Cultura
Insegnò filosofia, fu pioniere del tennis a Biancavilla: addio a Placido Bucolo
Nel suo campetto alle Vigne diverse generazioni hanno assorbito la passione per questa disciplina sportiva

Il prof. Placido Bucolo è morto. Biancavillese, fu docente all’Università di Catania, dove insegnò come specialista di Filosofia Morale, in particolare di utilitarismo e di filosofi utilitaristi (Jeremy Bentham, James e John Stuart Mill e Henry Sidgwick). Per quest’ultimo, organizzò due congressi internazionali: uno su “Felicità e religione”, l’altro su “Etica e politica”.
In qualità di studioso, Bucolo si distinse nell’impegno volto a promuovere una cooperazione internazionale di ricerca utilitaristica.
«Il futuro della ricerca –sostenne– sembra essere nella cooperazione internazionale mentre il mondo si sta trasformando in una civiltà globale. Lo scambio di ricerche e conoscenze su Sidgwick è molto importante per tutti noi poiché questo filosofo era un modernista e un visionario. La sua filosofia è un grande aiuto per comprendere il mondo di oggi».
Al di fuori dell’impegno accademico, a Biancavilla Bucolo era noto per il suo impegno in ambito culturale. Nel 1996-97 è stato presidente del Lions club Adrano, Bronte, Biancavilla. Non ha mancato di collaborare in iniziative culturali: si pensi, per esempio, alla rassegna di poesia dialettale “Sciuri di Mungibeddu”.
Non è secondaria, poi, la spiccata passione di Bucolo per il tennis. Si deve a lui, la promozione di questo sport a Biancavilla, quando nessuno ancora lo praticava. Tra gli anni ’70 e ’80, la sua villa di zona Vigne era metà di giovani universitari per momenti di aggregazione, proprio con il pretesto di una partita sul campetto di tennis. Il mondo tennistico di Biancavilla lo ricorda con particolare affetto e gratitudine. I funerali saranno celebrati nella parrocchia “Santa Chiara” di Adrano, giovedì 7 aprile, alle ore 15.
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Cultura
Il dialetto, patrimonio da tutelare: salotto letterario a Villa delle Favare
Incontro con “Nero su Bianco Edizioni” e SiciliAntica: il nostro impegno sul fronte della ricerca

Il dialetto siciliano: un patrimonio non soltanto linguistico, ma anche storico, culturale e identitario. Un patrimonio da tutelare, ma da considerare non un monolite. Bisogna essere quindi aperti ai cambiamenti ed accogliere gli influssi che provengono da altre lingue o attraverso usi linguistici e modalità di comunicazione nuove, come quelle dei social. Ne è convinto il prof. Alfio Lanaia, dottore di ricerca in Filologia moderna e studioso di dialettologia siciliana.
Lanaia ne ha parlato in un incontro a Villa delle Favare, promosso da “Nero su Bianco Edizioni” con l’associazione SiciliAntica. Autore de “La Sicilia dei cento dialetti”, volume pubblicato dalla casa editrice biancavillese, Lanaia si è soffermato sulla varietà delle parlate siciliane, che costituiscono la bellezza di un apparato linguistico, frutto di secolari incroci culturali, invasioni o immigrazioni.
«Il dialetto non è una brutta parola, non bisogna vergognarsene», ha sottolineato lo studioso davanti ad un pubblico attento e curioso (molti i soci dell’Accademia Universitaria Biancavillese). A fianco a Lanaia, il presidente della sezione biancavillese di “SiciliAntica”, Enzo Meccia, e il direttore di “Nero su Bianco Edizioni”, Vittorio Fiorenza. Un incontro culturale (patrocinato dalla Regione Sicilia e dal Comune di Biancavilla) che, nell’elegante salone di rappresentanza di Villa delle Favare, si è rivelato un vero e proprio salone letterario.
Un’occasione per la casa editrice di Biancavilla di evidenziare l’impegno culturale nello studio del dialetto. Sono sei i volumi che, su questo fronte, “Nero su Bianco” ha pubblicato. Di Lanaia, oltre a “La Sicilia dei cento dialetti”, c’è “Di cu ti dìciunu? Dizionario dei soprannomi a Biancavilla”. Di Alfio Grasso (anche lui presente all’incontro), vantiamo altri due volumi di valore: “Antichi versi contadini. L’agricoltura nella poesia dialettale di Placido Cavallaro” e “Detti e proverbi siciliani”, preziosissima raccolta arricchita da spiegazioni e commenti ragionati. Altre pubblicazioni con protagonista il nostro dialetto sono “Piccola storia di un’anima” di Luciani Vinci e “Biancavilla in palcoscenico”, che raccoglie le commedie dialettali di Giuseppe Tomasello, un vero scrigno di cultura popolare locale.
Volumi che, oltre al consenso del pubblico, hanno avuto una significativa attenzione mediatica e di riviste specialistiche. E alcuni come quelli di Alfio Lanaia hanno avuto riconoscimenti nazionali al concorso “Salva la tua lingua locale”, indetto dall’Unpli (Unione Nazionale Pro Loco d’Italia). Vittorio Fiorenza ha confermato l’impegno a proseguire gli studi e le pubblicazioni sul nostro dialetto, sulla scia del successo delle precedenti iniziative editoriali.

