Cultura
Intellettuale e uomo di cultura: ricordo nostalgico del preside Vincenzo Pistorio
Una sua lezione apriva un mondo affascinante, fu lui a riunirci dopo quanto accaduto ad Aldo Moro
«Al Preside Prof. Vincenzo Pistorio per avere diretto con dedizione e passione in questa sede storica il Liceo “G. Verga” per 21 anni dal 1963 al 1984». Con queste parole, sovrascritte in una targa, si è voluto ricordare e omaggiare un biancavillese che ha dedicato la propria vita alla scuola. Una cerimonia semplice, ad Adrano, cui hanno preso parte il figlio Alberto con l’assessore del Comune di Adrano, Salvo Italia, e alcuni ex alunni: Massimo Cultraro, Eugenio Calì, Loredana Lorena, Sandra Galizia. Pubblichiamo qui di seguito un ricordo personale del nosro collaboratore, Alfio Lanaia, anche lui parte di quella generazione di studenti formatasi nel liceo guidato dal prof. Pistorio.
Con la targa dedicata quest’oggi al Preside Vincenzo Pistorio si sana un debito di riconoscenza verso un uomo che per quasi quattro decenni ha rappresentato una parte significativa della cultura di Adrano e Biancavilla. È stato, infatti, prima insegnante e poi preside di quel Liceo classico da sempre fucina di classi dirigenti e intellettuali, non solo locali. Chi è stato insegnante nel «suo» liceo ha conosciuto le sue doti di dirigente, di organizzatore scolastico, di studioso del mondo classico. Lo ha visto presiedere consigli di classe e collegi dei docenti, ha letto i suoi lavori, dedicati a Euripide, a Virgilio, alla didattica del latino. Chi è stato studente del Classico lo ricorda sotto un’altra veste, più umana, più vicina.
Appartenendo a quest’ultima categoria, sollecitato da Biancavilla Oggi, traggo dalla memoria qualche ricordo, qualche aneddoto che ne metta in luce le qualità professionali e umane. I miei ricordi appartengono alla seconda metà degli anni Settanta del secolo scorso. Anni cruciali che hanno visto la riforma degli organi collegiali, con i decreti delegati del 1974, e dunque la partecipazione dei rappresentanti dei genitori e degli studenti alla vita della scuola.
Anni che hanno visto anche, per certi aspetti, la fine di tante illusioni, con il rapimento e l’assassinio di Aldo Moro, nel 1978. Lo scrivo perché in quella triste occasione fu il preside, insieme ai professori, a convocare l’assemblea degli studenti, a informarci e a farci discutere e prendere coscienza di quello che era accaduto.
Quando i presidi non erano dirigenti
I presidi non erano ancora dirigenti scolastici, e questo significava più attenzione alla didattica, alla formazione, alle conoscenze degli studenti. In altre parole, il preside era ancora un organizzatore di cultura, in quanto lui stesso intellettuale, e non solo un esperto di diritto amministrativo.
Non posso dimenticare quelle volte in cui, quando mancava l’insegnante curriculare, entrava in classe il preside Pistorio a fare la supplenza. Dopo qualche comprensibile apprensione da parte nostra, subito riconoscevi lo studioso che traduceva in versi le Bucoliche di Virgilio, che ti sorprendeva parlando mezz’ora su una sola parola e ti apriva un mondo, che ti affascinava con una lezione sulla Divina Commedia.
Scampagnate, gite e pranzi luculliani
Ovviamente, c’era anche l’aspetto umano, quotidiano, quello che lo rendeva più vicino ai ragazzi. In questo campo gli aneddoti sono infiniti. Le scampagnate, i gemellaggi e i pranzi luculliani vedevano la partecipazione della mia classe cui non mancavano mai il preside e i professori.
Già, perché il preside Pistorio era un buongustaio, un fine intenditore de re coquinaria, amante della buona tavola e delle conversazioni. E noi, che sapevano di questa sua «debolezza», facevamo il mestiere di studenti. Ne approfittavamo, organizzando spesso di questi incontri conviviali. Lo facevamo sotto lo sguardo bonario del Preside Pistorio. Per lui, le scampagnate o le gite scolastiche, che si alternavano tra Chianciano e Rimini, erano momenti di crescita umana oltre che culturale.
