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L'Intervista

Concetta Raia su Piano Rinazze: «Realtà di pregio, no ai rifiuti qui»

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L’INTERVISTA. La deputata regionale del Pd prende posizione sui progetti di smaltimento dei rifiuti a sud di Biancavilla: «Impianti da non demonizzare, ma lontani da aree agricole come questa». E su Glorioso dice che…

 

di Vittorio Fiorenza

Dalle imprese di Piano Rinazze alle associazioni di categoria, dai sindacati ai gruppi ambientalisti: tutti si sono espressi sui progetti di insediamento della Greenex e della Ch4 Energy previsti nel nostro territorio. Il Consiglio Comunale ha votato in maniera unanime: no a qualsiasi struttura di smaltimento. Dal fronte politico, diversi deputati regionali si sono esposti. Lo hanno fatto dallo schieramento di Centrodestra (con interventi di Forza Italia ed Alternativa popolare) e dal Movimento Cinque Stelle (con un atto del gruppo all’Ars sollecitato dalla deputata Angela Foti). Bocche cucite, invece, dal Partito democratico. Ecco perché Biancavilla Oggi ha sollecitato la parlamentare regionale Concetta Raia, componente della commissione “Attività produttive”.

On. Raia, dunque, dal Pd non c’è stata alcuna voce, finora, su questa vicenda. Ci può dire quale è almeno la sua posizione personale?

La mia è una posizione personale, ma credo che anche il Pd sia su questa lunghezza d’onda. In ogni caso, ognuno dichiara per proprio conto. Io penso questo: gli impianti, fino a quando la Regione Siciliana non definirà i luoghi in cui dovranno essere allocati, non devono essere condannati o demonizzati a priori. In tutti i paesi civili, gli impianti ci sono e certamente non hanno le discariche. Noi siamo un’anomalia proprio perché abbiamo le discariche.

Impianti da insediare a Piano Rinazze?

No, gli impianti non possono essere fatti in siti in cui c’è un’agricoltura importante. Non è possibile procedere in questa direzione. Però ci deve essere una politica chiara. Vogliamo le discariche? Penso di no. Ma i rifiuti da qualche parte vanno messi. Diciamo sempre che il rifiuto è una risorsa, eppure oggi non lo è. Chi ci guadagna? I proprietari delle discariche. I cittadini pagano soltanto tasse esose.

E intanto i progetti proposti a Biancavilla riguardano un’area a vocazione agricola.

Biancavilla è una realtà di pregio e non qui devono essere fatti questi impianti. Non vanno fatti vicini ai centri urbani. E poi queste cose non possono essere lasciate ai singoli sindaci, ci vuole un piano regionale. L’amministrazione comunale, comunque, non penso c’entri qualcosa in questa storia.

L’atto che ha dato parere urbanistico favorevole alla società Greenex è del funzionario comunale. Ma la contestazione generale che viene fatta a Glorioso è il silenzio tenuto in questa vicenda. Non ha detto nulla quando i progetti sono stati presentati al Comune.

Evidentemente il funzionario non aveva ancora preso visione degli atti.

No, questa storia salta fuori quando già il funzionario aveva firmato il parere favorevole. E salta fuori grazie ad un’attività giornalistica di ricerca e informazione. Se noi non avessimo fatto il nostro lavoro, nessuno avrebbe saputo nulla. Glorioso ha cominciato a parlare dopo che abbiamo raccontato noi i dettagli. Questa è la contestazione politica di rilievo che gli viene fatta.

Le contestazioni ci stanno, ci mancherebbe. Ma non è che si sta costruendo l’impianto. Prima che si realizzi un impianto in Italia e in modo particolare in Sicilia passano anni. Quando e se si costruirà forse né io né lei ci saremo in questo pianeta. Probabilmente, sì, c’è stata una carenza di comunicazione.

Una totale assenza di comunicazione alla cittadinanza e alla classe politica.

Questa probabilmente è la responsabilità del sindaco. Altra cosa è l’aspetto tecnico del funzionario che decide in base alle carte che ha. Però bisogna essere più “laici” e capire cosa fare. Non a Biancavilla, ma in Sicilia. Ed io non sono per le discariche.

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Cultura

Carmelo Bonanno: «Biancavilla e quel 2 giugno 1946, il ritorno alla democrazia»

L’autore di Nero su Bianco Edizioni:: «I valori dell’antifascismo e della libertà vanno difesi ogni giorno»

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La caduta del fascismo, la fine della guerra, le macerie materiali e morali. Un paese da ricostruire. Biancavilla vive gli eventi con una partecipazione corale per ricostituire i partiti e svolgere le prime consultazioni elettorali, dopo la dittatura ventennale di Benito Mussolini. Carmelo Bonanno racconta gli eventi dell’immediato dopoguerra nel volume “Biancavilla e Adrano agli albori della democrazia”, pubblicato da Nero su Bianco Edizioni. Una ricerca ricca di testimonianze, che in quel 2 giugno 1946 vede la data cruciale per costruire un futuro carico di speranza, nel segno della libertà e del progresso.

Bonanno, quello è un giorno che ci restituisce la democrazia. Biancavilla come arrivò alle prime elezioni e al referendum del ‘46?

