L'Intervento
L’ultimo saluto a Placido Dell’Erba, non solo un tipografo ma vero “artista della parola”
LA TESTIMONIANZA Sentimenti estemporanei: quando la memoria diventa un canto triste per un amico andato
Caro Placido,
mentre, seduto alla console, la mia mente ancora confusa cerca di dare corpo ad una miriade d’inconsolati pensieri che si inabissano tragicamente nel turbinio di vecchi e nuovi ricordi, in chiesa qualcuno, non all’ombra della solitudine come me, celebra intanto la fine del tuo ciclo biologico additando ai presenti l’onestà del tuo trascorso agire in famiglia e nel lavoro nonché la Fede che puntualmente ti ha accompagnato alla messa domenicale all’Annunziata per accaparrarti quei benefici spirituali cui ogni buon cristiano aspira.
Non ho avuto il coraggio di venire a vederti, sicuro com’ero, qualora l’avessi fatto, di non riconoscere nei segni delle tue recenti sofferenze l’Amico di sempre con cui ho avuto l’onore di spendere le fasi più belle della mia esistenza. Malgrado le apparenze contrarie, che tante volte hanno adombrato la schiettezza del mio sentire, Tu sei stato tra i pochi a saper leggere nella sincerità del mio cuore, magari cercando di scoprirci qualche malcelato refuso, come da tua inveterata abitudine, e mi hai dato l’occasione di conoscerti ed apprezzarti a fondo fino a mutare lo stupore dei miei sentimenti in vera stima!
Di tutto questo voglio ora esprimerti il mio grazie profondo memorando al mondo, almeno quella parte che si degna ancora di guardarci, la tua alta professionalità, suscettibile, con la sua coerenza, di elevare la dignità del tuo umile titolo di “tipografo artigiano” a quella di vero, sicuramente impareggiabile a Biancavilla e dintorni, “artista della parola”, spesso da Te figurata con la geniale maestria degna di un Bodoni, per tutte le attenzioni che ci mettevi per rendere il tuo lavoro efficace.
Ho letto e pubblicato tante cose compilate da Te, ed ogni volta ho riscoperto la voglia di perfezione che ci mettevi per dar dignità e decoro a quel che facevi anche quando i tuoi occhi arrossati e stanchi, a tarda sera, inducevano noi, tuoi affezionati clienti, a ricordarti che davanti all’uscio di casa c’era tua moglie ancora sveglia che ti aspettava devota. Sei stato un grande, anche nelle tue occasionali debolezze, ma soprattutto nel sorriso ironico con cui commentavi certe vuote ingenuità di coloro che, pagandoti, si arrogavano il diritto di spiattellarti la loro crassa ignoranza.
Grazie in eterno, caro Placido! Sei stato tra i pochi ad aver condiviso con me quell’amore per la parola (anche quella con la P maiuscola) che sa rendersi tesoro inestimabile quando speso per il bene altrui. In aeternum, salve atque vale usque ad sidera!
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Per mezzo secolo mani fatte di inchiostro, addio al tipografo Placido Dell’Erba
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L'Intervento
«Nel ricordo di Borsellino, l’impegno è combattere la mentalità mafiosa»
Ci scrive l’assessore Vincenzo Randazzo: una riflessione su via D’Amelio che riguarda Biancavilla
Gentile direttore di Biancavilla Oggi,
oggi si ricorda la tragica morte del giudice Paolo Borsellino e di cinque agenti della sua scorta, tra i quali una donna. L’amministrazione comunale ha organizzato una fiaccolata che da Villa delle Favare giungerà a Piazza Falcone e Borsellino. A questa iniziativa partecipano, oltre alle diverse associazioni di volontariato, anche i ragazzi e i giovani dei diversi Grest. Una manifestazione importante per condividere il ricordo di uno degli eventi più tragici della storia italiana e caratterizzata dalla seria e concreta lotta contro il sistema mafioso, ma soprattutto contro la sua mentalità.
Ecco il punto: il messaggio di Paolo Borsellino e il suo volontario sacrificio hanno dell’attualità ancora un valore? Le nuove generazioni li recepiscono? Qualche dubbio mi sorge se guardo ai modelli sociali e culturali prevalenti: individualismo esasperato, esagerata messa in mostra di atteggiamenti malandrineschi, menefreghismo, esibizione del proprio desiderio di dominio, farsi ragione con la violenza… Appunto, mentalità mafiosa, che non poche volte determina risse.
Tutto questo rende vano quanto Paolo Borsellino ha cercato di insegnare e la cosa che amareggia di più è considerare un fesso il giudice palermitano. E come lui, fessi Falcone, Chinnici, Impastato, Don Puglisi, Livatino, Fava… E tanti che nel combattere la mafia sono caduti. Perdoni, direttore, il mio sfogo, ma tanto tanto tanto è il lavoro che va fatto. Come Amministrazione, certamente. Ma anche come famiglie, come istituzioni in senso lato, come scuola, come gruppi di volontariato… l’obiettivo è contrastare la mentalità mafiosa.
VINCENZO RANDAZZO, Assessore comunale
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