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“Covid Hospital”, rischi e proposte per una Biancavilla resa già fragile dall’amianto

Di fronte all’esposizione dei medici a contatto con i pazienti contagiati, si pensi ad alloggi a loro destinati

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Dopo la recente pubblicazione sul mio profilo Facebook di una riflessione circa la parziale conversione del nostro nosocomio in “Covid Hospital” in tanti mi hanno scritto in privato condividendo le preoccupazioni espresse e chiedendo cosa si potesse in concreto fare quantomeno per contenere gli ulteriori rischi che potrebbero derivarne.

Non sono un tecnico e non conosco il merito “sanitario” della vicenda, anche se apprendo dagli organi di stampa locale che un’autorevole e competente “preoccupazione” è già stata espressa e rappresentata nelle opportune sedi dai sanitari del nostro ospedale, che sono naturalmente i soggetti più esposti e cui va in ogni caso accordata la massima tutela.

Da semplice cittadino, pertanto, non posso far altro che provare a dare qualche idea alle istituzioni deputate alla gestione dell’emergenza per cercare di neutralizzare il potenziale aumento del rischio contagio, derivante dalla suddetta conversione, nelle comunità del comprensorio e in quella di Biancavilla in particolare, già segnata dalla maggiore vulnerabilità generata dall’impatto della fluoroedenite sulla salute pubblica locale.

Ad esempio, posto che l’esperienza di queste settimane ci insegna ahinoi che sono tutt’altro che rari i contagi tra il personale operante in ospedale, si potrebbe procedere – analogamente a quanto fatto a Catania, dove l’Ersu ha messo a disposizione dei sanitari in servizio nelle strutture ospedaliere universitarie la residenza Toscano-Scuderi – ad individuare delle strutture nelle quali il suddetto personale possa alloggiare per tutta la durata dell’emergenza, riducendo così al minimo l’eventuale rischio di contagio dei congiunti.

È evidente, poi, che per ridurre al minimo il medesimo eventuale rischio di contagio (anche) fuori dal contesto famigliare si dovrebbe predisporre in loro favore un servizio di recapito a domicilio di spesa, farmaci e generi di prima necessità in generale.

Così facendo, quindi, in altre parole, si limiterebbe il rischio, purtroppo non assolutamente improbabile, che gli operatori sanitari diventino veicolo della malattia e si mitigherebbe il connesso rischio di innescare un contagio a catena che nel comprensorio e specialmente in una città come la nostra, già provata dalla maggiore incidenza di malattie serie legata alla presenza della fluoroedenite, rischierebbe di aggravare oltre misura il quadro epidemiologico locale.  

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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Premio Scanderbeg (e alla memoria), buona idea riconoscere i meriti però…

Note a margine dell’evento promosso dalla Presidenza del Consiglio Comunale a Villa delle Favare

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Ho letto con piacere dell’esistenza del premio Scanderbeg, istituito dal Comune di Biancavilla e, nello specifico, dalla Presidenza del Consiglio Comunale. L’idea che le nostre istituzioni vogliano dare merito e riconoscimento a personalità che si siano distinte in ambiti professionali o di impegno civico, culturale, sociale o volontaristico mi sembra valida e da sostenere.

Ci sono, tuttavia, due osservazioni che spontaneamente nascono dalla lettura delle cronache dell’evento di premiazione, avvenuto a Villa delle Favare.

Scegliere di stilare un ampio ventaglio di premiati rischia, nel giro di qualche anno, di esaurire il numero di meritevoli a cui conferire il riconoscimento. O quantomeno si rischia di individuare personalità via via “minori” rispetto a quelli già chiamati sul palco. In altre parole: meglio scegliere, per ogni edizione, pochi ma farlo con criterio, evitando motivazioni troppo generiche.

Altro aspetto che è saltato alla mia attenzione è la categoria del “premio alla memoria”. Non è inusuale che certi riconoscimenti vengano dati post mortem. Di solito accade per scomparse premature o improvvise.

Nel caso della manifestazione del Comune di Biancavilla sembra, invece, che si tratti di una categoria fissa, da riproporre ogni anno. L’idea, in questo caso, non fa altro che certificare la disattenzione che in passato l’istituzione comunale ha avuto nei confronti dei biancavillesi meritevoli.

I premi si danno in vita, non dopo la morte! Sembra si voglia colmare l’indifferenza che sindaci e consiglieri hanno mostrato nel passato. Cosa vera, ma ormai è troppo tardi. Vogliamo dare un premio, dunque, alla memoria per Antonio Bruno e farci perdonare le malignità riservate prima e dopo la sua morte o l’oblio che ne è seguito per decenni? Guardiamo avanti.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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