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Cultura

Padre Brancato, icona pop che ha reso l’Irraggiungibile più vicino

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© Foto Nero su Bianco Edizioni

Ad un anno dalla morte di Padre Placido Brancato, Biancavilla Oggi lo ricorda con questo contributo di Placido A. Sangiorgio. Un testo tratto da “Santu, riccu e furtunatu”, il libro fotografico curato da Giuseppe Gugliuzzo e Giuseppe Ciadamidaro, pubblicato (con prefazione di padre Giovambattista Zappalà) da Nero su Bianco Edizioni e dedicato all’anziano sacerdote. Un volume apprezzato per il ricco ed inedito patrimonio di immagini che ripercorrono quasi un secolo di vita di padre Brancato e uno spaccato di storica sociale locale.

Uno strascichio jazzato di passi tra la folla riverente. È l’ultima immagine collettiva di Padre Brancato a Biancavilla. Il vegliardo sacerdote che ha fatto del suo credo missione civile. Il solo a poter vantare nella vecchiaia l’offerta di un braccio di sostegno, anche tra il dirigente comunista nostalgico e il millennials ateo professo. Almeno tre generazioni di giovani lo hanno considerato riferimento indiscusso di impegno sociale. Dalla foto in bianco e nero ai selfie che lui stesso scorreva maldestramente, ma con curiosità, sui display. Coerenza di vita, fedeltà agli impegni, offerta disinteressata di più dei suoi risparmi (che da noi significa tutto), ne fanno un’icona popadre

Ciascun biancavillese sarebbe in grado di tessere elogi di Padre Brancato, anche il più topograficamente distante dalla parrocchia dell’Annunziata e il più distratto dai temi religiosi. I ricordi personali, quindi, mi portano a un trentennio addietro, quando mi recai all’oratorio – di cui i miei coetanei riportavano meraviglie – e a una più recente mattina estiva quando, trovandolo in adorazione solitaria nella cappella delle sue vigne, gli chiesi di confessarmi, mosso dall’avere quel vecchio sacerdote per tramite, l’unico che vedevo conversare con gli ultimi “Uomini cattolici”.

Per lui ero “il figlio del mio collega Gerardo”, come ripeteva con fermezza rievocando i suoi anni d’insegnamento alla “Sturzo” e da lui avevo rassicurazione sulla sorte ultraterrena di mio padre: “Se non c’è lui in Paradiso chi ci deve essere?! – per poi proseguire – Il suo era un cristianesimo intelligente!”. Quest’ultima affermazione mi fece allora riflettere: il sacerdote che avevo sempre visto come custode di una fides preconciliare, sapeva leggere nel tempo e aprirsi al confronto con le istanze del laicato.

Un altro episodio che trovo significativo, l’abbraccio con mons. Antonino Minissale: l’esegeta veterotestamentario giunse apposta a Biancavilla, in occasione di un riconoscimento che il Comune tributò a Padre Brancato nel 2002. Entrambi a dire il meglio dell’altro, col sorriso altruista degli umili. Quel Non sum dignus che è dei grandi.

L’eredità che ci lascia il zelante e umile sacerdote (rifiutò il canonicato nel ’96) è che l’oratorio – difeso con convinzione fino alla fine – è strada di incontro dell’uomo tra uomini. Spazio di verità e cittadinanza. Questo ce lo ha insegnato sommessamente un vecchio calvo dalla voce grave, corpulento e infaticabile sotto il peso degli anni. Il suo passaggio tra noi ha reso l’Irraggiungibile più vicino.

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Cultura

Il biancavillese Alfio Lanaia racconta a Rai Radio 1 “La Sicilia dei cento dialetti”

Lo studioso di linguistica ospite di “MediterRadio”, una coproduzione tra Sicilia, Sardegna e Corsica

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Prosegue il successo de “La Sicilia dei cento dialetti”, volume dello studioso biancavillese Alfio Lanaia, pubblicato dalla nostra casa editrice, “Nero su Bianco”.

Lanaia, che per questo libro ha vinto il premio “Tullio de Mauro”, nell’ambito del concorso “Salva la tua lingua locale” dell’Unpli, è stato ospite di “MediterRadio”.

Si tratta di un programma radiofonico settimanale, in onda su Rai Radio 1, prodotto dalla sede Rai della Sardegna e della Sicilia e da Radio Corse Frequenza Mora con sede in Corsica.

Intervistato da Adelaide Costa, Lanaia ha sottolineato l’importanza dell’uso del dialetto siciliano. Una lingua viva, che si evolve e cambia. Un patrimonio immateriale della nostra storia e della nostra cultura.

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