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Detto tra blog

I nostri boschi ritenuti zavorra da un sindaco senza credibilità “green”

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La convenzione –proposta da Glorioso e bocciata dal Consiglio Comunale– che avrebbe ceduto per vent’anni oltre 120 ettari del nostro patrimonio boschivo alla Regione Sicilia era –come è stato già sottolineato da alcuni interventi politici– generica, poco chiara, mancante di dettagli. Se fosse passata, avremmo regalato ad occhi chiusi un bene comune, considerandolo come zavorra.

Nel dubbio e in mancanza di informazioni precise sull’utilizzo dei nostri terreni, l’assemblea cittadina è stata quasi costretta a respingere la proposta.

Purtroppo il sindaco, su questo fronte, non può vantare alcuna credibilità: mai si è interessato del nostro patrimonio boschivo o della nostra pineta (tra le più belle del territorio etneo diventato da pochi anni patrimonio dell’Unesco). Non si è mai fatto vedere nemmeno in nessuna delle tante iniziative ecologiste e naturalistiche promosse a Casa Mirio dall’omonima associazione.

Ecco perché l’improvviso interessamento di Glorioso ha suscitato comprensibili dubbi e perplessità. Della serie: “Cosa c’è dietro?”. Le reazioni piccate di mezza Cgil catanese, poi, non hanno fatto che alimentare queste perplessità.

Fin qui l’aspetto politico della vicenda. Quanto al contenuto della bozza di convenzione, si possono fare alcune considerazioni, che anche in alcuni gruppi Facebook sono già emerse.

Perché proprio adesso e non negli scorsi otto anni, l’amministrazione comunale ha sentito l’esigenza, scoprendosi sensibile, di valorizzare il nostro patrimonio boschivo? Non sfugge il dettaglio che adesso il mondo dell’agricoltura e della silvicoltura si prepari ad accogliere la nuova programmazione di aiuti europei PSR. Aiuti che, secondo le alte cariche regionali venute a Biancavilla per conferenze promosse proprio dal Comune, dovrebbero iniziare a settembre e che il Comune non potrebbe chiedere se si priva di quei terreni.

Seconda perplessità: in soldoni, quanto risparmierebbe il Comune? La forestale non è già pagata per gestire l’antincendio boschivo?

Altro dubbio: chi riceve questa regalia, al termine dei 20 anni e durante tale periodo, cosa lascerà al nostro territorio?

Non ho dubbi che la Regione possa fare per quei terreni più di quello che ha fatto in questi anni il Comune, cioè nulla.

Ma anziché pensare a creare turismo con itinerari di diversi tipi (naturalistico, vulcanologico, speleologico, enogastronomico, forestale, sportivo…), pensiamo con faciloneria a scaricare queste responsabilità ad altri, convincendoci che non ci sono mai soldi per il territorio e per il turismo.

Nessuno, poi, ha mai pensato di fare una gara di idee, coinvolgendo i cittadini e chiedendo a loro cosa ne pensano e cosa si potrebbe e vorrebbe fare con questo patrimonio immobiliare fermo, nel tentativo di creare così la possibilità di nuovi lavori con convenzioni tra cittadini e Comune.

Ci tengo a ricordare ai lettori di Biancavilla Oggi che i vulcani in Europa non sono tantissimi. E quelli patrimonio Unesco nel mondo sono ancora meno. Si pensi quindi a utilizzare, creare, crescere e migliorare il nostro territorio, che da bene comune rischia di diventare uno scarto di cui disfarsi, soltanto perché non si è in grado di comprenderne le potenzialità né di sperimentare con creatività amministrativa nuovi sbocchi di sviluppo ecosostenibile.

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Decadenza e “segni” di resistenza nel cuore del centro storico di Biancavilla

Saracinesche abbassate e ombrelli sospesi in aria: ombre e (alcune) luci del nostro “salotto cittadino”

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Mentre l’ennesima saracinesca si abbassa, il centro storico di Biancavilla si rivela, come uno specchio: riflesso delle criticità del nostro tempo. In questo spazio urbano – che accoglie la Chiesa Madre con lo splendido campanile disegnato da Carlo Sada, la barocca Chiesa del Rosario, i palazzetti d’inizio Novecento e i circoli di categoria dove ancora si gioca a carte e si legge il giornale – si percepisce con sempre maggiore evidenza un lento ma costante processo di svuotamento.

Negli ultimi anni, numerose attività commerciali hanno chiuso i battenti o si sono trasferite in altre zone della città, inseguendo una maggiore accessibilità o un bacino d’utenza più ampio. Il centro storico, un tempo definito “il salotto buono del paese”, ha perso quella vivacità che lo rendeva punto di riferimento per il passeggio, il ritrovo giovanile e la vita quotidiana.

Sono ormai lontani i giorni in cui piazza Roma era crocevia di relazioni sociali e scambi economici: si discuteva di lavoro, si contrattavano i braccianti per le campagne, si stabiliva il prezzo delle arance. “A chiazza” rappresentava una sorta di estensione domestica: il prolungamento della casa di ogni biancavillese.

