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Ciò che nascondono le fiamme di un rogo e ciò che il Comune deve fare

Le strategie per contrastare gli incendi coprono più livelli: la Giunta Bonanno deve fare la sua parte

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Anche questa estate ritornano, immancabili, i roghi in Sud Italia. La Sicilia mantiene il suo triste primato, confermandosi tra le prime regioni per numero di incendi (già 300 da inizio anno), con distribuzione a macchia di leopardo su tutte le province. Gravemente coinvolta la provincia di Catania, con le fiamme che hanno lambito il territorio di Biancavilla. L’occorrenza degli incendi stagionali, anche per Biancavilla, sembra ormai assodata. Sia quest’anno (contrada “Scirfi” a giugno scorso) sia soprattutto nel luglio 2020 (via Pistoia, via della Montagna e zona Vigne), il nostro Comune ha visto le fiamme propagarsi fino all’abitato. In entrambi i casi si trattava di fiamme a partenza da terreni incolti, o in coincidenza di cumuli di rifiuti.

A costo di apparire retorici, occorre precisare come oltre agli enormi danni economici, ai costi sociali e ai rischi per l’incolumità, la distruzione delle aree boschive rappresenta un danno ecologico di portata catastrofica, con impatti immediati sulla qualità dell’aria, sui processi di desertificazione ed erosione del suolo e, nel lungo termine, con effetti sul surriscaldamento globale.

I media ci forniscono puntualmente i loro tragici bollettini, senza tuttavia scendere a fondo del problema (come invece meriterebbe). Le cause? Caldo torrido e piromani. Affermazione in tutto simile a quella volgare semplificazione che spesso si sente fare: «Si è trattato solo del gesto di un pazzo”. Musumeci arriva persino ad esclamare indignato: “i piromani meriterebbero il carcere a vita!».

Ma la piromania, parola usata quasi sempre a sproposito, rappresenta un preciso disturbo psichiatrico in cui i soggetti appiccano le fiamme spinti da una pulsione irrefrenabile e in assenza (questo è il punto chiave) di vantaggi economici, attività criminose o vendette personali (DSM V). Ci troviamo dunque di fronte ad epidemie cicliche di disturbi psichiatrici? 

Cosa c’è dietro agli incendi

Sappiamo bene che la realtà è molto più complessa e articolata. Come ben denuncia un dossier di Legambiente del 2017 (che invito a leggere integralmente), dietro gli incendi si nascondono precise attività criminose: «Le mafie svolgono un ruolo determinante nel controllare i rispettivi territori di pertinenza, usando alla bisogna gli incendi per i più disparati motivi criminali. Speculazioni edilizie, appalti per manutenzione e rimboschimenti, assunzioni clientelari del personale forestale (addetto agli spegnimenti e alla manutenzione), guardianie imposte, estensione delle superfici destinati al pascolo, e ancora per ritorsione nei confronti di chiunque gli sbarra la strada o come mero strumento di ricatto politico».

Nonostante la fondamentale approvazione (e la proficua applicazione) della legge sugli Ecoreati (68/2015),che include tali reati nel Codice Penale, con pene fino a 15 anni di carcere, e nonostante la timida crescita della sensibilità in tema ambientale, il rapporto Ecomafie del 2020 ha addirittura segnalato un trend in crescita per quasi tutti i reati ambientali, inclusi gli incendi. In particolare nel 2019 sono andati in fumo 52.916 ettari tra superfici boscate e non, con un incremento del 261,3% rispetto al 2018. Quasi la metà di tali atti interessa le quattro regioni a maggiore presenza mafiosa: Campania, Sicilia, Puglia, Calabria. I vantaggi degli ecoreati non vanno solo ai clan; a beneficiarne sono anche imprenditori, funzionari e amministratori pubblici collusi.

I roghi ci confermano dunque il quadro drammatico delle nostre campagne: parzialmente in stato di abbandono, aree boschive non presidiate né sottoposte a regolare manutenzione, vaste porzioni di “terre di nessuno” su cui si stende indisturbato il potere delle mafie rurali o su cui si esercitano i business criminosi. Ma, ancora di più, ci esprimono lo stato del tessuto economico e sociale del Sud Italia, fortemente soggiogato alla prepotenza dei clan e dei singoli.

Contrastare gli incendi: occorre una strategia comunale

Le strategie per contrastare i roghi devono necessariamente essere articolate su più livelli, e sarebbe lungo elencarle e superiore alle mie competenze. Mi limito a citare solo alcuni punti di intervento che reputo cruciali a livello comunale.

