Storie
Nello Sciacca e quei gesti “paterni” nei confronti di Paolo Borsellino


Il giudice biancavillese Nello Sciacca
Centenario della nascita del magistrato biancavillese, per tanti anni presidente di sezione della Corte d’Appello di Catania. Conobbe e lavorò con un giovane auditore, che sarebbe diventato il simbolo nella lotta contro Cosa Nostra.
di Vittorio Fiorenza
Quarantacinque lunghi anni passati in magistratura. La prima esperienza a Torino (ad un anno di distanza dalla laurea in Giurisprudenza conseguita a Roma). Poi a Siracusa, quindi il trasferimento ad Enna, in qualità di presidente di tribunale.
E fu qui che Nello Sciacca, biancavillese illustre, di cui in questi giorni si ricorda il centenario della nascita, conobbe un giovane auditore palermitano. Era Paolo Borsellino. Dell’uomo che sarebbe diventato, con Giovanni Falcone, il simbolo più altro nella lotta a Cosa Nostra, Nello Sciacca amava ricordare la generosità e l’irruenza. Come quando, per spirito di servizio, correre fuori, senza curarsi del maltempo, al punto che il magistrato biancavillese, con fare paterno, gli raccomandava almeno di prendersi un ombrello per ripararsi dalla pioggia battente.
Da Enna a Catania per una lunghissima permanenza come presidente di sezione presso la Corte d’Appello. Ma Nello Sciacca, al di là della sua carriera professionale, è ricordato pure come scrittore e pubblicista con un’assidua collaborazione con la terza pagina del quotidiano “La Sicilia”.
Legatissimo alla sua Biancavilla, molto spesso i suoi scritti si incentrano sul paese etneo, al quale ha dedicato il volume “Lungo i sentieri dei ricordi” (Edizioni Greco).
La letteratura, altra sua passione. Ha scritto una biografia sulla poetessa Amalia Guglielminetti e un breve profilo sul poeta biancavillese Antonio Bruno.
Emerge il suo senso ironico in una sua opera a cui era particolarmente affezionato, “Erboristeria giudiziaria”. Il suo ultimo libro “Vite gettate ai cani” era stato pubblicato poco prima della sua morte, nel 1998.
Per ricordare la sua figura, l’Arciconfraternita dei Bianchi, di cui Sciacca faceva parte, ha organizzato per oggi una conferenza presso la chiesa del Purgatorio di Biancavilla, nell’ambito delle iniziative socio-culturali del 2016. Verrà presentata una pubblicazione con i ricordi d’infanzia di Nello Sciacca legati alla processione del simulacro della Madonna Addolorata, portato a spalla dai Bianchi, nella mattina del Venerdì santo.
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Storie
Il “Cenacolo” compie ottant’anni: una straordinaria eredità di padre Calaciura
Dalle macerie della guerra, i germogli di un’opera assistenziale diventata un vanto per Biancavilla

Era il 29 novembre del 1943. Da qualche mese era caduto il fascismo e a settembre era stato firmato l’Armistizio di Cassibile. L’Italia era davvero tutta da rifare. E c’era chi, in mezzo a quegli sconvolgimenti pensava in grande partendo dagli ultimi.
A Biancavilla, Giosuè Calaciura, giovane prete (ordinato appena quattro anni prima), guardandosi attorno e vedendo tanta miseria e tanto disorientamento, con un gesto di coraggio e di altruismo fondava presso dei locali alla periferia est del paese, sotto il Monte Calvario, l’Opera Cenacolo Cristo Re per accogliere gli orfani e le vedove di guerra che pativano la fame, l’abbandono da parte dei familiari più cari deceduti nel conflitto, la disperazione di non vedere futuro.
Coadiuvato da socie dell’Azione Cattolica, il fondatore delinea gli scopi che avrebbero guidato l’opera. Primo fra tutti quello di formare un gruppo di giovani che si «impegnavano ad essere primi in tutto: nella pietà, nell’apostolato e nella bontà di vita».
Il Cenacolo doveva essere centro propulsore per avviare scuole, colonie, ambulatori, uffici per l’assistenza sociale, oratori, doposcuola, laboratori. E assieme a queste attività, chi ne entrava a far parte non avrebbe dovuto scordare mai i principi evangelici, l’amore a Dio e alla Chiesa che doveva rendersi visibile nella vita attiva in parrocchia, nella preghiera, nella buona condotta in famiglia e nella società.
Da “Croce al vallone” al “Sentiero speranza”
Negli anni, quel seme che tante volte – a dire dello stesso don Giosuè – fu minacciato da altre volontà, dai tempi che cambiavano e da svariati fattori avversi, ha saputo mettere radici profonde. Una risorsa per la nostra comunità, soprattutto perché ha sempre saputo guardare i segni dei tempi, aggiornando la sua mission e aprendosi ai bisogni sociali e sanitari contingenti e di volta in volta attuali.
Superata l’emergenza postbellica e mutate le istanze sociali, l’opera si rivolse all’assistenza dei vecchi e degli inabili, contando nel 1961 già circa 30 ricoverati. Alla fine degli anni ’70, la costruzione di un grande padiglione in contrada Croce al Vallone: l’aumento di posti letto e di servizi, poi l’iscrizione nell’albo regionale come struttura residenziale per anziani non autosufficienti.
La maggior attenzione dedicata ai malati mentali fu la logica conseguenza della Legge 180/78 che determinò la necessità di una specifica assistenza dei dimessi dagli ospedali psichiatrici, e portò alla ristrutturazione della casa madre per poter accogliere soggetti con patologie psichiatriche. Oggi, la struttura di via san Placido, accoglie ben 40 ospiti come Comunità Terapeutica Assistita occupandosi delle loro cure mediche e della riabilitazione psicosociale.
Negli anni ’80, quando il flagello della droga e altri fatti drammatici portavano Biancavilla nelle prime pagine di cronaca nera, apriva la Comunità per tossicodipendenti “Sentiero Speranza” per offrire un servizio riabilitativo residenziale a quei giovani caduti nella spirale della tossicodipendenza.
Una struttura con 117 posti letto
E poi ci sono i tempi moderni con l’inaugurazione della Casa di Cura che si occupa di riabilitazione ortopedica, neurologica, cardiologica, oncologica e pneumologica. È dello scorso aprile l’apertura di un poliambulatorio con servizi radiologici e ambulatori di cardiologia, neurologia, allergologia e immunologia, medicina fisica e riabilitativa, pneumologia, reumatologia e chirurgia.
«Oggi – dice il direttore Giosuè Greco – l’Opera è diventata una realtà molto grande che conta ben 150 tra professionisti e dipendenti, 117 posti letto e molteplici servizi diagnostici, e cerca di offrire il massimo della professionalità e dei servizi, occupandosi anche di formazione e informazione nel territorio sui temi che quotidianamente la vedono impegnata in prima linea».
Spegnendo le 80 candeline, è impossibile non ricordare la figura del fondatore, padre Calaciura, e di quei pionieri – Nerina Piccione, Agatina Russo, Giuseppina Finocchiaro e tanti altri – che in tempi bui e tristi riuscirono a vedere lontano e seppero creare futuro per la loro gente. A queste persone, va oggi la nostra ammirazione e il nostro ringraziamento.
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