Scenario di degrado

Oggi, però, lo scenario è diverso: ai monumenti vandalizzati (gomme da masticare a terra, resti di cibo, lattine, bottiglie, carte e mozziconi di sigarette) si aggiungono arredi urbani trascurati e un crescente senso di abbandono. Le vie più appartate, nei fine settimana, ospitano persino i resti fisiologici di chi non è riuscito a raggiungere un bagno, con tutto ciò che ne consegue in termini di odori e degrado.

Le serate estive sono spesso disturbate da schiamazzi, motori rombanti e musica assordante proveniente dalle auto di chi il giorno dopo non ha proprio intenzione di andare a lavorare. La percezione diffusa è quella di uno spazio che non appartiene più a nessuno e che, proprio per questo, nessuno si sente in dovere di curare o rispettare.

Colpa di chi?

Di chi è la responsabilità? È facile puntare il dito contro l’amministrazione, che pure ha obblighi e doveri. È comodo, ma forse troppo generico, attribuire la colpa ai cittadini, anche se l’indifferenza e l’inciviltà sembrano manifestarsi proprio in chi abita questi luoghi. Eppure anche l’idea di una “colpa dei tempi” rischia di risultare una scorciatoia interpretativa, che rinuncia a comprendere la complessità del presente.

Una cosa però è certa: ogni giorno assistiamo a scene di ordinaria inciviltà che fanno pensare a un progressivo distacco dalla dimensione della “cosa pubblica” come bene comune.

Ma non tutto è perduto

E tuttavia, in questo paesaggio urbano segnato da ombre, emergono anche piccoli segnali di luce. Qualche giorno fa, da un palmizio curato dai soci di un circolo, è spuntato un lungo fiore. Un piccolo miracolo naturale, che ha attratto l’attenzione e la curiosità di chi vi passa accanto. Poco più in là, nella piazza Collegiata, un’attività di ristorazione ha decorato gli alberi con ombrellini colorati sospesi, restituendo vivacità e senso estetico a quell’angolo, nei pressi della fontanella.

Due segni, diversi ma convergenti: il primo affidato alla spontaneità della natura, il secondo frutto dell’iniziativa umana. Entrambi portano un messaggio chiaro: non tutto è perduto. C’è ancora spazio per la bellezza, per l’impegno civico, per un’idea di comunità che non si arrende all’indifferenza ma decide di prendersi cura di un angolo della città restituendogli dignità. Di certo, questo non basta a risolvere i problemi strutturali del centro storico, ma potrebbe indicare una direzione possibile. La rinascita non arriva tutta insieme, e spesso non fa rumore. Inizia da gesti semplici, quasi invisibili: da lì si può ripartire.

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Distacchi elettrici e bassa tensione, disagi continui (anche senza temporali)

Biancavilla all’anno zero per infrastrutture: cabine e rete inadeguate provocano ripetuti disservizi

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© Foto Biancavilla Oggi

Partiamo da un fatto: non c’è né un uragano né un cataclisma. Nemmeno un temporale. Non si capisce, dunque, per quale motivo, anche quando splende il Sole, debbano esserci distacchi di energia elettrica o “sfarfallii” da bassa tensione. Con la conseguenza che elettrodomestici e apparecchiature attaccate alla rete elettrica vadano continuamente in tilt. Capita spesso. poi. che in coincidenza di black out, i tempi di ripristino del disservizio debbano misurarsi in ore.

È quello che accade in continuazione a Biancavilla, Bastano banali acquazzoni, a volte senza nessuna goccia piovana, e l’erogazione elettrica viene a mancare. Non è concepibile una cosa del genere. Che un guasto possa capitare, fa parte delle statistiche. Che questo determini disservizi, ci sta. Ciò che non può essere tollerato è l’inefficienza nel ripristino del servizio con tempi lunghi o i ripetuti sbalzi di tensione.

Tutto questo evidenzia – ecco il punto cruciale – infrastrutture obsolete e carenza di personale adeguato alle esigenze di una società che dipende ormai dall’elettricità e dalle reti di comunicazioni. Invece, quasi sempre in coincidenza di una mancanza di elettricità si associa pure il tilt del segnale telefonico, sia VoIP che mobile. È evidente che il sistema sia altamente fragile e vulnerabile.

Basta dare uno sguardo verso l’alto per accorgersi che certi cavi elettrici presenti a Biancavilla risalgono a 50 anni fa. Mancano veri investimenti nel nostro territorio e mi chiedo se, dalla valanga di risorse del Pnrr, vi siano progetti e interventi in questa direzione. Anziché promuovere battaglie contro i mulini a vento (leggasi, per esempio, antenne 5G), la politica pretenda e si impegni in una radicale modernizzazione infrastrutturale del nostro territorio. Il sindaco Antonio Bonanno alzi la voce nei confronti di Enel Distribuzione. Un’intera comunità non può subire in continuazione dopo qualche lampo e ad ogni tuono o, peggio ancora, con il cielo limpido e il Sole splendente.

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