Storie
Dino Distefano, genio informatico “rapito” da Mark Zuckerberg

Dalla Royal Academy of Engineering, un altro prestigioso riconoscimento al ricercatore biancavillese che insegna a Londra e lavora per Facebook: «Dino è uno dei massimi esperti mondiali di individuazione dei bug nei software».
di Vittorio Fiorenza
Quando mettiamo un “Mi piace” su Facebook o postiamo un video, una foto, un link. Quando scorriamo gli aggiornamenti in homepage o apriamo le applicazioni di gioco. In ogni azione che inneschiamo nel social network più diffuso, si mettono in moto “ingranaggi” di byte che sono ottimizzati dalle soluzioni messe a punto da un talento italiano.
Si devono a lui, a Dino Distefano, 40enne, un vero genio dell’informatica, partito dalla provincia etnea ed arrivato nella City londinese. Catanese di Biancavilla, snobbato dalle graduatorie e ripudiato nei concorsi pubblici in Italia, Distefano ormai da anni insegna “verifica del software” alla Queen Mary University. E i riconoscimenti fioccano.

Dino Distefano con la medaglia d’argento della Royal Academy of Engineering
L’ultimo è di pochi giorni fa, riservato ai “cervelloni” del Regno Unito: medaglia d’argento della Royal Academy of Engineering. Ecco la motivazione: «Dino è uno dei principali esperti mondiali nel processo di individuazione automatica degli errori nei sistemi software»: un settore-chiave per il futuro, visto che si vogliono dispositivi sempre più intelligenti e intolleranti agli errori.
«La scala di progressi tecnici che Dino ha fatto in questo campo è impressionante. Da quando ha cominciato nel 2004, gli strumenti per la verifica di proprietà di puntatori sono stati usati in decine o centinaia di programmi. Ora, le idee di Dino vengono applicate a sistemi industriali di oltre un milione di linee di codice».
Non soltanto teoria, dunque, con formule e schizzi incomprensibili alla lavagna. La start up creata da Dino, la Monoidics, acquisita un anno fa da Mark Zuckerberg, si fregia dell’invenzione di Infer, il “software dei software” che scova i bug critici, prevenendo il dafault dei sistemi informatici. Da anni, i ricercatori nel mondo ci giravano attorno. Distefano c’è arrivato prima: un risultato che nel 2012 gli è valso il «Roger Needdham award», una sorta di Premio Nobel dell’informatica.
E il colosso di Palo Alto ha preso al volo l’occasione, inglobando Monoidics e chiamando Distefano tra i propri software engineer: «Monoidics –hanno spiegato da Facebook– produce il migliore software di analisi in grado di identificare ed eliminare i bug. Ed è ciò che noi intendiamo utilizzare per le nostre applicazioni dei dispositivi mobili». Che rappresentano un’Eldorado della tecnologia.
«I progressi di Dino in questo settore –sono state le parole pronunciate alla Royal Opera House per la premiazione– hanno contribuito in modo significativo al riconoscimento della comunità di ricerca del Regno Unito come leader mondiale». Grazie al genio dei computer fatto fuggire via dall’Italia e “rapito” da Zuckerberg.
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Storie
Il “Cenacolo” compie ottant’anni: una straordinaria eredità di padre Calaciura
Dalle macerie della guerra, i germogli di un’opera assistenziale diventata un vanto per Biancavilla

