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Concerto per padre Pino Salerno diretto da Filadelfio Grasso

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Dopo un iter durato diversi mesi, la Corale polifonica della basilica “Santa Maria dell’Elemosina” di Biancavilla, questa sera, alle 20.15, presenta un’antologia di brani sacri e liturgici tratti dalla Messa per assemblea, coro a tre voci miste e organo dal titolo “Esulta, o Chiesa” di Filadelfio Grasso, composta per il 25esimo anniversario di sacerdozio di padre Pino Salerno, prevosto-parroco della basilica biancavillese e presidente dell’Opera Cenacolo Cristo Re.

I canti sono stati approvati dall’Ufficio Liturgico Diocesano, a firma del direttore padre Giovambattista Zappalà (Prot. 862/U/14 del 6 giugno 2014).

Lo spartito sarà dato in dono a tutti i musicisti liturgici della Diocesi e alle parrocchie del XIII Vicariato.

Il concerto sarà diretto dall’autore e sarà accompagnato dagli strumentisti Vincenzo Benina (organo), Salvatore Scarfalloto (sax contralto), Giovanni Cucuccio (violino), Emanuele Bellocchi (tromba) ed Alessandro Rapisarda (timpani).

La Messa sarà eseguita in tutte le sue parti il 14 settembre, quando il prevosto ricorderà il suo anniversario, e il 29 settembre nella celebrazione pontificale presieduta dall’arcivescovo metropolita di Catania, mons. Salvatore Gristina.

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A Biancavilla “scaliari” è frugare e “a scalia” la fanno le forze dell’ordine

Ma in altre parti della Sicilia la parola (di origine latina, in prestito dal greco) ha pure altri significati

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Un proverbio che avremmo potuto leggere ne I Malavoglia, anche se nella forma del calco in italiano è Il gallo a portare e la gallina a razzolare. Come documenta, infatti, Gabriella Alfieri in uno studio dedicato ai proverbi ne I Malavoglia, Verga aveva prima aggiunto questo proverbio nel manoscritto e poi lo aveva espunto dall’opera andata in stampa. La forma siciliana del proverbio è quella registrata da Pitrè: lu gaddu a purtari e la gaddina a scaliari, il cui significato paremiologico vuole essere quello secondo cui “in una famiglia con piccoli guadagni e piccoli risparmi si riescono a fare cose di un certo valore”.

Il significato di “razzolare” che Verga attribuisce a scalïari è diverso da quello che si usa a Biancavilla, cioè “frugare”, per esempio scalïàricci i sacchetti a unu “frugare nelle tasche di qualcuno”, oppure scalïari a unu “perquisire qualcuno”; da qui la scàlia cioè la “perquisizione” operata dalle forze dell’ordine: mi poi scalïari i sacchetti, nan ci àiu mancu na lira, così in risposta a chi ci chiede de soldi.

In altre parti della Sicilia scalïari ha anche altri significati: a) “razzolare, delle galline”, b) “rovistare, rimuovere ogni cosa per cercare un oggetto”; c) “mettere tutto a soqquadro, scompigliare”; d) “rubare”; e) scalïàrisi i sacchetti vale scherzosamente “tirar fuori il denaro”, mentre f) scalïàrisi a testa significa “guastarsi la testa”, nell’Agrigentino. Nel Ragusano il modo di dire scalïari a mmerda ca feti, lett. “frugare lo sterco che puzza”, ha il significato figurato di “rimestare faccende poco pulite”. Dal participio derivano: scalïata e scalïatina “il razzolare”, “il frugare alla meglio”, “perquisizione sommaria”; scaliatu “riferito alla terra scavata e ammonticchiata dalla talpa”, nel Nisseno; in area catanese meridionale con peṭṛi scalïati si indica un “cumulo di pietre ammonticchiate alla rinfusa nei campi coltivati”.

“Scaliari” tra poesie e canzoni

Non molto adoperato nei romanzi di scrittori siciliani, scalïari è usato in poesie dialettali e in canzoni, come in questa dal titolo Tintatu dall’album Incantu, di un cantautore agrigentino che usa lo pseudonimo di Agghiastru:

Cunnucimi jusu chi l’occhi toi vasu

araciu tintatu di viriri jo.

Unn’è la to luci chi scuru cchiù ‘n sia

e scaliari a lu funnu un sia mai.

Parola d’origine latina, ma prestata dal greco

Molto interessanti, ai fini della comprensione dell’origine della parola, oltre a quello di “razzolare”, sono i significati di “zappare superficialmente” e di “rimuovere, ad esempio, la brace o il pane nel forno”. La nostra voce deriva da un latino parlato *SCALIDIARE, a sua volta prestito dal greco σκαλίζω (skalizō) “zappare, sarchiare”, voce presente nei dialetti greci di Calabria, coi significati di “zappettare”, “sarchiare”, “razzolare”, “attizzare il fuoco”, “frugare”.

Partendo, dunque, dal significato più antico, che è quello di “zappare”, si arriva, nell’ordine, a quelli di “sarchiare”, “zappare superficialmente”, “razzolare”, cioè raspare la terra con le zampe e il becco, e, infine, “frugare”, cioè cercare minuziosamente, con le mani o anche servendosi di un arnese, in ripostigli o in mezzo ad altri oggetti.

PER SAPERNE DI PIU’

“La Sicilia dei cento dialetti” di Alfio Lanaia

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