Connettiti con

Storie

La disabilità come risorsa: il libro e la testimonianza di Carmelo Mazzaglia

Pubblicato

il

«Disabilità “risorsa” dell’uguaglianza». È il titolo del libro scritto per le Edizioni Anterao da Carmelo Mazzaglia, giovane biancavillese ed apprezzato blogger di Biancavilla Oggi, nelle cui pagine ha pubblicato pensieri e riflessioni sull’integrazione e l’accessibilità (nel senso più ampio) di chi si trova in condizioni di disabilità. Parole, le sue, che spesso hanno denunciato come a Biancavilla, su questo fronte, siamo all’anno zero. Stessi temi che affronta questo volume, scritto con passione e sacrificio, nel tentativo di fare breccia sulla diffusa indifferenza o peggio intolleranza. Pubblichiamo con piacere qui di seguito l’introduzione al libro, che l’autore ha presentato alcune settimane addietro a Catania ed ora pure a Biancavilla.

Mi chiamo Carmelo Mazzaglia e ho ventitré anni. All’età di cinque anni mi fu diagnosticata la “Distrofia Muscolare di tipo Duchenne” e all’età di sette anni cominciò a manifestarsi.

Per fortuna fui ben preparato dai medici, quando mi dissero che non avrei più potuto camminare. Fu anche grazie a questa occasione che uno di loro mi domandò:

«Tu che figlio vorresti essere?»

«Normale. Come tutti gli altri. Senza creare problemi alla mia famiglia e senza che loro debbano vergognarsi di me.»

«Allora se vuoi essere normale, vieni con me che devi vedere una cosa» disse, portandomi con sé.

Mi fece vedere il pupazzo della lego. «Lo vedi? Questo è Jerry! Se adesso gli togliamo le gambe, dimmi, secondo te, dato che non può salire sul trattore è finita la sua vita?»

«È vivo ma senza gambe non può fare niente.»

Lui prese altri due pupazzi Jim e Job.

«E adesso dimmi, secondo te è finita la sua vita o può chiedere aiuto a Jim e Job?»

«Può chiamarli.»

«Ma loro sanno cosa fare o deve diglielo Jerry?»

«La seconda.»

«E cosa deve chiedere?»

«Di aiutarlo a raggiungere il trattore.»

«Adesso che ha raggiunto il trattore, a terra ci sono cinque pupazzi che hanno bisogno di un trattore che tiri questa corda, ma Jim e Job non sanno come si guida il trattore mentre Jerry che non ha le gambe sì, secondo te che cosa fa Jerry?»

«Dice a Jim e Job come fare. E tutti e tre insieme riusciranno a salvare i cinque»

«Vedi Carmelo, tu quando non potrai più utilizzare le gambe, dovrai fare come Jerry, COLLABORARE insieme agli altri, e guidare lì dove hai capacità.»

All’età di otto anni, fui messo per la prima volta sulla sedia a rotelle, dove io non volevo starci perché avevo paura e mi vergognavo.

Un giorno, una delle mie maestre della scuola elementare, si mise a sedere sulla sedia a rotelle per mostrarmi che non c’era nulla di cui aver paura.

«Carmelo» mi disse «mi sono seduta qui, vedi qualche cambiamento in me? Non bisogna vergognarsi. Se ci stai sopra potrai muoverti anche tu, ma se non sali non puoi rivivere la libertà.»

Quell’esempio e quelle parole suscitarono in me una voglia incredibile di sperimentare quella “bici a quattro ruote”, così la incominciai a chiamare. Quell’aggeggio di cui avevo paura e di cui temevo vergogna, si rivelò una fonte di ricchezza e di libertà, in sostanza una seconda nascita. Fu uno strumento che mi permise di potermi muovere e di fare conoscenze, di andare a scuola, in parrocchia; soprattutto mi permise di non essere un peso per nessuno.

All’età di tredici anni mi fu data la sedia elettronica e l’autonomia diventò di gran lunga maggiore. Finalmente ero in grado di andare ovunque da solo e ovviamente anche le mie “follie”. Spingendo la sedia ai limiti estremi della velocità, come se fosse stata un’auto di formula uno, andavo per strada addirittura controsenso, per amore di una ragazza, ma senza successo.

L’anno successivo iniziai a frequentare la scuola superiore all’istituto psico-pedagogico di Biancavilla, dove mi sono diplomato.

I primi due anni li frequentai tranquillamente e senza molti problemi, ma dal terzo anno in poi tutto è stato in salita.

