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Cronaca

Per la “fiera della vergogna” giustizia lumaca: in tre condannati a 10 anni

Alle due vittime riconosciuti risarcimenti per 11mila euro, reati prescritti per gli altri 14 imputati

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Il verdetto di primo grado è arrivato a distanza di oltre otto anni dai fatti, quando ormai gran parte dei reati è andata in prescrizione. Per l’ignobile vicenda delle violenze in occasione della fiera abusiva del bestiame, allestita a Biancavilla all’inizio di ottobre 2016, il Tribunale di Catania si è pronunciato. La sentenza indica tre condanne per rapina a quasi 10 anni di carcere. Per gli altri imputati è scattata la prescrizione per i reati di lesioni personali, resistenza a pubblico ufficiale, maltrattamenti di animali, minaccia e rifiuto in atti d’ufficio.

Le vittime: la volontaria della Lega Anti Vivisezione, Angelica Petrina, sul posto per denunciare quel concentramento illegale, e l’avv. Pilar Castiglia, intervenuta in sua difesa. Entrambe accerchiate dal branco e colpite con calci, pugni e schiaffi (prognosi di 30 giorni). Insultate, offese e pure rapinate di borsa, cellulare e oggetti personali.

Ecco, adesso, la sentenza della quarta sezione penale collegiale del Tribunale di Catania (presidente Salvatore Palmeri).

Per i reati di rapina, inflitti 3 anni di reclusione a Salvatore Ventura, 3 anni a Nicola Lo Cicero e 3 anni e 6 mesi a Nicola Minissale. I tre condannati anche a 1600 euro di multa e al risarcimento dei danni, quantificati in 7500 euro all’avv. Castiglia e in 3500 euro alla Petrina, oltre a 4700 euro per le spese legali sostenute dalle parti civili.

Prescritti i reati di lesioni personali contestati a Nicola Minissale, Salvatore Ventura Pietro Tomasello e Natale Ponticello. Questi ultimi due assolti per la rapina, così come Ventura (solo in relazione alla rapina alla Petrina) con la formula del secondo comma dell’art. 530: la cosiddetta “insufficienza di prova”.

Poi, prescrizione per Luigi Mille, Angelo Tomaselli e Alfio Sarvà (accusati di resistenza a pubblico ufficiale) e Antonino Cosentino (imputato per maltrattamenti di animali). Stessa sorte per i due imputati “eccellenti”, accusati di minaccia aggravata: il comandante della polizia municipale di Biancavilla, Vincenzo Lanaia, e l’allora ispettore Alfio Greco (oggi dipendete di altro ente). I fatti a loro carico li abbiamo raccontati in maniera approfondita in questo articolo.

Pure per gli altri sei vigili urbani finiti sul banco degli imputati (Placido Currò, Annamaria Pulia, Carmelo Tempera, Santo Zuccarello, Luca Emanuele Messina e Grazia Randazzo) è scattata la prescrizione. Erano accusati di rifiuto in atti d’ufficio, la Procura per loro aveva chiesto l’assoluzione.

Un pronunciamento, quello del Tribunale di Catania, per il quale si attendono le motivazioni a metà maggio. Un verdetto che arriva con notevole ritardo. Frutto di lungaggini nelle indagini, pasticci giudiziari e disattenzioni, filoni d’inchiesta stralciati e poi riuniti. Negli atti della Procura, fondamentali sono stati i video di Biancavilla Oggi, pubblicati già pochi minuti dopo gli episodi di violenza. Immagini che mostrano la bolgia di persone mentre accerchia e spintona il maresciallo dei carabinieri Guido Costigliola, intervenuto con un altro militare, in assenza dei vigili urbani. Spintonato, ostacolato e colpito alla testa, fino a procurargli una ferita sanguinante. Poco più in là, l’avv. Castiglia e la Petrina venivano picchiate selvaggiamente e rapinate.  

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Cronaca

Stranieri sfruttati sul lavoro: nei guai biancavillese a capo di una cooperativa

L’uomo, presidente del Consiglio di amministrazione, denunciato assieme ad altre due persone

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Un 32enne di Biancavilla, con precedenti penali, è fra i tre denunciati dal Nucleo Ispettorato del Lavoro di Catania nell’ambito di controlli contro lavoro irregolare e caporalato. L’uomo, presidente del consiglio di amministrazione di una cooperativa agricola, è ritenuto responsabile di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.

I controlli hanno portato alla luce un sistema illecito di reclutamento e impiego della manodopera. Le vittime sono due lavoratori stranieri in condizioni di forte vulnerabilità.

Oltre al biancavillese, sono sotto indagine un 38enne marocchino residente ad Adrano, incensurato, che agiva come caporale e intermediario per conto della stessa cooperativa, e un altro 38enne di Scordia, con precedenti, che di fatto collaborava con l’azienda.

Secondo quanto emerso dagli accertamenti, i lavoratori extracomunitari venivano impiegati in condizioni lavorative ritenute altamente degradanti. Evidenziati retribuzioni ben al di sotto di quanto previsto dal contratto collettivo nazionale, turni di lavoro eccessivi e ambienti privi delle minime misure di sicurezza.

L’indagato di origini marocchine è inoltre accusato di estorsione. Avrebbe minacciato uno dei due lavoratori di licenziamento se non gli avesse restituito parte della già esigua paga percepita.

A conclusione delle attività, i due lavoratori sono stati affidati a una struttura protetta, gestita da un’organizzazione internazionale per le migrazioni. Adesso potranno ricevere assistenza e protezione.

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Cronaca

Evade dai domiciliari per le sigarette alla moglie: «È un inferno se non fuma»

Singolare “giustificazione” di un 52enne residente a Biancavilla in giro con la bicicletta a Catania

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I carabinieri della stazione di Catania Playa hanno arrestato un pregiudicato 52enne, residente a Biancavilla ma domiciliato a Catania, nella zona di Ippocampo di Mare. L’uomo doveva trovarsi ai domiciliari per reati contro il patrimonio. Però, i militari lo hanno sorpreso mentre, in bici, percorreva via San Francesco La Rena. Ha tentato di passare inosservato con il volto coperto da cappuccio e sciarpa, ma è stato fermato e identificato.

Di fronte alla constatazione della violazione, il 52enne ha cercato di giustificare la sua presenza fuori casa con una spiegazione singolare. Ha sostenuto di essere uscito per acquistare le sigarette alla moglie, una “accanita fumatrice” che, in mancanza di nicotina, si sarebbe irritata al punto da trasformare la giornata in un “inferno domestico”.

Una giustificazione che non ha però evitato l’arresto, eseguito sulla base degli elementi raccolti e ora al vaglio dell’Autorità Giudiziaria, che ha convalidato il provvedimento e disposto il ripristino della misura degli arresti domiciliari.

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