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Cronaca

Il cellulare di una ragazza di Biancavilla nella bolgia Telegram a sfondo sessuale

Fenomeno in aumento, scatta la denuncia alla Polizia postale di Catania per risalire ai responsabili

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Prendere di mira un contatto cellulare per darlo in pasto ad utenti con finalità a sfondo sessuale. Lo si fa, inserendo il numero in gruppi Telegram “tematici”. E da qui parte poi un bombardamento di messaggi. Oppure più semplicemente, si parla della persona presa a target, ignara di tutto, con commenti osceni o la diffusione di sue immagini private. Vendetta o scherzo di cattivo gusto? Qualunque sia il motivo, è un fenomeno diffuso, soprattutto in età adolescenziale. Ed è anche un reato.

È quanto accaduto ad una ragazzina di Biancavilla. La malcapitata ha ricevuto un messaggio da un numero sconosciuto con il quale le veniva comunicato che su Telegram qualcuno –con un profilo apparentemente riferibile ad una donna – stava diffondendo il suo contatto telefonico con finalità a sfondo sessuale.

La ragazzina, di 16 anni, ha immediatamente mostrato i messaggi alla mamma, la quale ha sporto denuncia presso la Polizia Postale di Catania. Le indagini accerteranno sia l’identità di chi ha inviato i messaggi sia il profilo Telegram che diffonderebbe il numero della ragazza, a sua insaputa.

Sull’app di messaggistica esistono centinaia di gruppi e canali rivolti ad un pubblico italiano che condividono materiale pornografico senza il consenso degli interessati. Sono frequentati da circa sei milioni di persone che diffondono e si scambiano video e fotografie hot, riguardanti anche ragazze giovanissime, senza il loro consenso. Si trovano video che ritraggono rapporti sessuali consenzienti (consenziente il rapporto sessuale ma non la diffusione) oppure trafugati illecitamente.

Vi sono, inoltre, coloro che, manipolando ragazzine e ragazzini che non si rendono conto del pericolo che corrono, li spingono all’invio di foto o video propri che, poi, commentano con messaggi volgarissimi e, anche violenti.

A tal proposito, è giusto ricordare che il Codice penale prevede la pena della reclusione da uno a tre anni nel caso di adescamento di un minore di sedici anni, per finalità di natura sessuale (che ovviamente costituiscono reati a se stanti). Per adescamento si intende «qualsiasi atto volto a carpire la fiducia del minore attraverso artifici, lusinghe o minacce posti in essere anche mediante l’utilizzo della rete internet o di altre reti o mezzi di comunicazione».

Prevenzione è sempre la parola chiave per combattere questo tipo di reati. Ma come proteggere i nostri figli? Comunicando, parlando, informandoci e informandoli. Ciò non significa dovere controllarli, minando la loro privacy e i loro piccoli segreti, ma significa, avere cura di loro. È importante educarli all’utilizzo sano e consapevole di Internet. Fondamentale è dare loro un buon esempio, non diffondendo ogni momento della propria vita e della propria quotidianità sui social.

Ormai, è come se la vita reale sia stata sostituita dalla vita virtuale. I figli imparano guardando i genitori. I gesti e i comportamenti valgono più delle parole. Della serie “nulla esiste se non viene pubblicato e diffuso”.

E, purtroppo, su Internet ci sono delle insidie, dei pericoli e non possiamo permettere che i nostri figli non lo sappiano. Necessario educare i ragazzi a riconoscere le proprie emozioni, i propri bisogni, educarli a guardare dentro loro stessi per assumere la consapevolezza di ciò che sentono, di ciò che provano. E amarli per far sì che la loro autostima si rinforzi e che, così, non cedano a false lusinghe, a falsi complimenti provenienti da adulti deviati, perversi. E poi, denunciare. Denunciare sempre. Prevenzione e denuncia vanno sempre di pari passo.

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Cronaca

Un coltello lanciato in faccia alla moglie: arrestato marito violento

Intervento dei carabinieri: una storia di maltrattamenti in famiglia che dura da anni

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Momenti di tensione in un’abitazione di Biancavilla, alla periferia al confine con Adrano. Un disoccupato di 51 anni, con precedenti penali, è stato arrestato per maltrattamenti in famiglia, resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale.

I militari sono intervenuti dopo la telefonata della moglie, esasperata dopo l’ennesimo episodio di violenza subìto dal marito. I carabinieri hanno tranquillizzato la donna, scesa in strada ad attendere i soccorsi. Poi sono saliti al piano superiore, facendo accesso nell’appartamento dal quale si udiva l’uomo inveire violentemente contro i familiari.

In casa tutti i segni della violenza

In casa c’erano tutti i segni della violenza. Mobili e porte rotte e, sul pavimento, soprammobili in frantumi e cocci di vetro, oltre ad un libro che era stato dato alle fiamme nella cucina. L’uomo ha cominciato ad avanzare minacciosamente contro i militari, insultandoli in cerca di uno scontro. L’equipaggio, che aveva ben intuito le sue condizioni di alterazione psicofisica a causa dell’abuso di alcolici, non cedendo alle provocazioni, lo ha ricondotto alla calma.

Ascoltando la vittima, i militari hanno appreso che il 51enne aveva inveito contro la propria moglie per futili motivi e le aveva versato del detersivo per i piatti sui capelli, spargendolo anche per tutta la cucina. Con pazienza la donna si era lavata, subendo questo gesto inconsulto senza fiatare. Ma al suo ritorno in cucina, il marito aveva minacciato di ucciderla, lanciandole un coltello da cucina all’altezza del viso. Non è stata colpita solo grazie alla prontezza di riflessi della donna. A quel punto una figlia della coppia era intervenuta in difesa della madre. Ma anche lei era stata minacciata. Entrambi sono quindi scappate di casa, chiedendo aiuto.

L’uomo denunciato già nel 2016

Quando i Carabinieri hanno raccolto la querela, sono venuti a conoscenza del fatto che il 51enne non era nuovo a tali atteggiamenti aggressivi nei confronti di tutto il nucleo familiare. Nel 2016 era già stato denunciato dalla donna che, unitamente ai figli, era stata trasferita presso una comunità protetta. Tuttavia, era riuscito a convincere la moglie a tornare a vivere con lui e si faceva mantenere da lei, regolarmente impiegata, sperperando però lo stipendio alle slot machine. Con la continua minaccia di recarsi presso il luogo di lavoro di lei, infatti, si faceva consegnare il bancomat e lo adoperava per giocare alle “macchinette”.

Sulla base di tutti gli elementi di prova raccolti, l’uomo è stato arrestato e, su disposizione dell’Autorità Giudiziaria, che ne ha convalidato l’arresto, è stato condotto presso il carcere di Catania Piazza Lanza.

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