Chiesa
La prima pietra di “San Salvatore” posata dall’arcivescovo Gristina
All’interno della pietra marmorea è stato inserito l’atto fondativo, firmato da tutti i rappresentanti parrocchiali, diocesani ed istituzionali. L’arcivescovo di Catania, mons. Salvatore Gristina, prima della benedizione, ha voluto mettere all’interno anche la sua berretta, «in segno di partecipazione a questa comunità».
È avvenuta così la posa della prima pietra per la costruzione della nuova chiesa di San Salvatore, nel quartiere “Spartiviale” di Biancavilla. L’avvio simbolico dei lavori, finanziati dalla Conferenza Episcopale Italiana con un contributo comunale per complessivi 1 milione e 400mila euro, dovrebbero concludersi tra due anni.
È stata una festa che ha riunito tutti i gruppi parrocchiali, dalle comunità neocatecumenali ai boy scout. Padre Salvatore Verzì, alla guida della parrocchia da 16 anni, ha ricordato il lavoro svolto dai suoi predecessori, da padre Salvatore Castellano a padre Alfio Sarvà, oltre al ruolo avuto da padre Placido Brancato, lui, il più anziano dei sacerdoti di tutta la diocesi, che alla cerimonia non ha voluto mancare.
Presenti il vicario foraneo, padre Giovambattista Zappalà e il clero biancavillese. In fascia tricolore, il sindaco Giuseppe Glorioso.
La chiesa sarà realizzata, con linee moderne e forme architettoniche semplici su progetto dell’ing. Maurizio Erbicella, a fianco all’attuale edificio sacro, che di fatto sarà inglobato alla nuova costruzione con «il compito di contrapporre al caos urbano circostante l’idea dell’ordine».
Secondo l’impostazione progettuale, visibile qui di seguito nelle slide dello studio Erbicella, «la nuova chiesa è stata pensata come un marcatore paesaggistico della presenza ecclesiale, ben riconoscibile per chi transita, riferimento simbolico non solo per gli abitanti del quartiere».
Un evento, quello di oggi, particolarmente atteso dagli abitanti del quartiere, che fanno riferimento a questa “parrocchia di frontiera”.
Una parrocchia che negli ultimi vent’anni ha visto crescere il numero di fedeli e che, grazie all’impegno di padre Salvatore, è diventata un riferimento di aggregazione giovanile, al punto che, per esempio, i grest organizzati in estate hanno richiamato oltre 500 partecipanti e 120 animatori.
Numeri record nella diocesi di Catania che fanno di questa parrocchia una delle realtà ecclesiastiche più vivaci ed articolate di Biancavilla.
LEGGI L’ARTICOLO
►Padre Salvatore Verzì, prete di frontiera a “San Salvatore”
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Chiesa
San Placido: la nostra identità cittadina tra fede, tradizioni e memorie secolari
La festa in onore del Patrono è esplosione di piacere collettivo, al quale tutti debbono partecipare
Un episodio della vita di san Placido, risalente ai primi anni della permanenza in monastero con san Benedetto ci tramanda che i monaci di alcuni monasteri avevano enormi difficoltà a reperire l’acqua, sicuramente per la lontananza con le fonti o per una persistente siccità. Allora angustiati chiesero all’abate di risolvere il problema. Il superiore non trovò altro rimedio se non la preghiera. Una notte, affinché la supplica fosse più efficace, svegliò il piccolo Placido, beatamente addormentato. Insieme si inoltrarono tra i monti e in un luogo remoto pregarono lungamente tutta la notte. Alla fine, poste tre pietre ad indicare il sito, se ne tornarono in monastero. Quando, su indicazione dell’abate, gli altri monaci andarono nel posto indicato tra quelle rocce videro uscire l’acqua tanto desiderata, prodigioso dono ancora oggi tangibile.
I santi commuovono il cuore di Dio. Lo dovremmo pensare quando tra le strade di basolato lavico della città passa solenne la statua del nostro san Placido. Quando le bombe assordanti, le strisce colorate, gli applausi dai balconi, le festose marce della banda accompagnano l’immagine di questo monaco andato in cielo – più di millecinquecento anni fa – a poco meno di trent’anni. I santi chiedono a Dio le grazie di cui noi abbiamo bisogno e ci indicano la giusta strada, già da loro percorsa.
Il segno dell’identità cittadina
In un mondo che sta cambiando troppo in fretta, in una società che ha modificato valori e ideali, portare tra le strade le statue dei nostri patroni assume un senso nuovo rispetto ai tempi andati.
