Cultura
Gaetano Castiglia, il giovane talento incanta l’Etna Jazz club di Biancavilla
Appuntamento con il trombettista 17enne promosso con la direzione artistica di Carmen Toscano

Serata di spettacolo all’Etna Jazz club di Biancavilla. Protagonista indiscusso ed ospita d’onore è stato Gaetano Castiglia, un talento della musica a soli 17 anni. Un giovanissimo prodigio, Gaetano, che ha cominciato a suonare la tromba ad appena 4 anni, stimolato dalla famiglia, per la quale la musica è stata una nota sempre presente.
Il programma all’Etna Jazz club di Biancavilla, ha conquistato i numerosissimi spettatori che sono rimasti incantati dal genio musicale del giovane musicista siciliano. Un esempio di sacrificio, studio, dedizione, serietà e passione. Il trombettista è stato accompagnato al pianoforte da Giuseppe Preiti, che da 12 anni lo accompagna, da Carmelo Venuto al contrabbasso e dal biancavillese Giosuè Rubino alla batteria. Ancora una volta, il club biancavillese, con la direzione artistica di Carmen Toscano, dimostra che una piccola realtà associativa può dare il suo contributo nella diffusione della cultura. Perché musica è cultura.
E lo ha fatto con un talento che mostra già un lungo curriculum. Avvicinatosi al jazz quasi per caso, è un genere che Gaetano Castiglia ha amato da subito. Fino a specializzarsi in tromba jazz al Conservatorio, conseguendo il diploma a soli 14 anni. Ha studiato presso la prestigiosa scuola del Brass Group. Si è perfezionamento in tromba classica presso la Scuola Musicale di Fiesole. Ha partecipato a numerose masterclass con maestri di fama internazionale come Allen Vizzutti, Pacho Flores, Rex Richardson, Roberto Rossi, Jens Lindemann, Andrea Tofanelli, Omar Tomasoni, Ruben Simeo, Andrea Dell’Ira. Nel 2019 ha aderito al progetto “Professione Orchestra” indetto dall’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai presso l’Accademia di Musica di Pinerolo. Ha vinto diversi premi sia nell’ambito della musica classica che in quella jazz, come il Premio Marco Tamburini conferitogli dal Castelbuono Jazz Festival. Ha suonato in numerose Orchestre internazionali.
Gaetano Castiglia è attualmente la tromba solista dell’Orchestra Nazionale Jazz di Milano. Si è esibito a Dubai presso il Millennium Theatre e ad Amersfoort (Olanda) presso il World International Festival. E poi in auditorium e palco d’Italia. Ha suonato durante le edizioni 2021 e 2022 del Sicilia Jazz Festival.
Nelle sue esibizioni può vantare la collaborazioni di mostri sacri della musica internazionale, come Billy Cobham, Jon Faddis, Mario Biondi, Sarah Jane Morris, Christian McBride, Stefano Di Battista, Trijntje Oosterhuis, John Clayton, Nicky Nicolai, Paolo Fresu, Fay Claassen, Andrea Tofanelli, Ivan Lins, Lino Patruno, The New York Voice, Michael Supnick, Allen Vizzutti, Rex Richardson, Giovanni Hoffer, Zoltan Kiss, Arkady Shilkloper, Dave Douglas, Lucas Santana.
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Cultura
Ficurìnnia nustrali, trunzara o bastarduna ma sempre da “scuzzulari”
Dalle varietà del succoso frutto alle varianti dialettali, tra tipi lessicali e significati metaforici


Se c’è una pianta che contrassegna fisicamente il paesaggio della Sicilia e la simboleggia culturalmente, questa è il fico d’India o, nella forma graficamente unita, ficodindia (Opuntia ficus-indica). Pur trattandosi infatti di una pianta esotica, originaria, come sappiamo, dell’America centrale e meridionale, essa si è adattata e diffusa capillarmente in tutto il territorio e i suoi frutti raggiungono le tavole di tutti gli italiani e non solo. A Biancavilla, la pianta e il frutto si chiamano ficurìnnia, ma in Sicilia si usano molte varianti, dalla più diffusa ficudìnnia a quelle locali, come ficadìnnia, ficalinna, ficarigna, fucurìnnia, ficutìnnia, cufulìnia ecc. Atri tipi lessicali sono ficupala, ficumora, mulineḍḍu.
