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Legame d’affetto e amore per l’Icona, nessun impatto sulla devozione

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Il punto di vista dei devoti: «Lo studio di Salomone non tiene adeguatamente conto degli aspetti peculiari della cultura bizantina. Il quadro non fu portato dai profughi albanesi? Il nostro sentimento rimane immutato».

di GIUSEPPE SANTANGELO

Presidente dell’Associazione “Maria Santissima dell’Elemosina”

L’icona della Madonna dell’Elemosina rappresenta per tutti i biancavillesi, non solo per i fedeli e i devoti, un forte elemento di identificazione. Ogni biancavillese sa di appartenere “a Bedda Matri ‘a Limosina”, e con tale appellativo siamo sempre stati identificati anche dagli abitanti dei comuni vicini.

Elemento fondante della comunità ecclesiale e civile di Biancavilla, l’Icona della Madonna dell’Elemosina ha nutrito questa “coscienza identitaria” che nei secoli si è espressa mediante varie forme artistiche e culturali: ne sono testimonianza, tra l’altro, la magnifica Basilica Santuario, eretta in suo onore poco dopo l’insediamento della colonia greco-albanese (tra le chiese più belle e prestigiose della Sicilia etnea); le decine di Edicole votive sparse nel territorio urbano ed extra-urbano; le opere d’arte che la contemplano; e poi ancora le composizioni letterarie, musicali e liturgiche.

Il rapporto intimo e personale dei biancavillesi con la Madonna dell’Elemosina si è nutrito, nei secoli, delle numerose occasioni di protezione, aiuto e difesa da pericoli, calamità e avversità (terremoti, eruzioni vulcaniche, siccità, vicende belliche) testimoniate dagli ex voto elargiti, le Messe fatte celebrare “per grazia ricevuta”.

I biancavillesi amano la Madonna raffigurata nel dipinto prodigioso mediante il quale hanno potuto sperimentare la misericordia del Signore a livello personale e comunitario (vi sono innumerevoli attestazioni di grazie e di favori riconducibili all’intercessione della Madonna dell’Elemosina). Basti ricordare agli eventi legati alla seconda guerra mondiale, a seguito dei quali il popolo (nelle sue componenti religiosa e civile) ha voluto incoronare la Madonna dell’Elemosina come Madre e Regina di Biancavilla.

L’Icona – come insegna la tradizione orientale – si differenzia da tutte le altre raffigurazioni espresse dalle varie arti figurative, poiché costituisce un elemento sacro capace di mediare l’aiuto e la protezione di Dio. Questo non significa che l’Icona della Madonna dell’Elemosina sia un “talismano”, ma nella fede essa “rende visibile l’invisibile” e ne comunica la grazia.

I devoti biancavillesi, tra i vari appellativi, la invocano ab immemorabile come: “Decoro del Popolo d’Albavilla”, “Frutto dell’albero fiorito”, “Terra di salvezza promessa”, “Aurora della città nuova”, “Rifugio degli esuli”, “Sentiero degli erranti”, “Porto sicuro dei Profughi”, “Pellegrina di Speranza”.

Da quanto detto fin qui, emerge chiaramente come l’ipotesi che l’Icona non sia stata portata dai profughi albanesi non abbia nessun impatto per la devozione popolare.

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“Contro i fatti non valgono le ipotesi” si potrebbe dire citando una nota massima.

Il rapporto personale dei devoti con l’Icona della Madre di Misericordia si nutre di affetto e amore sincero e non dipende da congetture più o meno fondate. In quell’immagine troviamo consolazione e tenerezza, esortazione al perdono e alla misericordia. Ben vengano tuttavia, riflessioni e ricerche sullo stile iconografico, sulla provenienza geografica e sulla datazione dell’opera che arricchiscono il sostrato culturale della nostra devozione.

Da questo punto di vista il lavoro di Salomone – di cui abbiamo appreso la notizia solo dopo la presentazione – si colloca tra i diversi e utili contributi in grado di gettare luce su molti aspetti della nostra storia locale.

Tuttavia, riteniamo che per quanto riguarda gli aspetti relativi all’Icona della Madonna dell’Elemosina, lo studio di Salomone non tenga adeguatamente conto degli aspetti peculiari della cultura bizantina che invece possono aiutare a comprendere il valore, il significato e la sacralità dell’Icona. È nel clima orientale, culla di civiltà e di spiritualità infatti che va ricercato l’incommensurabile valore dell’Icona “porta del cielo” e “presenza” del divino, per decodificare la ricca simbologia dei caratteri stilistici dell’opera, come è stato messo in luce nel primo Simposio di studi sull’Icona di Biancavilla promosso dalla nostra Associazione nell’agosto del 2004. In questa scia, venerdì 29 agosto celebreremo una seconda giornata di studi bizantini.

Ci auguriamo che dal proficuo e costruttivo confronto delle forze migliori della nostra comunità possa derivare un reciproco arricchimento spirituale e culturale.


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«Nel ricordo di Borsellino, l’impegno è combattere la mentalità mafiosa»

Ci scrive l’assessore Vincenzo Randazzo: una riflessione su via D’Amelio che riguarda Biancavilla

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Gentile direttore di Biancavilla Oggi,

oggi si ricorda la tragica morte del giudice Paolo Borsellino e di cinque agenti della sua scorta, tra i quali una donna. L’amministrazione comunale ha organizzato una fiaccolata che da Villa delle Favare giungerà a Piazza Falcone e Borsellino. A questa iniziativa partecipano, oltre alle diverse associazioni di volontariato, anche i ragazzi e i giovani dei diversi Grest. Una manifestazione importante per condividere il ricordo di uno degli eventi più tragici della storia italiana e caratterizzata dalla seria e concreta lotta contro il sistema mafioso, ma soprattutto contro la sua mentalità.

Ecco il punto: il messaggio di Paolo Borsellino e il suo volontario sacrificio hanno dell’attualità ancora un valore? Le nuove generazioni li recepiscono? Qualche dubbio mi sorge se guardo ai modelli sociali e culturali prevalenti: individualismo esasperato, esagerata messa in mostra di atteggiamenti malandrineschi, menefreghismo, esibizione del proprio desiderio di dominio, farsi ragione con la violenza… Appunto, mentalità mafiosa, che non poche volte determina risse.

Tutto questo rende vano quanto Paolo Borsellino ha cercato di insegnare e la cosa che amareggia di più è considerare un fesso il giudice palermitano. E come lui, fessi Falcone, Chinnici, Impastato, Don Puglisi, Livatino, Fava… E tanti che nel combattere la mafia sono caduti. Perdoni, direttore, il mio sfogo, ma tanto tanto tanto è il lavoro che va fatto. Come Amministrazione, certamente. Ma anche come famiglie, come istituzioni in senso lato, come scuola, come gruppi di volontariato… l’obiettivo è contrastare la mentalità mafiosa.

VINCENZO RANDAZZO, Assessore comunale

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