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«Down, spasticu, frociu»: quando le parole feriscono il senso di civiltà

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Uno dei pilastri per una buona integrazione e per un’accessibilità piena è la consapevolezza e la conoscenza da parte della gente di molti termini riferiti a patologie, disabilità o altro, utilizzati però per offendere o semplicemente per “scherzare”.

A Biancavilla un fatto molto diffuso è l’utilizzo di molti termini tipo “down, handicappato, spastico, zingaro, frociu ecc…” in modo inappropriato da parte di bambini, adulti e anziani. Termini utilizzati alla leggera, senza pensare al significato e al fatto che utilizzati in questo modo divengono un “discriminante” per chi ci convive e un contagio di pensiero a considerare “diverse” le persone a causa del proprio stato di salute o di pensiero.

“Pezzu di menomato ti scannu”, “si down ca nan ci rinesci?”, “zingaru ‘o laviti”, “si andicappatu chiù di ta patri”,  “pezzu di frociu a unni a statu?”, “au a si spasticu avi du uri ca ti ceccu”: queste sono solo alcune delle citazioni con termini a cui vengono attribuiti significati totalmente sbagliati, utilizzati in modo a dir poco assurdo e per scopi di offesa o scherzo.

È probabile che chi usa questi termini non abbia coscienza e consapevolezza del significato, ma sicuramente li usa in malo modo.

Sfido chiunque utilizzi le frasi qui sopra menzionate a dedicare 10 minuti alla ricerca del loro significato e poi, se vogliono, potranno continuare ad usarle ma, almeno, sapranno di cosa stanno parlando.  Bisognerebbe fare qualcosa di concreto per integrare nella città la conoscenza lessicale, da cui passa anche il senso di civiltà.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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1 Commento

1 Commento

  1. serena89

    11 Ottobre 2014 at 7:55

    Certo che sentire un anziano che dice “zingaru o laviti” sarebbe un po’ strano!
    Comunque, non credo che la colpa sia dell’ignoranza lessicale! Molto spesso, ad esempio, è di cattivo gusto quando ci si rivolge ad una ragazza dandole della poco di buono!
    E allora? Tutti sappiamo il significato delle parole che utilizziamo comunemente per screditare, ma malgrado ciò le utilizziamo lo stesso!

    A mio avviso, l’unica possibile soluzione è non rispondere a tono, non dar sazio al vigliacco di turno che apostrofa malamente la gente!

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Premio Scanderbeg (e alla memoria), buona idea riconoscere i meriti però…

Note a margine dell’evento promosso dalla Presidenza del Consiglio Comunale a Villa delle Favare

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Ho letto con piacere dell’esistenza del premio Scanderbeg, istituito dal Comune di Biancavilla e, nello specifico, dalla Presidenza del Consiglio Comunale. L’idea che le nostre istituzioni vogliano dare merito e riconoscimento a personalità che si siano distinte in ambiti professionali o di impegno civico, culturale, sociale o volontaristico mi sembra valida e da sostenere.

Ci sono, tuttavia, due osservazioni che spontaneamente nascono dalla lettura delle cronache dell’evento di premiazione, avvenuto a Villa delle Favare.

Scegliere di stilare un ampio ventaglio di premiati rischia, nel giro di qualche anno, di esaurire il numero di meritevoli a cui conferire il riconoscimento. O quantomeno si rischia di individuare personalità via via “minori” rispetto a quelli già chiamati sul palco. In altre parole: meglio scegliere, per ogni edizione, pochi ma farlo con criterio, evitando motivazioni troppo generiche.

Altro aspetto che è saltato alla mia attenzione è la categoria del “premio alla memoria”. Non è inusuale che certi riconoscimenti vengano dati post mortem. Di solito accade per scomparse premature o improvvise.

Nel caso della manifestazione del Comune di Biancavilla sembra, invece, che si tratti di una categoria fissa, da riproporre ogni anno. L’idea, in questo caso, non fa altro che certificare la disattenzione che in passato l’istituzione comunale ha avuto nei confronti dei biancavillesi meritevoli.

I premi si danno in vita, non dopo la morte! Sembra si voglia colmare l’indifferenza che sindaci e consiglieri hanno mostrato nel passato. Cosa vera, ma ormai è troppo tardi. Vogliamo dare un premio, dunque, alla memoria per Antonio Bruno e farci perdonare le malignità riservate prima e dopo la sua morte o l’oblio che ne è seguito per decenni? Guardiamo avanti.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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