In salita perché sono iniziati i viaggi a Genova a causa degli affanni respiratori, qui mi fu dato il ventilatore polmonare; il che mi costò fare molte assenze.

Durante i giorni trascorsi in ospedale, iniziai a comprendere che la disabilità era in grado di darmi un qualcosa di cui non ero ancora in grado di immaginare, anche grazie a dei ragazzi davvero Speciali con cui correvamo con le nostre sedie elettroniche e che mi hanno donato “Il segreto della felicità”.

Il quarto anno di liceo non cominciò nel migliore dei modi ed ero in procinto di ritirarmi a causa di problemi cardiaci.

Un giorno venne a trovarmi a casa il mio insegnante di sostegno, Carmelo Papotto, e l’assistente Salvo Bascetta per chiedere mie notizie e per incitarmi a tornare a scuola, anche una per una sola ora al giorno.

Accettai.

Tornando in classe ebbi modo di conoscere la professoressa Piera D’Agata, che invitandomi alle sue bellissime lezioni di Filosofia mi ha invogliato ad andare a scuola.

Fu a lei che feci leggere la bozza del mio primo libro, proponendomi il suo prezioso aiuto, ogni giovedì, mentre con il professore Papotto facevamo le interrogazioni di recupero. L’anno dopo è stato un anno fantastico e con l’aiuto dei professori che mi hanno insegnato bene; degli assistenti che mi hanno tenuto d’occhio; di mia madre che ha vigilato su di me, di mio fratello che mi ha semplificato l’Ave Maria di Schubert permettendomi di suonarla all’esame; di mio padre che mi ha costruito una sedia speciale per sostenere gli esami; e della fantastica professoressa Russo che ha creduto che io potessi farcela, è arrivato il meritato diploma, frutto di collaborazione. E oggi sono qui a testimoniare e a gridare forte che la disabilità è veramente una grande risorsa. Ciò che vorrei dire a tutti, anche attraverso questo libro, è di non aver paura e di non provare vergogna della disabilità, ma di valorizzarla “insieme” e soprattutto con collaborazione reciproca.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Pubblicità
Fai clic per commentare

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Storie

Simona Crispi, ricercatrice di Biancavilla diventa “doctor europaeus”

Brillante percorso di studi e una carriera nell’ambito dell’ingegneria e della chimica dei materiali

Pubblicato

il

Il suo ambito è quello della ricerca e lo sviluppo dei nanomateriali, che trovano applicazioni in svariati settori. Un’attività, la sua, che in questo momento svolge presso il CNR – Istituto di tecnologie avanzate per l’energia “Nicola Giordano” di Messina, col quale ha vinto un assegno di ricerca.

Simona Crispi, biancavillese, nonostante il suo percorso accademico la proietti verso orizzonti internazionali, ha deciso di restare in Italia, anzi in Sicilia. E adesso ha conseguito il dottorato di ricerca in “Ingegneria e Chimica dei materiali e delle costruzioni” all’Università di Messina. Un traguardo arricchito anche dall’attestazione di “Doctor europaeus”. Titolo aggiuntivo che risponde alle condizioni stabilite dalla Confederazione delle Conferenze dei Rettori dei paesi dell’Unione Europea (recepite dalla European University Association) e che Simona ha conquistato grazie alla tipologia e al rilievo dei suoi studi, condotti per un periodo presso la “Humboldt – Universitat” di Berlino.

Alle spalle c’è un un lungo percorso. Simona Crispi ha conseguito la laurea triennale in Tossicologia e quella magistrale in Chimica dei materiali all’Università di Catania. Diversi gli stage riportati in curriculum, dall’Arpa Sicilia alla St Microelectronics, multinazionale con cui ha collaborato per il deposito di un brevetto per creare un materiale da utilizzare in dispositivi miniaturizzati per il rilevamento di gas. Abilitata alla professione di chimico, Crispi ha pubblicato diversi articoli in riviste scientifiche come Sensors and Actuators o ACS Applied Nanomaterials.

Un’intensa attività che non le ha impedito, comunque, di tralasciare affetti e sentimenti. Così, Simona ha coronato ri recente anche il sogno del matrimonio, dimostrando che carriera e famiglia si possano conciliare. «Come è possibile? Con l’amore», risponde la ricercatrice biancavillese. «La passione e l’amore per quello che faccio – garantisce Crispi – mi conferiscono le energie necessarie per alzarmi tutte le mattine alle 4 e andare a prendere un pullman che mi porta ad un altro pullman per arrivare al lavoro. Ed è lo stesso amore che mi riconduce tutte le sere a casa da mio marito».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Continua a leggere

I più letti