la storia di Piccolo Tanto – Ferdinando Piccione – è veramente emblematica e suggestiva).

Fanno da sfondo il palazzo Piccione, lo scrigno che ha custodito eventi e, come è naturale che sia, circostanze intime e quotidiane per ben dieci generazioni a partire da Giosafat Piccione, rappresentando un continuum nella storia di famiglia. E poi u giardineddu do’ spasimu, un appezzamento di terreno a sud del centro abitato voluto da Salvator Piccione «per sé e per la delizia degli amici» (frase incisa in latino sull’arco d’ingresso del podere). Il quartiere di san Giuseppe dove sorge quella che fu la cappella presso la corte di palazzo.

Tra le pagine emergono anche i tratti psicologici e caratteriali di molti personaggi del casato ma, di rimando, pure quelli di molti compaesani del tempo ormai passato. Affiora perfino un certo lessico familiare che varca i decenni e, attraverso aneddoti e storielle, perpetua le memorie di famiglia.

Nella seconda parte del volume, diverse appendici, allargano la ricerca di Giosuè Salomone, e la arricchiscono con svariati contributi: cartine topografiche, piantine e alberi genealogici che, quando saranno approfonditi dai lettori, riveleranno indubbiamente tantissime curiosità e chissà, permetteranno a ogni appassionato di rivedersi in qualcuno dei personaggi o ritrovarsi, magari con la sola fantasia, in una delle vicende descritte…

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