Biancavilla, a differenza dei comuni limitrofi, non conobbe la devastazione del suo territorio perché non subì i pesanti bombardamenti alleati di fine seconda guerra mondiale. Secondo i democristiani dell’epoca il merito fu di padre Antonino Arcidiacono e di altri due suoi amici carissimi che andarono a Piano Rinazze, dove erano stanziati gli Alleati, e mediarono con loro affinché Biancavilla fosse risparmiata. Secondo i comunisti del tempo, invece, furono i tedeschi che, notata la forte opposizione di Biancavilla, preferirono abbandonarla per evitare di rallentare la fuga dalle truppe alleate. Non sappiamo quale delle due versioni corrisponda a verità, magari in entrambe c’è del vero. Resta il fatto che Biancavilla arriva all’appuntamento elettorale in un quadro di maggiore “stabilità”.

Oggi ricorre anche l’anniversario del referendum istituzionale nel quale gli italiani si espressero a favore della Repubblica come forma di governo, anche se a Biancavilla – come in tutto il Mezzogiorno – la maggioranza scelse la Monarchia…

Sì, ma è anche vero che il risultato repubblicano a Biancavilla fu notevole perché la media siciliana di voti per la Repubblica era del 35% mentre a Biancavilla ottenne quasi il 49%.

Alle Amministrative dell’aprile 1946, a Biancavilla, la Democrazia Cristiana dominò conquistando 24 seggi su 30 in Consiglio Comunale ed eleggendo il farmacista Salvatore Uccellatore come sindaco, confermando poi il netto vantaggio sugli altri partiti anche alle elezioni dell’Assemblea Costituente del 2 giugno successivo. Biancavilla era (ed è) democristiana?

Sì, certo, Eccezion fatta per la parentesi comunista di Peppino Pace, la Dc seppe sempre rigenerarsi e governare, di fatto fino alla fine della cosiddetta Prima Repubblica.

Oltre a padre Arcidiacono e a Salvatore Uccellatore quali furono le altre personalità di spicco della Dc locale in quegli anni iniziali dell’Italia repubblicana?

Ebbero un ruolo importante Filippo Leocata, medico, e Alfio Minissale, ingegnere, impegnato nella formazione della classe dirigente giovanile dello Scudocrociato. 

Che ruolo ebbero il clero e la Chiesa nel successo democristiano?

Un ruolo fondamentale. Esercitato anche attraverso la costituzione di iniziative associative quali quelle dell’Azione Cattolica, degli Uomini Cattolici e delle Donne Cattoliche. E di un comitato in cui ebbero un ruolo di prim’ordine padre Giosuè Calaciura e Salvatore Uccellatore, prodigatisi per venire incontro ai bisogni dei biancavillesi.

E le donne, appunto, che per la prima volta ebbero diritto di voto?

Le donne giocarono un ruolo importante già durante il periodo della guerra: diedero sostegno economico e sociale, anche tramite la Chiesa, ai bisognosi e alle vedove di guerra. La loro azione politica fu funzionale alle loro opere di carità e assistenza, poi ricambiate in voti per la Democrazia Cristiana. Fornirono spesso un contributo decisivo, convincendo le donne a votare Dc in contrapposizione al Pci.

La sinistra biancavillese, “minoritaria” ma comunque con un consenso significativo, percorse una strada ben più accidentata. Perché?

Perché, tra le altre cose, ci fu una “scissione” tra la corrente dibenedettiana e il resto del partito. E i comunisti, scomunicati, subirono una notevole pressione “interna” ed “esterna”. Lo stesso Di Benedetto, di professione riparatore e noleggiatore di biciclette e allora segretario della Camera del lavoro locale, fu accusato – secondo le testimonianze dell’epoca – di aver rubato parte degli pneumatici inviati dal sindacato provinciale. Pneumatici all’epoca utilizzati non solo per le bici ma anche e soprattutto per creare le suole delle scarpe. Da lì capì che era stato preso di mira e che fosse un capro espiatorio e si allontanò dal partito, che di fatto si “riunificò”.

La lotta di classe nel nostro territorio portò anche all’occupazione delle terre. Che risultati ottenne?

Contraddittori. Perché, a seguito dell’assegnazione seguita alla riforma agraria, alcuni ricevettero terre proficue e redditizie. Altri, terre aride e cretose.

Una Biancavilla a maggioranza democristiana ma geograficamente divisa tra il centro “biancofiore” e la periferia comunista. Guidata da personalità carismatiche. Persino con un primato: prima città italiana a rivoltarsi contro i fascisti nella sommossa del 23 dicembre 1923. Una memoria sconosciuta ai più, che oggi ignorano le radici storiche della ricostruzione democratica locale. Che lezione dovremmo trarne a quasi un secolo di distanza?

Non dobbiamo dimenticare da dove proveniamo. Dobbiamo conoscere il nostro passato. Siamo figli della nostra storia. E la storia ci insegna che ci sono dei valori condivisi – l’antifascismo, la libertà, la democrazia – che noi oggi diamo per scontati ma che non lo sono affatto. E la storia serve a ricordarci che queste conquiste vanno difese ogni giorno.

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