In questa occasione, scoperta la targa che lo commemora, non posso allora non pensare con nostalgia al Preside Pistorio e a quello che ha rappresentato per la mia generazione. Penso all’uomo di scuola e di cultura che ha incarnato, insieme al corpo docente di quel periodo (Saro Franco, Pietro Biondi, don Leone Calambrogio, Concetta Distefano Gulino, Carmelo Fichera, Placido e Vincenzo Portale ecc.), un modello di scuola seria, a volte difficile, ma sempre a misura d’uomo.
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Cultura
Memorie della famiglia Piccione: uno squarcio nella storia di Biancavilla
Nel libro di Giosuè Salomone una ricostruzione accurata con aneddoti e una ricca documentazione
Le pagine iniziano con la trascrizione dell’audio della voce di nonna Concettina, classe 1877, che, ignara di essere registrata, narra episodi riguardanti i suoi stessi nonni e quindi arrivando a fatti risalenti al XVIII secolo. Prende il via così un viaggio che, attraverso le storie e mediante la puntuale ricostruzione narrativa di luoghi e situazioni riportate da Giosuè Salomone, con la precisione di un matematico e con la passione di chi si sente parte viva e attiva di ciò che scrive, ci fa scoprire e riscoprire la storia del nostro paese, ci fa rivivere la realtà della nostra comunità fin quasi alle origini stesse, facendo parlare i documenti.
Il suo ultimo lavoro di ricerca è intitolato “Per sé e per la delizia degli amici, la famiglia Piccione di Biancavilla” (Giuseppe Maimone Editore, 180 pagg.).
Il capostipite Thomas Piccione si stabilisce a Biancavilla tra la fine del Cinquecento e gli inizi del Seicento, probabilmente inviato dai Moncada, signori della contea di Adernò, di cui Biancavilla faceva parte. Nei decenni successivi i discendenti, che come il padre, probabilmente svolgevano il mestiere delle armi al servizio del loro signore, assumono un ruolo fondamentale nella società paesana.
Francesco viene investito del titolo di barone di Grassura e del Mulino d’Immenzo, e i suoi discendenti si dedicano alla costruzione di un mulino, di alcune chiese, ne restaurano e abbelliscono altre. Furono i principali mecenati del pittore Giuseppe Tamo. Acquistano terreni e, mediante matrimoni e padrinati nei battesimi, riescono a stringere relazioni con altre famiglie aristocratiche del circondario, accrescendo in importanza e prestigio.
Un viaggio lungo i secoli
Tra i vari racconti di nonni, bisnonni, zii e prozii, approfonditi e corroborati da atti notarili e testamenti, lettere, fogli di famiglia e altre carte, si riesce a desumere uno spaccato della società biancavillese durante i secoli, anche quelli più oscuri e incerti del Seicento e degli inizi del Settecento. E si arriva al Risorgimento, ai moti patriottici, all’Unità d’Italia e al periodo turbolento che la seguì (la storia di Piccolo Tanto – Ferdinando Piccione – è veramente emblematica e suggestiva).
Fanno da sfondo il palazzo Piccione, lo scrigno che ha custodito eventi e, come è naturale che sia, circostanze intime e quotidiane per ben dieci generazioni a partire da Giosafat Piccione, rappresentando un continuum nella storia di famiglia. E poi u giardineddu do’ spasimu, un appezzamento di terreno a sud del centro abitato voluto da Salvator Piccione «per sé e per la delizia degli amici» (frase incisa in latino sull’arco d’ingresso del podere). Il quartiere di san Giuseppe dove sorge quella che fu la cappella presso la corte di palazzo.
Tra le pagine emergono anche i tratti psicologici e caratteriali di molti personaggi del casato ma, di rimando, pure quelli di molti compaesani del tempo ormai passato. Affiora perfino un certo lessico familiare che varca i decenni e, attraverso aneddoti e storielle, perpetua le memorie di famiglia.
Nella seconda parte del volume, diverse appendici, allargano la ricerca di Giosuè Salomone, e la arricchiscono con svariati contributi: cartine topografiche, piantine e alberi genealogici che, quando saranno approfonditi dai lettori, riveleranno indubbiamente tantissime curiosità e chissà, permetteranno a ogni appassionato di rivedersi in qualcuno dei personaggi o ritrovarsi, magari con la sola fantasia, in una delle vicende descritte…
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