Cronaca
“Ambulanza della morte”, in Appello pena concordata a 13 anni per Scalisi
La sentenza riformula così la condanna a 30 anni, che era stata inflitta in primo grado con rito abbreviato

Pena ridotta in secondo grado per Agatino Scalisi, uno dei “barellieri” imputati nell’ambito dell’inchiesta “Ambulanza delle morte” a Biancavilla.
La Corte d’Assise d’Appello di Catania (presidente Stefania Scarlata) lo ha condannato a 13 anni, un mese e 10 giorni di reclusione. È stata così riformata la sentenza di primo grado, che con rito abbreviato, aveva condannato l’imputato a 30 anni di carcere.
In Appello, con un concordato, esclusa l’aggravante del “mezzo insidioso” e riconosciute le attenuante generiche prevalenti sulle aggravanti.
Scalisi, assistito dall’avv. Antonino Tomaselli, era stato indagato dal pm Andrea Bonomo della Procura di Catania – dopo il clamore del servizio de Le Iene con le rivelazioni di Luca Arena – assieme a Davide Garofalo, condannato all’ergastolo in primo e secondo grado, con rito ordinario. Per quest’ultimo procedimento, seguito dall’avv. Turi Liotta, si attende il pronunciamento della Cassazione.
Entrambi gli imputati avrebbero agito – secondo l’accusa – con un’iniezione di aria in vena, uccidendo pazienti terminali appena dimessi dagli ospedali di Biancavilla e Paternò, nel breve tragitto verso casa. Un’azione volta ad accaparrarsi 200-300 euro come “provvigione” sui funerali con il placet di esponenti mafiosi.
Scalisi è stato accusato della morte di una paziente, Maria Giardina. A Garofalo vengono attribuiti i decessi di tre persone: Salvatore Gagliano, Agatina Triscari e Salvatore Cadile. Le vittime sono tutte di Biancavilla.
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Cronaca
Sorpreso con un tirapugni e una dose di marijuana: denunciato un 18enne
Da un giro di controllo, i carabinieri hanno notato strani movimenti in piazza Stazione e sono intervenuti

Un 18enne di Biancavilla è stato denunciato dai carabinieri per la detenzione di un’arma bianca (un tirapugni di metallo) e segnalato quale assuntore di stupefacente.
I militari hanno notato il ragazzo, assieme ad un gruppo di coetanei, nei pressi di Piazza Stazione che. Al passaggio di un’auto dei carabinieri, qualcuno della comitiva ha emesso due fischi e il 18enne ha subito estratto dalla tasca un oggetto metallico, nascondendolo sul tetto di una pensilina, salvo poi recuperarlo una volta che la pattuglia si era allontanata.
Quando il giovane ha ripetuto lo stesso gesto durante un ulteriore passaggio dei carabinieri, questi ultimi sono subito intervenuti, bloccandolo e procedendo a perquisizione.
I militari hanno recuperato il tirapugni in acciaio dalla pensilina. Nella tasca dei pantaloni, invece, il 18enne aveva una dose di marijuana pronta all’uso. Per queste ragioni, il giovane è stato denunciato per il possesso dell’arma bianca e segnalato alla Prefettura di Catania quale assuntore di sostanze stupefacenti.
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Cronaca
Condivise video hot di una donna, condannato ad un anno di reclusione
Sentenza di primo grado dopo 5 anni: per l’uomo cade l’accusa di stalking, assolti altri tre imputati

Trattamento illecito di dati personali e diffamazione aggravata: sono i reati per i quali il Tribunale di Catania ha condannato un biancavillese, ritenuto responsabile della diffusione di immagini hot di una donna, anche lei di Biancavilla.
Alla quarta sezione penale, il giudice Dora Anastati ha inflitto una pena (sospesa) di un anno di reclusione e 1000 euro di multa. L’imputato dovrà sostenere anche il pagamento delle spese processuali, il pagamento delle spese legali della vittima (quantificati in 2500 euro) e il risarcimento danni (da definire in sede civile).
L’uomo è stato assolto, invece, dall’accusa di stalking. La Procura aveva chiesto per lui una condanna a 2 anni di carcere.
Nello stesso procedimento, assolti per non aver commesso il fatto altri tre biancavillesi, accusati di diffusione illecita di foto intime ai danni di una seconda donna di Biancavilla. Per ciascuno di loro, il pm aveva chiesto 1 anno di reclusione.
Morbosità su WhatsApp e Messenger
La vicenda risale al 2019 (non esisteva ancora il reato del “revenge porn”) e, seppur per episodi distinti, ha coinvolto due donne di Biancavilla. Video e foto in pose e atteggiamenti erotici che le ritraevano sono stati diffusi senza il loro consenso, diventando virali tramite WhatsApp e Messenger.
Le vittime hanno raccontato agli inquirenti gli effetti devastanti della condivisione non autorizzata di quelle immagini. Una di loro, in particolare, ha riferito come la sua vita sia stata sconvolta e distrutta, in ambito familiare e lavorativo.
Le indagini si sono avvalse anche delle attività tecniche della polizia postale, tenendo conto dell’attivismo di profili anonimi. L’inchiesta si è poi allargata, per un imputato, all’ipotesi degli atti persecutori. Un’accusa non provata, circoscrivendo quindi la condotta illecita alla sola diffusione dei video erotici con conseguente diffamazione e violazione della privacy.
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