Era il 29 novembre del 1943. Da qualche mese era caduto il fascismo e a settembre era stato firmato l’Armistizio di Cassibile. L’Italia era davvero tutta da rifare. E c’era chi, in mezzo a quegli sconvolgimenti pensava in grande partendo dagli ultimi.
A Biancavilla, Giosuè Calaciura, giovane prete (ordinato appena quattro anni prima), guardandosi attorno e vedendo tanta miseria e tanto disorientamento, con un gesto di coraggio e di altruismo fondava presso dei locali alla periferia est del paese, sotto il Monte Calvario, l’Opera Cenacolo Cristo Re per accogliere gli orfani e le vedove di guerra che pativano la fame, l’abbandono da parte dei familiari più cari deceduti nel conflitto, la disperazione di non vedere futuro.
Coadiuvato da socie dell’Azione Cattolica, il fondatore delinea gli scopi che avrebbero guidato l’opera. Primo fra tutti quello di formare un gruppo di giovani che si «impegnavano ad essere primi in tutto: nella pietà, nell’apostolato e nella bontà di vita».
Il Cenacolo doveva essere centro propulsore per avviare scuole, colonie, ambulatori, uffici per l’assistenza sociale, oratori, doposcuola, laboratori. E assieme a queste attività, chi ne entrava a far parte non avrebbe dovuto scordare mai i principi evangelici, l’amore a Dio e alla Chiesa che doveva rendersi visibile nella vita attiva in parrocchia, nella preghiera, nella buona condotta in famiglia e nella società.
Da “Croce al vallone” al “Sentiero speranza”
Negli anni, quel seme che tante volte – a dire dello stesso don Giosuè – fu minacciato da altre volontà, dai tempi che cambiavano e da svariati fattori avversi, ha saputo mettere radici profonde. Una risorsa per la nostra comunità, soprattutto perché ha sempre saputo guardare i segni dei tempi, aggiornando la sua mission e aprendosi ai bisogni sociali e sanitari contingenti e di volta in volta attuali.
Superata l’emergenza postbellica e mutate le istanze sociali, l’opera si rivolse all’assistenza dei vecchi e degli inabili, contando nel 1961 già circa 30 ricoverati. Alla fine degli anni ’70, la costruzione di un grande padiglione in contrada Croce al Vallone: l’aumento di posti letto e di servizi, poi l’iscrizione nell’albo regionale come struttura residenziale per anziani non autosufficienti.
La maggior attenzione dedicata ai malati mentali fu la logica conseguenza della Legge 180/78 che determinò la necessità di una specifica assistenza dei dimessi dagli ospedali psichiatrici, e portò alla ristrutturazione della casa madre per poter accogliere soggetti con patologie psichiatriche. Oggi, la struttura di via san Placido, accoglie ben 40 ospiti come Comunità Terapeutica Assistita occupandosi delle loro cure mediche e della riabilitazione psicosociale.
Negli anni ’80, quando il flagello della droga e altri fatti drammatici portavano Biancavilla nelle prime pagine di cronaca nera, apriva la Comunità per tossicodipendenti “Sentiero Speranza” per offrire un servizio riabilitativo residenziale a quei giovani caduti nella spirale della tossicodipendenza.
Una struttura con 117 posti letto
E poi ci sono i tempi moderni con l’inaugurazione della Casa di Cura che si occupa di riabilitazione ortopedica, neurologica, cardiologica, oncologica e pneumologica. È dello scorso aprile l’apertura di un poliambulatorio con servizi radiologici e ambulatori di cardiologia, neurologia, allergologia e immunologia, medicina fisica e riabilitativa, pneumologia, reumatologia e chirurgia.
«Oggi – dice il direttore Giosuè Greco – l’Opera è diventata una realtà molto grande che conta ben 150 tra professionisti e dipendenti, 117 posti letto e molteplici servizi diagnostici, e cerca di offrire il massimo della professionalità e dei servizi, occupandosi anche di formazione e informazione nel territorio sui temi che quotidianamente la vedono impegnata in prima linea».
Spegnendo le 80 candeline, è impossibile non ricordare la figura del fondatore, padre Calaciura, e di quei pionieri – Nerina Piccione, Agatina Russo, Giuseppina Finocchiaro e tanti altri – che in tempi bui e tristi riuscirono a vedere lontano e seppero creare futuro per la loro gente. A queste persone, va oggi la nostra ammirazione e il nostro ringraziamento.
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disequilibrio
16 Febbraio 2015 at 21:21
Dai…non è affatto stato rapito! Mi sembra che stia benissimo! 😀