Cultura
Sfregio al prete che fondò l’ospedale: la sua statua “divorata” dalle sterpaglie
Lasciato all’incuria il monumento del prevosto Benedetto Portale, “aristocratico” dalla vocazione sociale

Non dovremmo mai dimenticare chi ci ha fatto del bene. La memoria storica o affettiva ha il compito fondamentale di tramandare nel tempo valori, ricordi, modelli che ci hanno fatto crescere e diventare migliori. Una collettività orientata al futuro non può scordare gli uomini che con intelligenza, impegno e una buona dose di amore hanno contribuito al suo sviluppo.
A Biancavilla, tra questi personaggi, rientra a pieno titolo Benedetto Portale (1867 – 1943), discendente di una famiglia borghese “antica e doviziosa” molto in vista nel corso dell’Ottocento, e ordinato sacerdote nel 1892.
Eppure, oggi, muto testimone del passato, il monumento a lui dedicato è ormai solo un punto di passaggio e versa in uno stato di totale abbandono. Il busto bronzeo si trova all’ingresso del “vecchio ospedale”. Lo vediamo attorniato da sterpaglie rigogliose. Un triste epilogo per un simbolo di carità e speranza, legato proprio alla fondazione di quella struttura sanitaria.
Da piccolo lazzaretto a vero ospedale
Il prevosto Portale, a capo della Collegiata di Biancavilla dal 1934, subito dopo la Grande Guerra, si mise in testa di realizzare nel suo paese un ospedale per garantire il diritto alla salute a tutti i cittadini, soprattutto a chi non poteva permetterselo.
Esempio di sacerdote secondo i principi della Rerum Novarum, seppe essere un “prete sociale” seppur dai modi aristocratici, indirizzando la sua attività verso i bisognosi che altrimenti – non era affatto raro – se malati si vedevano costretti e abbandonati in un fondo di letto tra le quattro mura domestiche.
Tramite delle trattative private, sostenute con fondi propri e con le notevoli difficoltà facilmente immaginabili, Portale riuscì a trasformare in pochi anni un piccolo lazzaretto sito a nord del centro abitato – servito alla popolazione biancavillese durante il colera del 1887 – in un ospedale. Una struttura con «tre grandi sale per dormitori capaci di 48 letti, sale per ammalati a pagamento, corridoi ampi e lumeggiati, sala per le operazioni chirurgiche, sala da bagno, lavanderia, cucina, cappella e reparto per le suore preposte al funzionamento e ai servizi interni…». Il nosocomio fu costituito con atto notarile il 13 gennaio del 1930 e intitolato a Maria SS. Addolorata.
Benedetto Portale, oltre alla cura pastorale dell’unica parrocchia esistente in quel tempo a Biancavilla – la Chiesa Madre con più di sedicimila abitanti – si occupò per il resto della vita dei malati ospitati in quelle sale, e di chiamare le suore, i medici e altro personale per lavorarvi e prestare servizio.
Per dare compimento alla sua opera, nel suo testamento una parte preponderante la ebbe proprio l’ospedale da lui voluto: lasciò ad esso perfino la sua «biancheria, gli attrezzi di cucina, materassi, lettini e biancheria da letto…».

