Cronaca
«L’unica famiglia rovinata è quella della vittima, mi sbatterei la testa al muro»
A Rai Radio 1 parla Nino Salamone, papà di Valentina, uccisa a 19 anni dopo una simulazione di suicidio
«Dico di farsi coraggio alle famiglie delle vittime: è il dolore atroce, solo io posso capire cosa stanno provando loro». La voce è quella di Nino Salamone, papà di Valentina, la 19enne di Biancavilla uccisa in una villetta di Adrano dopo che era stato inscenato il suo suicidio per impiccagione.
Nono Salamone è intervenuto ad “Inviato speciale”, settimanale di Rai Radio 1, nella puntata dedicata alla lunga scia di femminicidi, soprattutto dopo quelli di Sara Campamella e Ilaria Sula.
«Ogni volta che succede una cosa del genere – ha detto Nino Salamone – mi disturba che si dica ci siano due famiglie rovinate. Ma questo non si deve dire. La famiglia rovinata è quella della vittima. Quando vado al cimitero, io vedo la foto di mia figlia Valentina su quella lapide ghiacciata e mi viene di sbattermi la testa al muro perché non ce l’ho più. Non ce l’ho più mia figlia».
Per l’uccisione di Valentina, è stato condannato all’ergastolo Nicola Mancuso. Tutto questo è stato possibile per la tenacia della famiglia della vittima, che ha fatto riaprire le indagini, in un primo momento riferite a suicidio. Se il colpevole sconta il carcere a vita, le indagini sono aperte per scoprire l’identità di un soggetto ancora ignoto che avrebbe aiutato l’omicida.

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Cronaca
Stranieri sfruttati sul lavoro: nei guai biancavillese a capo di una cooperativa
L’uomo, presidente del Consiglio di amministrazione, denunciato assieme ad altre due persone

Un 32enne di Biancavilla, con precedenti penali, è fra i tre denunciati dal Nucleo Ispettorato del Lavoro di Catania nell’ambito di controlli contro lavoro irregolare e caporalato. L’uomo, presidente del consiglio di amministrazione di una cooperativa agricola, è ritenuto responsabile di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.
I controlli hanno portato alla luce un sistema illecito di reclutamento e impiego della manodopera. Le vittime sono due lavoratori stranieri in condizioni di forte vulnerabilità.
Oltre al biancavillese, sono sotto indagine un 38enne marocchino residente ad Adrano, incensurato, che agiva come caporale e intermediario per conto della stessa cooperativa, e un altro 38enne di Scordia, con precedenti, che di fatto collaborava con l’azienda.
Secondo quanto emerso dagli accertamenti, i lavoratori extracomunitari venivano impiegati in condizioni lavorative ritenute altamente degradanti. Evidenziati retribuzioni ben al di sotto di quanto previsto dal contratto collettivo nazionale, turni di lavoro eccessivi e ambienti privi delle minime misure di sicurezza.
L’indagato di origini marocchine è inoltre accusato di estorsione. Avrebbe minacciato uno dei due lavoratori di licenziamento se non gli avesse restituito parte della già esigua paga percepita.
A conclusione delle attività, i due lavoratori sono stati affidati a una struttura protetta, gestita da un’organizzazione internazionale per le migrazioni. Adesso potranno ricevere assistenza e protezione.
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Cronaca
Evade dai domiciliari per le sigarette alla moglie: «È un inferno se non fuma»
Singolare “giustificazione” di un 52enne residente a Biancavilla in giro con la bicicletta a Catania

I carabinieri della stazione di Catania Playa hanno arrestato un pregiudicato 52enne, residente a Biancavilla ma domiciliato a Catania, nella zona di Ippocampo di Mare. L’uomo doveva trovarsi ai domiciliari per reati contro il patrimonio. Però, i militari lo hanno sorpreso mentre, in bici, percorreva via San Francesco La Rena. Ha tentato di passare inosservato con il volto coperto da cappuccio e sciarpa, ma è stato fermato e identificato.
Di fronte alla constatazione della violazione, il 52enne ha cercato di giustificare la sua presenza fuori casa con una spiegazione singolare. Ha sostenuto di essere uscito per acquistare le sigarette alla moglie, una “accanita fumatrice” che, in mancanza di nicotina, si sarebbe irritata al punto da trasformare la giornata in un “inferno domestico”.
Una giustificazione che non ha però evitato l’arresto, eseguito sulla base degli elementi raccolti e ora al vaglio dell’Autorità Giudiziaria, che ha convalidato il provvedimento e disposto il ripristino della misura degli arresti domiciliari.
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