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Oltre 18mila elettori biancavillesi Affluenza a mezzogiorno: 3,98%

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Una sezione elettorale dell’Istituto comprensivo “Antonio Bruno”

di Vittorio Fiorenza

Alle ore 12, l’affluenza fatta registrare dai biancavillesi per rispondere al quesito referendario sulle trivelle e lo sfruttamento degli idrocarburi è stata del 3,98%.

Nelle prime cinque ore di voto, come evidenziano i dati rilevati dall’Ufficio Elettorale del Comune, sono stati 738 i biancavillesi che si sono recati nelle sezioni elettorali: 397 uomini e 341 donne.

Per questa consultazione referendaria sono 18.529 i biancavillesi chiamati alle urne: gli aventi diritto al voto sono 9697 donne e 8832 uomini. Numeri al di sotto dell’andamento regionale (l’affluenza in Sicilia è del 6,34%) e del dato nazionale (è andato a votare l’8,34%).

►DETTAGLI PER SEZIONE

Resta l’incognita del quorum per la validità della consultazione. Le forze politiche a Biancavilla, sia quelle che fanno riferimento al sindaco Giuseppe Glorioso che quelle di Centrodestra, così come il Movimento Cinque Stelle, sono state praticamente latitanti.

Qualche manifesto a favore del “Sì”. Ma nulla di più. Da segnalare anche un volantinaggio e una postazione gazebo in piazza Roma, promosso dal comitato del “Sì” con la presenza del segretario regionale di Rifondazione Comunista, Mimmo Cosentino. Per il resto, totale silenzio: sintomo (uno dei tanti) di una vita democratica cittadina inesistente.

L’orario per esprimere la propria preferenza va dalle ore 7 alle ore 23 della sola giornata di domenica.

Con delibera di Giunta del 2014 le sezioni elettorali sono state rimodulate, portandole da 33 a 20. Per gli elettori, resta comunque invariato l’edificio scolastico in cui andare a votare. Personale del Comune sarà presente per indicare la nuova sezione oppure si possono consultare i cambiamenti apportati sul sito web del Comune.

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Biancavilla 2023, quei ragazzi di destra che hanno ribaltato la storia politica

Tre generazioni, uno scatto fotografico: dal Fronte della gioventù ad Azione Giovani fino ad Atreju

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C’è uno scatto fotografico – in questa competizione elettorale di Biancavilla finita con il trionfo di Antonio Bonanno – che più di ogni altro racconta la svolta epocale dell’80%. È quello che vede, sul palco di piazza Roma, durante l’ultimo comizio, Vincenzo Giardina e Vincenzo Randazzo con al centro Bonanno. È uno scatto, fatto casualmente tra decine di tanti altri. Ma ha la capacità di riassumere una storia che parte da lontano. Lì ci sono tre generazioni di militanti della destra biancavillese, formatasi e cresciuta in quel luogo politico che era la “sezione”.

Tre generazioni che hanno mosso i primi passi nelle organizzazioni giovanili, dal Fronte della gioventù ad Azione Giovani, dalla Giovane Italia ad Atreju (stessa realtà in cui si è formata Giorgia Meloni). Un’evoluzione che dal Movimento Sociale Italiano, passando per Alleanza Nazionale e il Popolo delle libertà, arriva a Fratelli d’Italia. Dalla “fiamma” di Giorgio Almirante alla fiaccolata per Paolo Borsellino. Da forza emarginata a guida del governo, dell’Italia e di Biancavilla.

Il tabù storico era stato frantumato già nel 2003 da Mario Cantarella: primo sindaco di destra nella Biancavilla repubblicana (con Andrea Ingiulla tra gli assessori!). Ma è Antonio Bonanno a portare il partito su vette inesplorate: primo sindaco di destra a conquistare il doppio mandato e (in assoluto) ad avere raggiunto l’80% di consensi con una coalizione che per la prima volta vede i centristi trainati perché usciti malconci dalle urne.

In questa percentuale è inclusa una sostanziosa dose di demeriti, inadeguatezze, incapacità, assenze degli avversari. Così, di converso, è la sinistra biancavillese che sprofonda nel più basso dei risultati di consenso e di rappresentanza dall’epoca risorgimentale ad oggi. Un cataclisma da far tremare il cuore della storia. Sarebbe una banalità cosmica attribuire la responsabilità ad Ingiulla o alle “otto liste contro una”: ne parleremo in un articolo a parte.

Torniamo, quindi, alla foto con Randazzo e Giardina assieme al sindaco. Abbiamo conosciuto il primo nell’era dell’amministrazione Manna (dal 1994 al 2003). Lui era il maggiore oppositore: sapeva leggere le carte, le studiava, attaccava in Consiglio con argomentazioni accurate e citazioni auliche. Esponente di An, ma la scuola era quella del Msi. Lo ascoltavano tutti con attenzione dai banchi dell’allora maggioranza. Rappresentava la destra, praticamente in solitaria. Mai avrebbe potuto pensare allora – stagione in cui Manna era dipinto sui manifesti come “l’imperatore di Biancavilla” per il suo strapotere – che venticinque anni dopo sarebbe diventato assessore con una destra che ha ribaltato e riscritto la storia politica di questa città, ormai ampiamente “ex” roccaforte rossa.

A Giardina, invece, lo ricordiamo, sempre nell’era Manna e degli inossidabili diessini (i Democratici di sinistra), militante sbarbatello di Azione Giovani. Era stato portato nella sezione di via Vittorio Emanuele (tappezzata con manifesti ruggenti e le foto di Almirante a Biancavilla) da Placido Sangiorgio, quando presidente dell’organizzazione era Enrico Indelicato. Tra gli altri militanti, Sergio Atanasio, Gianmarco Rapisarda, Nino Lavenia, Rino Mauceri, Francesco Cantarella (per citarne alcuni). Un gruppo affiatato che si divertiva a fare opposizione con il classico volantino e pure con un giornalino, “Zoom, Obiettivo Biancavilla”, distribuito in 400 copie.

Non c’era ancora Antonio Bonanno. Troppo piccolo: frequentava le elementari. Ma dell’organizzazione giovanile della destra, l’attuale sindaco vanterà poi una scalata che, da Biancavilla, lo porterà a capo del coordinamento provinciale di Catania, proprio su nomina di Giorgia Meloni. Attorno a lui, un gruppo rimasto sempre legato, nelle vittorie e nelle sconfitte: Dino Caporlingua, Salvo Pulvirenti e Mauro Mursia, Angelo D’Urso e Alberto Papotto, Antonio Fiorello e Salvo Bonaccorsi… Gli stessi di sempre: un’autentica comunità politica.

Una comunità consapevole delle proprie radici, ma non assimilabile a cliché ideologici ed inutili nostalgismi: mai uno scivolone, tale da animare lo spettro del pericolo “fascista” a Biancavilla. Piuttosto, quella rappresentazione generazionale in foto ha dimostrato senso delle istituzioni e piena maturazione.

Non è casuale, forse, se alla fine del comizio, scesi dal palco, quei tre “ragazzi di destra”, diventati classe dirigente e di governo, siano stati riconosciuti dal loro mentore comune come gli eredi di una storia che parte da lontano. «Adesso posso ritirarmi, sicuro di lasciare il testimone in buone mani», ha detto in sostanza Mario Cantarella. Parole che racchiudono l’essenza di una comunità politica.

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