Bisogna potenziare gli interventi di manutenzione e i controlli da parte del corpo forestale, predisponendo misure per mitigare il rischio.

Va applicata in maniera seria e rigorosa l’Ordinanza del maggio 2018 che prevede sanzioni pecuniarie ai proprietari responsabili di mancata pulizia dei terreni incolti (in caso di incendi ad essi connessi). Ma anche il divieto ad adottare diverse destinazioni d’uso da quella preesistente all’incendio per 15 anni o ad edificare per 10 anni.

A differenza di altri Comuni, Biancavilla dispone già dal 2008 di un Catasto per le aree percorse dal fuoco, elemento chiave per la lotta agli incendi, nel quale convergono i censimenti delle aree interessate dalle fiamme e passibili dei suddetti divieti. Occorre sottolineare l’importante aggiornamento compiuto a maggio 2021 del Catasto, in previsione della stagione estiva. Tuttavia l’aggiornamento del Catasto dovrebbe avvenire con più frequenza e tempestività, essendo previsto per legge l’aggiornamento annuale. Occorre infine rafforzare i controlli per vigilare sull’effettivo rispetto dei divieti imposti.

Differenziata, discariche e senso civico

Altro aspetto, quello della gestione dei rifiuti. Se il nostro Comune può vantare punte d’eccellenza in termini di differenziazione, il quadro nelle aree extraurbane non è affatto roseo, permanendo ancora discariche a cielo aperto, coi relativi rischi di incendio. 

Ultimo aspetto, ma non meno importante. Occorre che parallelamente si avvii un risveglio civico nella cittadinanza che porti ad un aumento delle denunce (ancora troppo poche) e alle azioni di volontariato.

Sono elementi fondamentali nel presidiare e curare il patrimonio naturale. Con la piena consapevolezza che dietro alla difesa dell’ambiente passano battaglie cruciali. Riguardano la lotta ad ogni tipo di mafia e quella per una maggiore giustizia sociale.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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Biancavilla insensibile alla strategia “plastic free”: chiude la “Casa dell’acqua”

In altre città è un successo, da noi è un flop: mancano senso civico, rispetto ambientale e cultura “green”

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di VINCENZO RUSSO

Era stata inaugurata due anni fa in piazza Don Bosco ed era stata annunciata come un’iniziativa di civiltà. La “Casa dell’acqua” era a disposizione di tutti: il prezioso liquido controllato ed adeguatamente filtrato ad un prezzo di 5 centesimi a litro. Ognuno, con una tessera acquistabile in alcuni punti vendita di Biancavilla, avrebbe potuto riempire proprie bottiglie. Un gesto semplice con una duplice finalità: risparmiare sull’acquisto di acqua ed evitare la disporsione di plactica. Un gesto che ogni cittadino attento alla comunità e alla causa ecologica (che riguarda tutti indistintamente) avrebbe dovuto compiere con convinzione.

Invece, poche decine di biancavillesi hanno usufruito del servizio, aderendo civilmente alla strategia “plastic free” e contribuendo ad una minore diffusione della plastica. Così, mentre in diverse altre città (anche vicine alla nostra), le “Case dell’acqua” sono ampiamente utilizzate, da noi si assiste all’esatto opposto.

A Biancavilla, la ditta che gestisce il servizio ha dovuto constatare la non sostenibilità. Pertanto, la piccola struttura di erogazione idrica di piazza Don Bosco – come recita un avviso – è destinata ad essere disinstallata. Anzi, il termine ultimo era stato già fissato per febbraio per gli utenti che ancora hanno credito da spendere.

Non è una buona notizia, questa. Perché Biancavilla si dimostra ancora una volta insensibile a regole di civiltà, al rispetto ambientale e alla cultura “green”. Che grande delusione! Mi chiedo quanti politici di destra e di sinistra abbiano utilizzato la “Casa dell’acqua”, giusto per dare l’esempio.

Dove sono i cosiddetti “ambientalisti” da tastiera? E dove sono coloro che in piazza Roma avevano parlato di “plastic free”? Forse era solo un pretesto per auto propaganda a favore di telecamere per poi andare a fare la spesa, riempendo la macchina di confezioni d’acqua in bottiglie e cellophan di plastica. Sta di fatto che su 8mila famiglie biancavillesi, soltanto alcune decine hanno usato la “Casa dell’acqua”. A loro va un plauso, a tutto il resto un velo pietoso.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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