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Cultura
Gli scatti di Biancavilla (con la sua umanità) nella “Sicilia” di Rotoletti
Nuovo volume del noto fotografo: «Impagabile il colpo d’occhio su via Vittorio Emanuele»

Ci sono sei immagini di Biancavilla nel volume fotografico di Armando Rotoletti, “Sicilia”, appena edito da Silvana Editoriale. Scatti che ritraggono l’umanità locale seduta nei circoli ricreativi con tutto il sotteso di umori, gesti, mezzeparole. L’opera, che reca la nota critica di Tomaso Montanari e i testi per le immagini di Placido Antonio Sangiorgio, restituisce una visione dell’Isola-mondo nei suoi fasti e nelle sue tragedie, nelle speranze e nel sudore, nell’esplosione della giovinezza e nel resiliente gattopardismo. Ci sono, tra gli altri, i ritratti (categoria per la quale Rotoletti è maestro) di Bufalino e Consolo, e quelli di tanti volti anonimi nelle cui rughe e nei ghigni si disegna l’amara allegoria di una terra che trascina il suo giogo.
Ma quello di Armando Rotoletti con Biancavilla è un legame ormai consolidato. Amico di Salvatore Benina a Londra, fin dagli anni ’80, quando ha iniziato la sua attività di fotogiornalista, è da una suggestione di Coco che ha tratto l’ispirazione per un progetto sui Circoli di conversazione a Biancavilla, da cui l’omonimo volume del 2012.
«È impagabile il colpo d’occhio sull’intera via Vittorio Emanuele – afferma l’artista – dove centinaia di sedie allineate sul marciapiede ospitano decine e decine di anziani e non, intenti alla chiacchiera, all’osservazione e al… commento: piccolo risarcimento dei decenni passati chini sui campi con le vanghe in mano». E prosegue: «L’immagine di questo versante si riflette nei volti dei contadini che affollano i Circoli, con la loro pelle estremamente secca, nei nodi e nelle deformazioni delle loro mani, e nei loro sguardi, per lo più spenti e impauriti».
Un sentimento di passione
Chiediamo inoltre a Rotoletti di dirci qualcosa sui destinatari di tali opere: «Esistono diversi tipi di pubblico che acquista libri fotografici. Per quanto riguarda il mio, si tratta di un pubblico molto attento e culturalmente preparato, che apprezza il grande lavoro di ricerca, durato trent’anni. Ma sono consapevole del fatto che, essendo le fotografie legate a momenti specifici e irripetibili nel tempo, può talvolta risultare “fuori dal tempo”».
«Il mio augurio, per usare le parole di Roland Barthes, è che – prosegue Rotoletti – ogni fruitore possa trovare il proprio ‘punctum’, cioè quel volto, quell’albero, quel paesaggio, o altro elemento che evocherà in lui un sentimento di passione. Non a caso il rapporto tra immagine e testo è assolutamente complesso, tanto che per i testi che accompagnano le immagini di questo libro ho deciso di affidarmi a Placido Antonio Sangiorgio, che è riuscito non solo a descrivere perfettamente le fotografie, ma anche a conferire loro una speciale forza poetica, arricchita da numerosi rimandi letterari».
Le opere fotografiche presenti nel volume saranno esposte dal 7 maggio prossimo presso il Duomo antico – cittadella fortificata di Milazzo. All’inaugurazione interverrà Claudio Fava.
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Francesco Arcaria
7 Aprile 2022 at 20:10
A partire dal 1973 e per un ventennio, sono stato tra i molti allora giovani che frequentavamo il campo da tennis alle Vigne di Placido Bucolo, insieme, tra gli altri, ad Alfio Bonnanno, adorato cugino di Placido e mio carissimo amico, ed a mio cugino Placido Fiorino, purtroppo scomparso prematuramente due anni fa.
Dopo la partita a tennis, che non poche volte giocavamo (in doppio) con la neve (debitamente spalata e riposta ai bordi del campo) o con 40 gradi, Placido ci ospitava a casa sua, davanti al camino (in inverno) o nella sua terrazza (d’estate) e si parlava di tutto: tennis, politica, diritto, male di vivere.
Come nel tennis, anche in quella veste Placido era un Maestro e noi gli allievi o, forse meglio, i principianti, tutti comunque divorati dalla medesima passione per il tennis.
Placido ci mancherà e noi rimarremo per sempre sospesi tra l’addio ed uno smash clamorosamente sbagliato.
Se non il Dio in cui credo, che almeno il dio del tennis possa accoglierti leggero.