Riconoscenza e memoria (smarrita)
Qualche anno dopo la sua scomparsa, avvenuta nel 1943, nel rilanciare il centro ospedaliero anche con la costruzione di un nuovo grande plesso, il prevosto Giosuè Calaciura, volle erigere al suo predecessore un busto di bronzo, collocandolo all’ingresso di quello che ormai era diventato u spitali vecchiu. Nel settembre 2017, sulla facciata della casa natale di Portale, in via Vittorio Emanuele, l’Arciconfraternita dei Bianchi ha apposto una lapide per ricordare i 150 anni della sua nascita.
Simboli di affetto e di riconoscenza per chi ha saputo dedicare parte della sua vita al bene degli altri e per onorare la memoria di un cittadino che, col suo impegno, ha dimostrato non solo un concreto spirito cristiano, ma anche un grande senso di responsabilità. Il vuoto sociale colmato dalla sua opera in quel duro periodo, oltre che migliorare non poco la qualità della vita di numerosi biancavillesi – i più fragili – e trasformare il volto del suo paese, ha posto le basi (è bene dirlo) alla costruzione del grande ospedale adesso presente a Biancavilla con ben tre plessi e un bacino di utenza che abbraccia diversi comuni del circondario.
Quella statua posta nello spazio esterno del plesso ospedaliero ci ricorda (o dovrebbe ricordarci) tutto questo. Un monumento che anziché essere curato e tutelato, rischia di scomparire del tutto dietro la vegetazione selvaggia. Un’incuria offensiva della memoria di un uomo e di chi ha beneficiato della sua generosità. Ci rimanda l’immagine di una collettività che, troppo presa dalle sfide quotidiane del presente e da mille distrazioni, mette in secondo piano il valore della memoria, rischiando di perdere il senso della propria identità e il filo che la lega alla sua storia.
AGGIORNAMENTO
(29.3.2025) Lavori di pulizia sono stati effettuati nell’area attorno alla statua del prevosto Benedetto Portale. Le erbacce alte sono state tagliate e rimosse. Un intervento eseguito in risposta all’articolo di denuncia pubblicato, meno di 48 ore prima, da Biancavilla Oggi. All’ingresso del vecchio plesso ospedaliero, lo spazio su cui si trova il busto bronzeo dell’illustre sacerdote ha riacquistato così un minimo di decoro.

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Chiesa
Nella chiesa dell’Annunziata restauri in corso sui preziosi affreschi del ‘700
Interventi sulle opere di Giuseppe Tamo, il parroco Giosuè Messina: «Ripristiniamo l’originaria bellezza»

All’interno della chiesa dell’Annunziata di Biancavilla sono in corso i lavori di restauro del ciclo di affreschi della navata centrale, della cornice e dei pilastri. Ciclo pittorico di Giuseppe Tamo da Brescia, morto il 27 dicembre 1731 e sepolto proprio nell’edificio sacro.
Gli interventi, cominciati a febbraio, dovrebbero concludersi a giugno, ad opera dei maestri Calvagna di San Gregorio di Catania, che ben conoscono hanno operato all’Annunziata per diversi restauri negli ultimi 30 anni.
Il direttore dei lavori è l’arch. Antonio Caruso, il coordinatore per la sicurezza l’ing. Carmelo Caruso. Si procede sotto l’alta sorveglianza della Soprintendenza ai Beni culturali e ambientali di Agrigento.
«Quest’anno la Pasqua è accompagnata da un elemento che è il ponteggio all’interno della chiesa. Il ponteggio – dice il parroco Giosuè Messina – permette il restauro della navata centrale e delle pareti, per consolidare l’aspetto strutturale della volta e ripristinare la bellezza originaria dell’apparato decorativo. Chiaramente questo ha comportato una rivisitazione del luogo, soprattutto con l’adeguamento dello spazio per permettere ai fedeli la partecipazione alla santa messa».
«In questa rivisitazione dei luoghi liturgici, l’Addolorata – prosegue padre Messina – quest’anno non ha fatto ingresso all’interno della chiesa a seguito degli spazi limitati, ma abbiamo preparato l’accoglienza in piazza Annunziata, esponendo anche esternamente la statua dell’Ecce Homo. La comunità, insieme ai piccoli, ha preparato un canto e poi il mio messaggio alla piazza. Un messaggio di speranza: le lacrime di Maria sono lacrime di speranza».
I parrocchiani dell’Annunziata stanno sostenendo le spese del restauro, attraverso piccoli lasciti e piccole offerte, per ridare bellezza a questo luogo di culto, tra i più antichi di Biancavilla.
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Cultura
Il Venerdì santo del ’68: l’Addolorata in processione nel mondo in rivolta
Uno scatto inedito ritrae i fedeli in via San Placido: la devozione popolare in quell’anno turbolento