Esistono inoltre specie non addomesticate, come l’Opuntia amyclaea, con spine molto pronunciate, sia nei cladodi sia nei frutti, poco commestibili, e usate principalmente come siepi a difesa dei fondi rustici. In Sicilia, questa si può chiamare, secondo le località, ficudìnnia sarvàggia, ficudìnnia spinusa, ficudìnnia di sipala, ficudìnnia masculina, ficudìnnia tincirrussu. Per distinguerla dalla specie ‘selvatica’, quella addomesticata è in Sicilia la ficurìnnia manza, di cui esistono varietà a frutto giallo (ficurìnnia surfarina o surfarigna), varietà a frutto bianco (ficurìnnia ianca, muscareḍḍa o sciannarina [< (li)sciannarina lett. “alessandrina”]), varietà a frutto rosso (ficurìnnia rrussa o sagnigna), varietà senza semi (ficudìnnia senza arìḍḍari, nel Palermitano). I frutti pieni di semi si dicono piriḍḍari, quelli eccessivamente maturi mpuḍḍicinati o mpuḍḍiciniḍḍati, quelli primaticci o tardivi di infima qualità sono i ficurìnnia mussuti (altrove culi rrussi).
In una commedia di Martoglio (Capitan Seniu), il protagonista, Seniu, rivolto a Rachela, dice:
Almenu ti stassi muta, chiappa di ficudinnia mussuta, almenu ti stassi muta! … Hai ‘u curaggiu di parrari tu, ca facisti spavintari ‘dda picciridda, dícennucci ca persi l’onuri?
Come è noto il frutto del ficodindia matura nel mese di agosto, ma questi frutti, chiamati (ficurìnnia) nuṣṭṛali a Biancavilla, anche se di buona qualità, fra cui sono da annoverare i fichidindia ṭṛunzari o ṭṛunzara, in genere bianche, che si distinguono per la compattezza del frutto, non sono certo i migliori. Quelli di qualità superiore, per resistenza e sapidità, sono i bbastardoli, o, altrove, bbastarduna. Questi maturano tardivamente (a partire dalla seconda metà di ottobre) per effetto di una seconda fioritura, provocata asportando la prima, attraverso lo scoccolamento o scoccolatura, una pratica agricola che consiste nell’eliminazione, nel mese di maggio, delle bacche fiorite della pianta, che verranno sostituite da altre in una seconda fioritura. A Biancavilla e in altre parti della Sicilia si dice scuzzulari i ficurìnnia.
Per inciso, scuzzulari significa, da una parte, “togliere la crosta, scrostare”, dall’altra, “staccare i frutti dal ramo”. Dal primo significato deriva quello metaforico e ironico di “strapazzarsi”, in riferimento a persona leziosamente ed eccessivamente delicata, come nelle frasi staccura ca ti scòzzuli!, quantu isàu m-panareḍḍu, si scuzzulàu tuttu, u figghju! Così “di chi ha fatto una cosa trascurabile e pretende di aver fatto molto e di essersi perfino affaticato”. Inoltre, èssiri nam-mi tuccati ca mi scòzzulu si dice “di una persona assai gracile” oppure “di una persona molto suscettibile e permalosa”. Il verbo, infine, deriva da còzzula “crosta”, dal latino COCHLEA “chiocciola”.
Ritornando ai fichidindia, sono ovviamente noti gli usi culinari, la mostarda, il “vino cotto”, quelli dei cladodi, le pale, nella cosmesi o ancora nell’artigianato per realizzare borse di pelle vegan, ma essi, o meglio alcuni loro sottoprodotti, sono stati anche, in certi periodi, simboli di povertà. Quando, infatti, si faceva la mostarda, i semi di scarto venivano riutilizzati, ammassati in panetti e conservati. Si trattava di un prodotto povero di valori nutrizionali e dal sapore non certo gradevole come la mostarda. Si chiamava ficurìnnia sicca, locuzione divenuta proverbiale a volere indicare non solo un cibo scadente ma perfino la mancanza di cibo. Cchi cc’è oggi di manciàri? ‒ Ficurìnnia sicca! Cioè “niente!”
PER SAPERNE DI PIU’
“La Sicilia dei cento dialetti” di Alfio Lanaia
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