San Placido rappresenta l’identità cittadina, con tradizioni e memorie derivanti dallo stratificarsi del passato e dalle contaminazioni culturali che l’hanno arricchita e la rendono unica. La festa a sua volta è esplosione di piacere collettivo, al quale tutti debbono partecipare. Essa spezza la monotonia della quotidianità e attraverso la manifestazione esterna di sentimenti ed emozioni offre l’occasione di riscoprire le origini della comunità, recuperandone la storia, rifondandola periodicamente e trovando nella ritualità dei gesti compiuti all’unisono da tutti la propria ragione di essere.
Per i cristiani, la festa è anche culto, è manifestazione della gioia che deriva da Dio e a lui fa ritorno. Esattamente come il nostro “giru de’ santi”, che dalla Chiesa Madre prende inizio e lì ritorna, esorcizzando la concezione della vita. Una vita intesa non come fluire lineare, con un inizio e una fine, ma come un divenire ciclico di nascita, morte e rigenerazione. Esattamente come le stagioni.
Festa, fede e simbolismo
La festa è pure preghiera ed è riflessione sul destino dell’uomo. Placido è stato un uomo. Ha gioito e ha patito come ogni altro essere umano. Ha dato però degli obiettivi e delle priorità alla sua esistenza. Ha saputo fare dono di sé agli altri. Questo ci viene rivelato dalla statua, opera del biancavillese Placido Portal, scolpita agli inizi del Settecento. Essa, riproponendo la Santità del martire secondo i modelli classici del barocco siciliano, mostra un uomo imberbe, ancora molto giovane, con un’ampia cocolla nera, con la mano destra alzata per benedire chi gli si rivolge.
Il simbolismo aiuta a capire il messaggio solo se il fedele osserva l’opera con occhio attento. L’aureola d’argento, è uno degli attributi più antichi, indica quello come uomo di Dio, ammantato dall’aura splendente della luce divina. Il pastorale rappresenta la dignità di abate, padre e pastore della comunità monastica a lui affidata. Il libro della Regola afferma che il santo appartenne all’ordine Benedettino, i cui monaci dopo il crollo dell’Impero Romano compirono l’imponente opera di ristabilire l’equilibrio in una Europa sconquassata dalle invasioni barbariche. La palma è simbolo del martirio subito per testimoniare gli ideali cristiani. Le chiavi della città – consegnate ogni anno dal sindaco – indicano l’affidamento di Biancavilla al suo Patrono. Infine la croce pettorale, in argento e pietre preziose, è segno della fede in Cristo, stabile fino alla fine nel cuore di Placido.
Ai piedi del fercolo, dentro un’antichissima urna, sono conservate le reliquie, il braccio destro del santo che tante volte benedisse i fratelli e oggi continua a benedire i suoi devoti.
Il senso della festa oggi
Ecco cosa rappresenta quella effigie tirata dai fedeli, portata festosamente tra la gente, abbracciata da migliaia di biancavillesi. Ancora oggi, quel monaco di cui parlò Gregorio Magno, avvicinato dalla tradizione alla nostra Sicilia come martire, ci vuole parlare di pace in un mondo che, preso da interessi di parte sta conoscendo una triste era di conflitti; ci parla di ponti per unire individui appartenenti all’unica famiglia umana; ci parla di accoglienza e di interculturalità in una società chiamata a ricevere nuovi flussi migratori da terre povere e devastate concretizzati ogni giorno in nuovi vicini di casa, compagni di scuola, colleghi di lavoro; ci parla di lotta audace alle nuove mafie che attanagliano come tumori la nostra terra, la oltraggiano e la umiliano.
Una forte dose di coraggio, di presa di coscienza intelligente per far uscire la nostra società civile dall’individualismo imperante e dalla ricerca di profitti e interessi privati a scapito di quelli comuni. Una buona quantità di impegno e di forza di volontà per tirar fuori le nostre comunità ecclesiali – spesso annebbiate dai troppi fumi d’incenso – dai raccolti edifici sacri al mondo chiassoso e agitato. Accogliere le nuove sfide del nostro tempo e piantare semi di nuova speranza per tramutare il caos in cosmos: è questo che ci dice e ci chiede il nostro Santo Patrono in questo 2024? Forse, e non solo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
-
Cronaca3 mesi fa
Mafia a Biancavilla, Pippo “u pipi” e i suoi picciotti tutti rinviati a giudizio
-
Cronaca3 mesi fa
Per l’omicidio di Antonio Andolfi resta in carcere Salvatore Santangelo
-
Cronaca3 mesi fa
Omicidio a Biancavilla: la vittima è Antonio Andolfi di appena 20 anni
-
Cronaca3 mesi fa
Salvatore Santangelo accusato anche di tentato omicidio del secondo uomo