L’immagine in bianco e nero, qui sopra a destra, che per la prima volta viene staccata da un album di famiglia e trova collocazione su Biancavilla Oggi, ci restituisce il frammento di una processione della Madonna Addolorata. Il corteo avanza compatto in via San Placido, a pochi passi dall’ingresso del “Cenacolo Cristo Re”. Sullo sfondo, il monastero “Santa Chiara”, dalla cui chiesa il simulacro è appena uscito. Donne eleganti nei loro tailleur, borsette al braccio, volti composti, sorrisi accennati. Uomini in abito scuro, qualcuno in cravatta, qualche altro con la coppola.
Non è un anno qualsiasi: è il Sessantotto. È il 12 aprile 1968: quella mattina del Venerdì Santo, a Biancavilla la storia aveva un sottofondo diverso. Lo scatto fotografico dell’affollata processione, che qui pubblichiamo, coglie un istante di vita di provincia, mentre il mondo era in rivolta.
Otto giorni prima, a Memphis, Martin Luther King veniva assassinato. Negli Stati Uniti, le fiamme delle proteste bruciavano il sogno della nonviolenza. In Italia, gli studenti occupavano le università, lanciando un’ondata di contestazione che avrebbe investito scuole, fabbriche e palazzi del potere. La primavera di Praga era nell’aria, prima che le speranze di libertà finissero sotto i carri armati sovietici. A Parigi, il Maggio francese era pronto a farsi sentire in tutto il suo fragore. E in Vietnam, la guerra e il napalm trucidavano vite e coscienze.
Ma a Biancavilla, in quel venerdì di aprile, la processione dell’Addolorata si muoveva lenta e composta, come ogni anno da secoli. La scena è cristallizzata. Nessuna spettacolarizzazione, nessuna teatralità: soltanto un popolo di fedeli che cammina, che prega, che resta unito nel dolore di Maria. Come se quel dolore universale della Madre che ha perso il Figlio, bastasse a rappresentare anche le inquietudini del presente. Come se, nella liturgia popolare, ci fosse spazio per elaborare anche i drammi collettivi del mondo.
È una Biancavilla ancora intima e raccolta. Ma non per questo isolata del tutto. È semmai una Biancavilla che custodisce le sue radici quando tutto corre verso il cambiamento, necessario e inevitabile. In quella processione religiosa, c’è forse un senso di continuità che si oppone all’instabilità: un tentativo di conservare la tradizione nell’impellenza della modernità.
Riguardare oggi questa fotografia, dunque, non è affatto un esercizio di nostalgia. È un atto di lettura storica e culturale, in un accostamento tra quotidianità locale (racchiusa in quell’istantanea di via San Placido) e narrazione globale (come nell’iconica ragazza col pugno chiuso tra le vie parigine). È vedere come una comunità, anche in quell’anno turbolento, sceglieva di riconoscersi nei propri riti. Non per chiudersi al mondo, ma per affrontarlo con una dichiarazione silenziosa di identità: «Noi siamo ancora qui. Insieme. Anche se il mondo cambia. Anche se tutto sembra franare».
Non è distacco o indifferenza. Il vento del Sessantotto, con la sua carica rivoluzionaria e il sovvertimento di canoni sociali e tabù familiari, in qualche modo, arriverà poi (finalmente) pure a Biancavilla, minando le fondamenta del patriarcato, della sudditanza femminile, della cappa clericale e di tutte le altre incrostazioni e arretratezze. Una battaglia di civiltà e progresso ancora aperta, da rendere viva e riadattare anche oggi, in questo Venerdì santo 2025, nel quale movenze e itinerari dell’Addolorata si riproporranno intatti e immutati.
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